Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichett (Forza Italia), il giorno del giuramento al Quirinale - .
Gilberto Pichetto Fratin è uno dei ministri che si trova a raccogliere una delle eredità più impegnative nel governo Meloni. Chiamato come titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, particolarmante scottante in questo 2022 infiammato dalla guerra ucraina, l’esponente di Forza Italia promette «compensazioni, ma non con logica da baratto» ai cittadini “toccati” da opere energetiche da realizzare sui loro territori e fissa un obiettivo primario per la sua azione al dicastero: « Meno burocrazia e più semplificazione. I cittadini e le imprese non possono aspettare mesi o anni per avere un parere o un’autorizzazione. Questo è il cambiamento che vogliamo come governo portare al ministero che ho il privilegio di guidare».
Il suo predecessore Cingolani aveva definito «scriteriato» il recente mix energetico italiano, sbilanciato sulla Russia e sul gas che per qualche anno non tornerà al prezzo di 30 euro. Quale dovrebbe essere un mix ideale grosso modo?
La guerra seguita all’invasione della Russia in Ucraina ha cambiato molte cose, soprattutto in materia di energia. Il nostro obiettivo è raggiungere una maggiore indipendenza energetica dai paesi esteri puntando sulle rinnovabili e garantendo l’impegno di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e la neutralità climatica nel 2050. Lo abbiamo confermato con il presidente Meloni in apertura della Cop27, a Sharm, e per questo stiamo accelerando.
A proposito, come procede la collaborazione con Cingolani?
Come tutte le collaborazioni, tra persone perbene, che lavorano insieme per l’interesse superiore dello Stato. Quindi bene.
L’inverno dovrebbe essere garantito con gli stoccaggi al 95% circa. La preoccupa di più l’inverno 2023?
In realtà si, è l’inverno del 2023 che in prospettiva suscita maggiori preoccupazioni. Per questo inverno stiamo mettendo in opera tutte le misure necessarie per garantire la continuità del servizio alle famiglie e alle imprese. Stiamo lavorando per mettere in sicurezza e far reggere il sistema anche nelle giornate di picco del consumo di energia e gas, previste tra gennaio e febbraio. L’obiettivo fondamentale è superare l’emergenza per salvare il sistema produttivo del Paese.
Il tempo perso sul tetto Ue al prezzo del gas è dovuto al nazionalismo energetico degli stati?
Le istituzioni europee sono riuscite a fare cose inimmaginabili fino a soli due o tre anni fa. Pensiamo a come è stata affrontata in modo solidale la battaglia contro il Covid alla quale è seguito il Pnrr. Allo stesso modo è stata trovata la quadra sulle sanzioni. È naturale che ogni Stato ha interessi diversi che prova a difendere. Sono fiducioso però sul fatto che raggiungeremo un accordo anche sul tetto al prezzo del gas. Di certo l’Italia è pronta anche a fare da sola, qualora fosse necessario.
La prima svolta l’avete fatta con il ritorno alle trivellazioni in Adriatico. Quando avremo questo gas nazionale?
Subito, questo è quello che va sottolineato. Il governo ha deciso di concedere le autorizzazioni a sfruttare giacimenti di almeno 500 milioni di metri cubi di gas ricadenti tra le 9 e le 12 miglia dalla costa, a condizione che le società interessate si impegnino a garantire la fornitura immediata di gas a prezzo calmierato alle imprese italiane con elevato consumo di gas: dalla filiera dell’acciaio a quella del vetro, dalle ceramiche alla carta. Ovviamente vanno rispettate tutte le tutele ambientali e sarà preservato l’alto Adriatico.
Il governatore veneto Zaia ha manifestato delle riserve.
Ascoltiamo e rispettiamo tutte le opinioni, ma quello che conta per noi sono i dati scientifici obiettivi. Proprio per questo, insieme al ministro Urso, abbiamo deciso di aprire un tavolo di confronto tecnico con la Regione Veneto che convocherò con la finalità di verificare tutti gli aspetti inerenti la problematica delle estrazioni.
Capitolo rinnovabili: quale obiettivo si pone per la loro quota sul fabbisogno energetico? E qual è la sua graduatoria ideale fra le varie fonti?
Non può esserci una graduatoria. Tutte le fonti rinnovabili sono essenziali, ad iniziare dal fotovoltaico e l’eolico che sono le più vantaggiose in termini di rapporto costi-benefici. In queste settimane stiamo velocizzando tutti i provvedimenti rimasti inevasi e che servono per accelerare il loro sviluppo. In aggiunta ho deciso di raddoppiare quasi il numero dei commissari chiamati a svolgere le procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti delle opere necessarie per l’attuazione del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima e del Pnrr.
Sul nodo dei rigassificatori, andrà a Piombino e a Ravenna per incontrare la popolazione? E cosa promette loro?
Va ribaltata l’idea della promessa quasi come fosse un baratto. Ho incontrato già gli amministratori delle due città e lo farò ancora. Però una cosa è certa: per garantire la sicurezza energetica al Paese in questa delicata fase storica i due rigassificatori di Piombino e Ravenna servono, subito, all’Italia. Per Piombino, c’è l’impegno mio e del governo per un uso temporaneo, non oltre i tre anni. Allo stesso tempo è giusto che lo Stato si faccia carico delle esigenze delle comunità che garantiscono un servizio così importante alla Nazione. Si tratta di realizzare opere di riqualificazione ambientale importanti, che saranno ultimate in tempi rapidi.
Lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 è impegnativo e va rivisto? E chiederà compensazioni per l’Italia?
Fermo restando che il futuro della mobilità sarà rappresentato dal superamento degli attuali motori alimentati da carburante di origine fossile, nel breve termine siamo convinti che serva una maggiore flessibilità sul percorso da seguire per raggiungere questo obiettivo. L’Italia, con le sue imprese di eccellenza, è già oggi in grado di offrire al mercato carburanti sintetici e non inquinanti. Si tratta di riconoscere che la scienza va avanti e non arroccarsi sui no ideologici. È questo quel che chiediamo all’Europa.
È in corso la Cop27, con assenze pesanti quali Russia, Cina e India. Il modello di queste conferenze e del Climate fund va rivisto?
Le occasioni di confronto internazionale sono sempre positivi. Non va mai rifiutato il dialogo e bisogna cercare di comprendere le esigenze di tutti. È vero che le assenze sono rilevanti. Ma allo stesso tempo le dichiarazioni del presidente Biden vanno accolte con grande soddisfazione e probabilmente sono l’elemento di successo della Cop27, dove l’Italia si è presentata annunciando la costituzione di un “fondo clima” di 840 milioni l’anno a favore dei Paesi in via di sviluppo. Su questo impegno l’Italia è un Paese leader.
I verdi italiani l’hanno subito attaccata. Ma riconosce loro un contributo storico?
Non potrei mai fare bene il mio lavoro senza le sollecitazioni e i contributi anche di coloro che la pensano diversamente da me. L’importante è che si tratti sempre di idee costruttive. Bisogna stare al passo con quanto la scienza ci mette a disposizione, riconoscere e accettare lo sviluppo tecnologico. Solo così potremo completare la transizione ecologica. Ma non vanno dimenticate le esigenze del sistema produttivo, fondamentale per l’equilibrio sociale del Paese.