La requisitoria durante il processo a Alessandro impagnatiello - Fotogramma
Arriverà a sentenza il 25 novembre, giornata mondiale per l’eliminazione contro la violenza di genere, il processo a Alessandro Impagnatiello per l’omicidio di Giulia Tramontano. Lunedì in aula, la pm Alessia Menegazzo e l’Aggiunta Letizia Mannella, hanno chiesto l’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi per l’ex barman dell’Armani Bamboo, che ha ucciso la fidanzata incinta di 7 mesi con 37 coltellate, a Senago il 27 maggio 2023.
L’accusa ha contestato tutte le aggravanti: premeditazione, crudeltà, futili motivi, oltre al rapporto affettivo di convivenza; inoltre ha chiesto che non vengano riconosciute le attenuanti generiche («non c’è stato un solo momento da salvare nel suo comportamento»). Impagnatiello deve rispondere infine di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. L'accusa ha ripercorso davanti alla Corte d'Assise milanese, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, tutte le tappe fondamentali, ricostruite nelle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, che hanno portato all'omicidio di Giulia Tramontano, 29 anni, «trucidata con inaudita violenza» nell'abitazione che condivideva con il compagno, nel Milanese. Il suo corpo fu trovato quattro giorni dopo in un'intercapedine vicino ad un box. L'ex barman 31enne, definito, anche sulla base della perizia psichiatrica che ha escluso vizi di mente, «psicopatico, bugiardo e senza scrupoli»
Per quanto riguarda la premeditazione, «l’agguato» in cui Giulia Tramontano, cadde vittima al suo rientro a casa, per l’accusa fu solamente «l’epilogo di un piano omicidiario iniziato molti mesi prima, con la somministrazione di veleno per topi, l’ammoniaca e con l’acquisto del cloroformio», già da un mese dopo la notizia della gravidanza, in «un vero e proprio viaggio nell’orrore», che ha avuto una svolta il giorno «della rivelazione» della donna con cui Impagnatiello aveva una relazione parallela e dell’incontro chiarificatore delle due donne nel bar dell’Armani Hotel. «L’imputato comprende che la sua amante gli ha offerto una via d’uscita magistrale, e ha colto l'occasione al volo - ha detto la pm Menegazzo -. Come un giocatore di scacchi Impagnatiello cambia strategia in base alle circostanze. Lui stesso ha detto di sentirsi come un giocatore che muoveva le due donne come pedine. E sempre lui la notte stessa dopo l’omicidio si è presentato alla porta (dell’amante) dicendo che era libero. E non sappiamo cosa sarebbe successo se lei avesse commesso l’imprudenza di aprirgli. Per il perito ha la psicologia di un seriale».
Barba e capelli rasati a zero, Alessandro Impagnatiello ieri è rimasto impassibile di fronte alle accuse che gli sono state mosse: «Ha sempre agito in modo coerente alla sua “triade oscura”, come definita dai periti che lo hanno giudicato capace di intendere e volere. Triade composta - ha spiegato ancora Menegazzo - da tratti psicopatici, narcistici e macchiavellistici, con capacità di mentire e manipolare, anche i propri parenti, e con assenza di rimorso, e col risultato di un narcisismo mortale». «Fa molta paura accettare questa verità - ha proseguito la pm - e cioè che anche gli uomini cosiddetti normali possano commettere delitti tanto efferati, anche nei confronti delle persone che dicono di amare», ha detto la pm in uno dei passaggi conclusivi della sua requisitoria, citando Hannah Arendt e il processo ad Eichmann: «Questa vicenda ci ha mostrato la vera crudeltà e la manipolazione. Questo processo è stata un’occasione per tutti noi per affacciarci sul burrone che ci ha mostrato la banalità del male».
Una tentazione, quella della citazione, alla quale ieri non ha resistito nessuno. Per l’avvocato di parte civile Giovanni Cacciapuoti, Impagnatiello così è diventato Travis Bickle: «il personaggio interpretato da De Niro in Taxi Driver». Ma era anche Catilina che abusa dell’altrui pazienza: «Quo usque tandem abutere, ecc.», al quale contrapporre «il cielo stellato e la legge morale» kantiani (semper cit.). Poi è toccato alla difesa, alle legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia che, nell’arringa hanno negato la premeditazione e le altre aggravanti, ad eccezione dell’innegabile legame di convivenza. Allora Impagnatiello è diventato «come Raskol’nikov» di Dostoevskij, che «ha messo in atto azioni maldestre», disseminando indizi dietro sé «come se volesse essere scoperto», ha detto Barbaglia, mentre l’altalena di azioni e propositi contrastanti manifestati dall’imputato, che si destreggiava tra due donne e altrettante gravidanze, è stata paragonata al net di Match Point di Woody Allen.
Nel corso della discussione, alla quale hanno assistito i familiari di Giulia, tra cui la mamma Loredana Femiano, che poi ha stretto la mano alla pm, il padre Franco, la sorella Chiara e il fratello Mario, è stata ricordata anche la 29enne in più occasioni. «Cara Giulia, non è più tempo di orrore, non è più tempo di bugie, di egoismo e cattiveria», ha scritto la madre Loredana Femiano, che al termine della requisitoria è andata a stringere la mano alla pm Menegazzo.