martedì 30 luglio 2024
I motivi che hanno portato all’uccisione del plantigrado rientrano in un quadro normativo complesso, con due cornici però ben definite. Ma ci sono molte polemiche
L'orsa Kj4

L'orsa Kj4 - Ansa

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L'abbattimento dell'orsa Kj1, avvenuta questa mattina dopo la cattura nei boschi sopra Arco, nell’Alto Garda trentino, ha già sollevato reazioni di protesta, ma era stata prevista lunedì nel decreto del presidente della Provincia Maurizio Fugatti. Una misura finora contestata dal Tar di Trento (che aveva annullato e sospeso due precedenti ordinanze), ma condivisa dal parere fornito venerdì scorso dall'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale), al quale i responsabili provinciali si appellano per motivare il “prelievo” della femmina che lo scorso 16 luglio ha aggredito un escursionista in località Naroncolo nel vicino Comune di Dro.

Dopo la legge provinciale varata il 4 marzo scorso (che consente fino ad un massimo di otto abbattimenti l’anno), i motivi che hanno portato all’uccisione KJ1 rientrano in un quadro normativo complesso, con due cornici però ben definite: il Pacobace (il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno delle Alpi centro-orientali) e la normativa europea Habitat.

Un passaggio d’obbligo – richiesto e poi ottenuto dal primo pronunciamento del Tar - era l’identificazione certa del soggetto “pericoloso”: giovedì scorso le analisi genetiche presso la Fondazione Edmund Mach avevano confermato che l’esemplare radiocollarato era il responsabile dell’aggressione di Dro. Per arrivare alla rimozione, però, devono essere rispettate tre condizioni: la pericolosità dell’animale, la salvaguardia della specie e l’assenza di alternative alla rimozione.

Nel caso di KJ1 la pericolosità è stata stimata nella scala Pacobase di “alto rischio”, secondo Ispra: si è constatato che l’animale ha avuto in passato almeno altri sette incontri con persone, prima di affrontare insieme ai suoi tre cuccioli il medico francese che ha rimediato ferite agli arti e al torace, dopo essersi rannicchiato a terra proteggendosi il collo e la testa, secondo le indicazioni. Va anche osservato che la femmina era rimasta in una zona vicina ai centri abitati – in particolare la frazione di Padaro dove era stata anche ripresa all’interno di un giardino insieme ai tre piccoli – come risulta anche dal monitoraggio puntuale consentito dal radiocollare nella settimana successiva alla sua prima cattura.

Per quanto riguarda il secondo criterio, la salvaguardia della specie, secondo gli amministratori provinciali non è in pericolo vista la crescente diffusione di orsi nel Trentino occidentale (sono 93 secondo l’ultimo Rapporto, più una ventina di cuccioli) e l’apposita legge approvata in marzo che nei consente la rimozione fino ad un massimo di otto.

Più complessa la terza condizione, quella delle possibili alternative. Il secondo pronunciamento del Tar indicava a proposito la soluzione (“bocciata” dal Consorzio dei Comuni ma anche dalla Sat, la Società degli alpinisti tridentini) di interdire il passaggio dell’uomo nelle aree frequentate abitualmente dall’animale. Una misura inapplicabile secondo il Corpo Forestale, perché l’animale si sposta all’interno di un’area di 110 chilometri quadrati ed un reticolo di 250 chilometri di strade forestale.

Rispetto alla captivazione, altra ipotesi avanzata dal Tar, Fugatti ha risposto che l’unica struttura d’emergenza dedicata – e contestata dagli stessi animalisti – è quella del Casteller, piccolo centro faunistico alla periferia sud di Trento, dove già sono rinchiusi M49 e JJ4 in condizioni inadeguate, al punto che da tempo s’invoca da più parti il loro trasferimento.

Le sigle protezioniste che avevano depositato un ennesimo ricorso lunedì 29 luglio – poche ore dopo il decreto di Fugatti – si sono trovate stamattina di fronte alla rimozione dell’orsa, sulla quale ora annunciano una dura battaglia legale: «KJ1 è stata giustiziata in modo arrogante e vigliacco, approfittando del fatto che era radiocollarata. Questo strumento, che consentiva di conoscere la sua posizione, poteva essere usato per interdire facilmente alle persone le zone da lei frequentate. Invece, come prevedevamo, questo sistema è stato utilizzato da Fugatti per ucciderla con più facilità. Il comportamento di Fugatti è semplicemente vendicativo e il fatto che abbia fatto tutto di notte, quando non è possibile rivolgersi al Tar, è indicativo della paura di ricevere un’altra sospensione», il commento di Piera Rosati, presidente di Lndc Animal Protection che ha affidato ai suoi legali un denuncia penale in Procura richiesta di risarcimento dei danni.

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