martedì 18 giugno 2024
Diagnosi precoce e la terapia in via preventiva sono fondamentali per rallentare o addirittura bloccare i danni causati dalla malattia neurodegenerativa
Tecnologia medica per la cura del Parkinson in una foto di archivio

Tecnologia medica per la cura del Parkinson in una foto di archivio - Ansa

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Individuare le spie della malattia di Parkinson sette anni prima dell’insorgenza dei sintomi. È il risultato raggiunto grazie a un test del sangue che usa l’Intelligenza Artificiale. Un metodo prezioso per la diagnosi precoce e la terapia in via preventiva, fondamentali per rallentare o addirittura bloccare i danni causati dalla malattia neurodegenerativa.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, è stato guidato dall’University College London e dal Centro Medico Universitario di Goettingen (Germania). «Non possiamo far ricrescere le nostre cellule cerebrali e quindi dobbiamo proteggere quelle che abbiamo. Al momento, chiudiamo la porta della stalla dopo che i cavalli sono ormai scappati, invece dobbiamo iniziare i trattamenti molto prima», è il chiaro messaggio lanciato da Kevin Mills dello University College London. Ne soffrono quasi dieci milioni di persone in tutto il mondo, ed è fra le malattie neurodegenerative in più rapida crescita. A causarlo è la morte delle cellule nervose nella parte del cervello chiamata substantia nigra, che controlla il movimento.

I ricercatori hanno sviluppato un test basato sull'intelligenza artificiale che, analizzando otto molecole presenti nel sangue – le cui concentrazioni sono alterate nei malati di Parkinson – diagnostica il disturbo con un'accuratezza del cento per cento. Questo strumento è stato poi messo alla prova sulla sua capacità di prevedere in anticipo la malattia su 72 persone affette da Disturbo comportamentale del sonno Rem, che spesso porta al Parkinson: il 79 per cento dei partecipanti è risultato avere lo stesso profilo delle persone malate di Parkinson e finora, nei 10 anni successivi di monitoraggio, le previsioni dell'intelligenza artificiale si sono rivelate esatte.

«Inizialmente, è probabile che l'applicazione riguardi la ricerca e lo sviluppo di terapie ma, a lungo termine, ritengo realistico che questi biomarcatori vengano utilizzati anche per la diagnosi nella routine medica», afferma Anja Schneider, che ha coordinato la ricerca. «Tuttavia, per questo sono necessari ulteriori studi. Infatti, sarebbe particolarmente importante determinare come questi biomarcatori si sviluppano nel corso di una malattia e quanto precocemente si manifestano».

Ma non si tratta dell’unica recente scoperta. È stato identificato un nuovo gene di suscettibilità per la malattia di Parkinson: il RAB32. Per identificare questo gene sono stati elaborati i dati di sequenziamento dell'esoma, cioè della porzione codificante del genoma umano, di 2.184 casi di Parkinson familiare e 69.775 controlli.

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