Una pluriclasse, modalità molto diffusa nelle piccole scuole
Rappresentano la memoria ma anche il futuro dei territori e delle aree interne e isolane, ma sono continuamente minacciate di chiusura. Nonostante i proclami e i soldi investiti, le piccole scuole devono ancora combattere per la sopravvivenza. L’ultimo caso è scoppiato sulle colline dell’Appennino marchigiano, a Borgo Pace e Mercatello sul Metauro, borghi rurali della provincia di Pesaro e Urbino, con le sindache alleate per scongiurare la chiusura del plesso. «Quando si chiude la scuola, si spegne parte della vita del paese perché la scuola è un elemento aggregante di tutta la comunità», scrive Giovanni Biondi, ex-presidente dell’Indire, nell’introduzione al quaderno che l’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa ha dedicato a questa importante porzione del nostro sistema scolastico, significativamente intitolato Comunità di memoria, comunità di futuro. Dopo la pandemia e la diffusione massiccia della tecnologia nella didattica, ricorda Biondi, «la sfida è quella di creare grandi opportunità di apprendimento nelle piccole scuole». Per farlo, però, osserva l’esperto di innovazione didattica, «dobbiamo avere più coraggio, guardare avanti, leggere i grandi cambiamenti che stiamo attraversando cercando di anticiparli, di uscire dall’inerzialità e dalla resilienza che caratterizza spesso la nostra scuola e l’attività degli insegnanti. In questo senso – conclude Biondi – le “scuole piccole” potranno giocare un ruolo di avanguardia avendo condizioni favorevoli per dimensioni, flessibilità, sostegno diretto della comunità locale che potrebbero permettere loro di anticipare il futuro».
Sempre che un futuro lo abbiano. Cosa niente affatto scontata, se la sindaca di Borgo Pace, Romina Pierantoni, è costretta a scrivere al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per scongiurare la chiusura dell’unica scuola di questo paese di nemmeno 500 abitanti. «Salvi la nostra scuola e anche la dignità dei piccoli Comuni, i cui abitanti vengono considerati cittadini di serie B», scrive la prima cittadina di Borgo Pace, che ha due pluriclassi per un totale di 21 scolari. Secondo l’Ufficio scolastico regionale, però, i tre bambini iscritti alla prima elementare dovranno traslocare nella scuola di Mercatello sul Metauro, dove gli iscritti sono 14, quando, secondo l’Usr, il numero minimo per formare una classe è di 15. Solo che, osserva la sindaca, questi bambini dovranno sobbarcarsi tutti i giorni un viaggio di 22 chilometri per frequentare le lezioni, quando avrebbero la scuola sotto casa. «Presidente – prosegue la lettera della sindaca Pierantoni – accolga il mio grido di disperazione: non ce la faccio più a combattere. Si stanno minando le basi del vivere nei piccoli borghi: arrivare in pochi anni alla chiusura della scuola vuol dire privare un Comune della sua identità, delle sue radici e dello slancio verso il futuro. Come posso pensare di far sopravvivere il mio piccolo Comune se portano via la scuola? È arrivato il momento – conclude la sindaca – che le decisioni vengano prese da chi conosce davvero i territori e non da chi, dietro una scrivania, guarda solo i freddi numeri».
A sostegno della propria battaglia, la sindaca di Borgo Pace ha trovato la collega di Mercatello sul Metauro, Fernanda Sacchi, intenzionata a non accogliere i tre bambini borgopacesi nella propria scuola. «Perché quello che succede a Borgo Pace a breve succederà a Mercatello e poi in qualche altro piccolo comune e non è giusto», scrive in un’accorata lettera aperta.
A fianco delle battagliere prime cittadine, scende in campo anche l’Uncem, Unione nazionale Comuni comunità enti montani, con il suo presidente nazionale Marco Bussone: «Ho scritto al ministro Bianchi per evidenziare la necessità di potenziare le scuole di montagna. Ne abbiamo parlato in diverse occasioni e il ministro è sempre stato sensibile al tema. Sono gli Uffici scolastici regionali che troppo spesso escludono ogni mediazione e ragionamento con i sindaci. Lasciandoli con il cerino in mano e riducendo i servizi», sottolinea Bussone. Che fa anche l’esempio di Novalesa, in provincia di Torino. «I bambini iscritti sono solo cinque – scrive Bussone – e dunque viene decisa la chiusura della scuola elementare, nonostante i dati delle nascite siano in crescita. Sarebbero servite 8 iscrizioni per far sopravvivere il plesso. Sindaco e dirigente scolastico hanno fatto di tutto per salvare la scuola. Piera Conca, sindaca di Novalesa, ha tutta la nostra vicinanza. La scuola va salvata. E il ministro Bianchi deve intervenire su un Ufficio scolastico sordo».