Il Papa si è affacciato in piazza San Pietro - Ansa
È un duplice, accorato invito quello rivolto oggi da Papa Francesco. Il primo è un appello rivolto a quanti hanno responsabilità in Europa, affinché operino con concordia e in uno spirito di fratellanza per affrontare le conseguenze sociali ed economiche causate dal Coronavirus. Il secondo, invece, è un invito più intimo a chiunque si trovi ad affrontare l’ansia e l’angoscia a non sentirsi solo, davanti a ciò che accade, ma a confidare nell'aiuto di Gesù. Sia nella messa mattutina a Santa Marta che durante il Regina Coeli, trasmesso in diretta streaming e senza partecipazione di fedeli della Sala della Biblioteca del Palazzo apostolico vaticano, il Pontefice ha fatto riferimento all'opera dei padri fondatori dell'Unione: «Il mio pensiero va oggi all’Europa, in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione Schuman, del 9 maggio 1950. Essa ha ispirato il processo di integrazione europea, consentendo la riconciliazione dei popoli del continente, dopo la Seconda Guerra Mondiale, e il lungo periodo di stabilità e di pace di cui beneficiamo oggi», ha detto Francesco. Lo spirito della Dichiarazione Schuman, ha proseguito, «non manchi di ispirare quanti hanno responsabilità nell’Unione Europea, chiamati ad affrontare in spirito di concordia e di collaborazione le conseguenze sociali ed economiche provocate dalla pandemia». In questi due giorni passati, aveva già ricordato in mattinata il pontefice a Santa Marta, ci sono state due commemorazioni: oltre al 70esimo della dichiarazione di Robert Schuman, «anche la commemorazione della fine della guerra. Chiediamo al Signore per l’Europa oggi, che cresca unita: questa unità di fratellanza che fa crescere tutti i popoli, nell’unità, nella diversità».
Il pensiero per l'Africa, nel ricordo di Giovanni Paolo II
Lo sguardo, ha aggiunto il Papa, «va anche all’Africa, perché il10 maggio 1980, quarant’anni fa, San Giovanni Paolo II, durante la sua prima visita pastorale in quel continente, diede voce al grido delle popolazioni del Sahel, duramente provate dalla siccità». Poi si è congratulato con i giovani che si stanno impegnando per l’iniziativa ’Laudato Si’ Alberi’: «L’obiettivo è piantare nella regione del Sahel almeno un milione di alberi che andranno a far parte della "Grande Muraglia verde d’Africa". Auspico che in tanti possano seguire l’esempio di solidarietà di questi giovani».
«Nell'angoscia, c'è l'aiuto di Gesù»
Durante il Regina Coeli, la riflessione di papa Francesco si è mossa anche su un piano più personale, rivolta alle tante persone angustiate da questa fase di emergenza sanitaria e più in generale alle persone in difficoltà: «Nella vita, l’ansia peggiore, il turbamento, nasce dalla sensazione di non farcela, dal sentirsi soli e senza punti di riferimento davanti a quel che accade. Quest’angoscia, nella quale a difficoltà si aggiunge difficoltà, non si può superare da soli, abbiamo bisogno dell’aiuto di Gesù - ha detto il pontefice, commentando le letture del giorno. «Perciò Gesù chiede di avere fede in Lui, cioè di non appoggiarci a noi stessi, ma a Lui. Perché la liberazione dal turbamento passa attraverso l’affidamento. Affidarci a Gesù, fare il salto, e questa è la liberazione dal turbamento». C’è poi un secondo rimedio al turbamento, osserva Francesco: «Ecco che cosa ha fatto Gesù per noi: ci ha prenotato un posto in Cielo. Ha preso su di sé la nostra umanità per portarla oltre la morte, in un posto nuovo, in Cielo, perché là dove è Lui fossimo anche noi. È la certezza che ci consola: c’è un posto riservato per ciascuno. Ognuno di noi può dire “c’è un posto per me’. Non viviamo senza meta e senza destinazione. Siamo attesi, siamo preziosi». Non dimentichiamolo, è l'accorato invito di papa Bergoglio: «La dimora che ci attende è il Paradiso. Qui siamo di passaggio. Siamo fatti per il Cielo, per la vita eterna, per vivere per sempre». Ma come raggiungere il Paradiso? Qual è la via? "Per salire in Cielo la via è Gesù, è avere un rapporto vivo con Lui, imitarlo nell’amore, seguire i suoi passi». Al contrario, ammonisce Francesco, «ci sono vie che non portano in Cielo: le vie della mondanità , le vie per autoaffermarsi, le vie del potere egoista. E c’è la via di Gesù, la via dell’amore umile, della preghiera, della mitezza, della fiducia. Non è la via del mio protagonismo, è la via di Gesù protagonista della mia vita».
La preghiera per le mamme e la benedizione a piazza San Pietro vuota
Nel giorno in cui, in tanti Paesi, si celebra la Festa della mamma, papa Francesco al termine del Regina Coeli ha voluto «ricordare con gratitudine e affetto tutte le mamme, affidandole alla protezione di Maria, la nostra Mamma celeste». E ha rivolto un «pensiero va anche alle mamme che sono passate all’altra vita e ci accompagnano dal Cielo. Facciamo un po’ di silenzio per ricordare ognuno la sua mamma». Alcuni istanti dopo la recita del Regina Coeli, il Papa si è affacciato dalla finestra della Sala della Biblioteca e ha rivolto la sua benedizione verso Piazza San Pietro, vuota per le restrizioni anti Coronavirus, e verso la città di Roma, ponendosi poi una mano sul cuore.
I vescovi e la preghiera
Secondo quanto riporta Vatican news, durante l'omelia nella messa mattutina a Santa Marta, incentrata sulla preghiera, il pontefice ha ricordato che «il compito del vescovo è pregare e predicare». Il vescovo è il primo, osserva Francesco, «che va dal Padre con coraggio e parresìa. È la preghiera del capo della comunità al Padre perché custodisca il popolo. E il popolo impara dal vescovo a pregare». È Dio che fa le cose della Chiesa ed è la preghiera che porta avanti la Chiesa, prosegue il Papa, ed «è triste vedere bravi vescovi indaffarati in tante cose, mentre la preghiera deve essere al primo posto: le altre cose non devono togliere spazio alla preghiera. La Chiesa sa che, senza questo accesso al Padre, non può sopravvivere». Ieri infine, papa Francesco ha telefonato all’arcivescovo di San Paolo, il cardinale Odilio Scherer, per manifestare la grande preoccupazione per l’alto numero di vittime di coronavirus in Brasile. Il Papa, rende noto il cardinal Scherer, «ha manifestato la sua vicinanza e la sua solidarietà con la popolazione di San Paolo e ha promesso che pregherà per noi».