Se n’è andato con mobili e suppellettili, un vero e proprio trasloco. Lasciando anche un biglietto: «Me ne vado perché la condanna è stata un’ingiustizia». Così Saverio "Saro" Mammoliti, boss storico della ’ndrangheta ha lasciato la casa di Tivoli dove viveva. Da collaboratore di giustizia (anche se ormai uscito dal programma di protezione) a latitante per sfuggire al carcere dopo la condanna a 13 anni e 10 mesi inflitta il 28 gennaio nel processo nato dopo la denuncia per le intimidazioni subite dalla cooperativa Valle del Marro, costituita 10 anni fa dalla diocesi di Oppido-Palmi e da Libera. I carabinieri che si erano recati nel domicilio per arrestarlo hanno trovato la casa vuota. Fuggito poche ore dopo la sentenza. Provando ad accreditare una condizione di "vittima della giustizia".Sorveglianza insufficiente, malgrado il curriculum del personaggio e il processo in corso, che sicuramente doveva essere rafforzata dopo la dura condanna che lo avrebbe riportato in carcere e fatto perdere gli ultimi benefici di collaboratore: la capitalizzazione dei fondi, l’assistenza legale, la scorta per i movimenti per esigenze di giustizia. E, invece, se n’è andato tranquillamente. Gli inquirenti, tranne il procuratore Cafiero de Raho, non parlano, ma trapela una grande amarezza («Ci siamo impegnati per farlo condannare e ora...») e anche una ancor più forte irritazione, per come sia riuscito a dileguarsi. «Ancora una volta è riuscito a far credere di essere cambiato e invece è sempre lui». E ricordano che mentre inviava lettere ai procuratori per assicurare sulla sua nuova vita, contemporaneamente continuava a minacciare e estorcere, proprio i fatti che lo hanno portato alla condanna.Una fuga ben preparata, visto il trasloco. Anche se il giorno della sentenza "don Saro", boss di Castellace, frazioni di Oppido Mamertina, paese aspromontano, era stato visto sorpreso per la condanna. Dopo un lungo colloquio coi suoi legali si era allontanato in auto con gli uomini del servizio di protezione, direzione Tivoli. Dopo pochi giorni la fuga per evitare le manette, che sono invece scattate per il figlio Danilo mentre l’altro figlio Antonino è in carcere dallo scorso anno per gli stessi reati. Mammoliti, 72 anni, più volte arrestato per sequestro di persona, traffico di droga e vari omicidi, è già evaso una volta nel 1975. Una latitanza di lusso con Jaguar e belle donne (ha fama di playboy), poi il nuovo arresto, l’ergastolo e nel 2003, dopo più di venti anni di galera, l’annuncio della dissociazione dalla ’ndrangheta e l’invito ai suoi compagni a collaborare con la giustizia. Ma il cambiamento in realtà non era sincero come ha sentenziato la recente condanna. Un personaggio borderline, capace di sedersi al tavolo di "cosa nostra", con frequentazioni massoniche e politiche. Una rete che lo ha aiutato anche nella fuga?Cosa farà ora? Si vendicherà di chi lo ha denunciato? Nell’arringa l’avvocato aveva duramente criticato la cooperativa. «Non siamo affatto preoccupati – è la reazione di don Pino Demasi, parroco di Polistena, referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro e "padre" della coop – perché siamo certi che le istituzioni sono al nostro fianco come hanno dimostrato già oggi». Infatti il prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, dopo la notizia della fuga ha chiesto di rafforzare la vigilanza nei confronti della cooperativa. Ordine già eseguito.