Il sindaco Filippo Miracula accoglie una famiglia di migranti nel municipio di San Marco d’Alunzio in provincia di Messina - Anci Sicilia
Aveva un sogno Dibba Abubacar già prima che approdasse in Italia: voleva fare il sarto. Originario del Gambia, era arrivato in Sicilia su uno dei barconi della speranza con cui si attraversa il Mediterraneo sfidando la sorte, le onde e i respingimenti. Non era neppure maggiorenne nell’estate dello scorso anno quando aveva messo piede nell’isola della sua salvezza. Oggi che di anni ne ha diciotto e in pochi mesi è riuscito a conquistarsi la licenza di terza media a Palermo, ha trovato il suo eldorado sulla vetta del monte Castro, nel Comune di San Marco d’Alunzio, da cui continua a vedere il mare che gli ha regalato una nuova vita. Paesino in provincia di Messina, inserito nella classifica dei borghi più belli della Penisola, dove il meticciato è iscritto nella sua storia, fra radici greche, conquiste romane, rifugiati bizantini, assedi arabi, riconquiste normanne, non conta neppure 2mila abitanti. Ed è un modello di accoglienza. Lo testimonia Dibba che qui ha ottenuto il lavoro dei suoi desideri e anche la casa messa a disposizione dall’azienda che lo ha assunto: quella del sindaco Filippo Miracula. Migrante anche lui. «Quaranta anni fa in Svizzera», racconta. E sarto, come il giovane dell’Africa, in un Paese straniero prima di tornare nella sua terra e di fondare la “Sartoria San Lorenzo” che adesso conta 300 dipendenti e 800 nell’indotto. «La nostra è una comunità aperta - spiega Miracula - che dà un futuro anche a chi non ha il passaporto italiano, nel segno della legalità e dell’integrazione». Come molti piccoli Comuni della Sicilia che scommettono sui migranti. E chiedono che vengano a vivere in località ritenute a torto minori.
La festa per una famiglia di migranti a San Marco d’Alunzio in provincia di Messina - Anci Sicilia
È l’altro volto dell’Italia, quello che non rigetta ma anzi ambisce ad attirare quanti arrivano dall’altra parte del mare. «Un percorso proficuo sia per il migrante, sia per la realtà che spalanca le porte - sottolinea Mario Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia -. In contesti ristretti la cura della persona è più attenta e chi li sceglie per viverci dopo essere fuggito da guerre, miseria o sfruttamento rinvigorisce la comunità». Tanto da fare del “tesoro” migratorio un antidoto al declino. Perché sono soprattutto i piccoli paesi le prime vittime dell’esodo di giovani e famiglie e del crollo dei residenti. Una tendenza che diventa sempre più marcata e rischia di portarli verso il baratro del deserto demografico. «In cinque anni i Comuni della Sicilia con meno di cinquemila abitanti hanno perso il 5% della popolazione. E nell’intera isola sono 210 che corrono il pericolo di un autentico impoverimento e che rappresentano un segmento significativo della nostra regione», avverte Maurizio Zingales, referente di Anci Sicilia per i piccoli Comuni. E anche sindaco di Mirto, in provincia di Messina. Sono 846 i suoi concittadini. «E un tessuto produttivo vivacissimo», aggiunge. Con imprese che producono tubi di irrigazione, aziende enogastronomiche, comparto tessile e del marmo, stabilimenti di pellet e una start-up di commercio online che fattura tre milioni di euro l’anno. «La disoccupazione? Quasi a zero. Anzi, serve manodopera», fa sapere Zingales. Un paradosso: il lavoro c’è, ma manca chi può essere assunto. «Però non si tratta soltanto di offrire un’occupazione ai migranti - continua il primo cittadino -. Quello è il primo passo. Da noi sono ben chiare le potenzialità di un’accoglienza diffusa che va a beneficio dell’intera collettività. Senza la presenza degli stranieri, scomparirebbe tutta una serie di servizi essenziali, spesso per scelte calate dall’alto: dall’assistenza sanitaria alla scuola». Una pausa. «Certo, chi sbarca lungo le coste dell’isola non ci aiuta soltanto a garantire le nostre classi o a mantenere il medico in paese. È un capitale umano che sostiene i nostri centri e che è assurdo, come vogliono certi ministeri o politici, deportare in un altro Stato per rinchiuderlo dentro campi simili a lager».
In Sicilia, spiega Alvano, «sono quaranta i Comuni che hanno aderito al progetto Sai». Amministrazioni locali che si dichiarano disponibili ad “adottare” i migranti attraverso il Sistema di accoglienza e integrazione finanziato dallo Stato. Sono municipi di aree metropolitane o dai numeri ridotti. Come San Salvatore di Fitalia, poco più di mille abitanti, che è uno fra i punti di riferimento per la prefettura di Agrigento quando scatta l’allarme “sbarchi”, ogni volta che una nave di profughi attracca sulle banchine. «Il Sai non è unicamente un cammino che assicura un tetto, cibo o abiti ai migranti e che li inserisce nel contesto sociale italiano, ma è anche un dispensatore di energie positive per i territori», afferma Angela Errore, responsabile del Sai Palermo. E dalla rete d’accoglienza del capoluogo è passato Dibba quando è stato soccorso sul gommone con cui era partito dal Nord Africa. «Siamo la prova di come il Sai di una grande città possa dialogare con i piccoli Comuni che hanno una forte domanda di nuova cittadinanza», chiarisce Errore. E Alvano aggiunge: «Altro che casermoni o hub d’emergenza. C’è bisogno di mettere al centro le persone o le famiglie che giungono fra noi e farne cittadini a pieno titolo».
Il sindaco Filippo Miracula accoglie una famiglia di migranti nel municipio di San Marco d’Alunzio in provincia di Messina - Anci Sicilia
È la sfida dell’energico sindaco di San Marco d’Alunzio. «Un centro come il nostro è a misura d’uomo e quindi favorisce l’integrazione», afferma Miracula. Anche nel suo territorio non esiste disoccupazione. «Un lavoro regolare dà dignità e permette di riscattarsi», tiene a precisare. E se la prende con la legge Bossi-Fini: «Il governo decide i flussi. Ma per noi i migranti sono una risorsa che, invece, ci viene data con il contagocce». Poi c’è la burocrazia. «Avevo offerto la disponibilità del Comune per cinquanta sfollati ucraini nei primi mesi di invasione russa ma nessuno ha preso in considerazione la proposta». A San Marco persino la denatalità è stata fermata. «Quando lo scorso anno è nato il primo figlio di una coppia immigrata - riferisce Miracula - un artista locale ha messo in vendita una sua opera e ha donato il ricavato alla famiglia». Poi racconta l’ultima sua idea. «Vorrei che giungessero altri nuclei familiari di migranti con i loro figli. Grazie a sette o otto ulteriori bambini potremmo fare due classi nella scuola primaria». Stranieri e italiani insieme in aula. «No, no, davanti all’insegnante sono tutti italiani», taglia corto il sindaco.