lunedì 2 settembre 2024
Con un nome che pare uno scioglilingua, dai deserti rocciosi alle vette più incredibili, nel giro di pochi anni sarà una meta imprescindibile nel curriculum di ogni viaggiatore

Tra gli -Stan dell’Asia Centrale, generalmente avvolti da un grande punto interrogativo agli occhi di noi occidentali, si sta delineando uno dei grandi protagonisti dei flussi turistici del futuro: il Kirghizistan. Un nome che pare uno scioglilingua, ad oggi è assai difficile trovare qualcuno in grado di pronunciare le sillabe di questo nome nell’ordine corretto, eppure sono personalmente convinto che nel giro di poco tempo questo paese sarà sulla bocca di tutti, e considerata una meta imprescindibile nel curriculum di ogni viaggiatore, specie per la sua naturale predisposizione al turismo estivo.

Nel vicino Uzbekistan, 15 anni fa era assai raro trovare viaggiatori e si poteva girare in pieno giorno davanti alle incredibili madrase e moschee di Samarcanda senza incontrare che un manipolo di persone: oggi tutto ciò è impensabile, se non alle prime luci dell’alba, addirittura molti venditori ambulanti hanno imparato a esprimersi in molteplici lingue straniere, incluso un perfetto italiano. Tutto pare suggerire che questo destino verrà presto imitato dal Kirghizistan, che poco o nulla ha da offrire in tema di arte antica, monumenti o gloria culturale urbana, ma che custodisce nei suoi confini una delle nature più spettacolari al mondo. Al solito, grandi protagonisti sono i social network. È assai frequente imbattersi in brevi video che mostrano laghi cerulei circondati da montagne aguzze accompagnati dalla scritta “Questo non è il Canada”. Canyon dalle forme aguzze di un colore rosso intenso, “Questo non è il Marocco”. Tundra di muschi e licheni, “Questa non è la Norvegia”. Steppe verdi a perdita d’occhio interrotte da piccole tende di nomadi e cavalli in libertà, “Questa non è la Mongolia”. Questo è il Kirghizistan.

Nel grande mosaico di popoli e culture dell’Asia Centrale, i Kirghizi e i Kazaki sono i popoli nomadi per eccellenza, e tra i due i Kirghizi sono i nomadi delle montagne. Il loro territorio è quasi interamente montuoso. Incastonato tra le vette del Pamir, in Tagikistan, i Tien Shan (“Monti del Cielo”) che segnano il confine con la Cina e il Kazakistan. La terra dei Kirghizi offre una straordinaria varietà di paesaggi che oscillano tra il deserto roccioso dei canyon sulla riva meridionale del grande lago Ysykköl, che in pochissimi kilometri sfuma in vallate con foreste di conifere e montagne innevate assolutamente assimilabili alle Alpi tra Italia e Svizzera, dove si può salire vertiginosamente di quota attraverso strade ripide e tortuose fino a incontrare l’aria sottile, i ghiacciai e la vegetazione rarefatta che tipicamente si associano al Nord Europa. In tutto questo, non vi è però alcun dubbio che la vera natura, o, se vogliamo, “l’anima” di questo paese si esprima nelle enormi praterie verdi in alta quota che da millenni vengono attraversate da pastori nomadi, con i loro cavalli e le loro Yurte caratteristiche, simbolo nazionale rappresentato anche al centro della bandiera Kirghiza.

Non vi è alcun dubbio che la grande ricchezza di questo paese sia proprio la sua terra, la sua bellezza selvaggia che si sta facendo prepotentemente strada tra i sogni dei viaggiatori alla ricerca di un contatto intimo e ancestrale con una natura non ancora eccessivamente antropizzata, o alla ricerca di una genuina avventura di montagna. In questo, la natura remota di molte regioni del Kirghizistan è garanzia perché la sua innocenza si conservi nel futuro sia riservata solo a chi è disposto alla fatica fisica di molte ore di trekking in alta quota, tuttavia la corsa allo sfruttamento turistico delle aree più facilmente raggiungibili è già iniziata: la guerra in Ucraina e l’arrivo delle sanzioni ha fatto sì che molti imprenditori russi concentrassero qui le loro risorse, in un paese che fino al 2020 avrebbero snobbato preferendo le destinazioni europee. Oggi il flusso di capitali è invece indirizzato altrove, specialmente in Kirghizistan, per la costruzione di hotel, glamping, e persino un nuovo aeroporto a Karakol, dove sorge uno dei comprensori sciistici più ambiti dell’Asia Centrale, e che promette di diventare una capitale anche del turismo invernale, eliminando il cliché che voleva il Kirghizistan meta di un turismo esclusivamente legato all’estate.

Questo paese un tempo era noto quasi esclusivamente agli alpinisti attratti dalle sue vette vertiginose oltre i 7000 metri, specialmente il celebre Picco Lenin, che con i suoi 7134 metri ha rappresentato a lungo una vera vetta di culto per l’alpinismo internazionale, e a cui si accede partendo dal Kirghizistan, nonostante la vetta si trovi tecnicamente in Tagikistan. Oggi il suo appeal si estende a fotografi, avventurieri, cicloturisti, backpackers, sciatori e amanti della natura a 360 gradi. La sua natura di paese in via di sviluppo con ottimi standard di sicurezza, una popolazione straordinariamente ospitale e dove il costo della vita è una frazione rispetto agli standard occidentali ne aumenta ulteriormente il richiamo, specialmente in un momento storico dove i prezzi delle destinazioni più blasonate sono in costante e notevole aumento, fino al 30% in più dell’era pre-covid. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti perchè questo paese, oggi scioglilingua impronunciabile ai più, diventi un grande protagonista del turismo internazionale. Un consiglio: visitatelo prima che sia troppo tardi.

Chi è

Stefano Tiozzo, nato a Torino nel 1985, fotografo paesaggista, documentarista, storyteller e scrittore. Laureato in Odontoiatria e protesi dentaria, dopo nove anni di professione abbandona la medicina per dedicarsi a tempo pieno alla sua vocazione che diventa la sua specializzazione: viaggi e natura. Il suo canale YouTube è uno dei principali canali di viaggio in Italia, conduce workshop fotografici in tutto il mondo, con un focus particolare sui viaggi nell'Artico, dedicati principalmente alla caccia all'aurora boreale. Tiene regolarmente corsi di fotografia e negli anni ha collaborato con diversi brand, numerosi enti locali del turismo italiani e per la Commissione Europea. Ha pubblicato tre libri per Ts Edizioni, il best seller “L’anima viaggia un passo alla volta” (2020), “Una scelta d’amore” (2021) e “L’altra faccia della Russia” (2022). Nel 2019 ha fondato “Seva project”, un progetto di documentario ambientale volto a finanziare progetti di riforestazione nel Sud del mondo, giungendo a piantare oltre 8000 alberi.

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