Le alpiniste durante la presentazione della spedizione al K2 - .
È conosciuta come la montagna al mondo più difficile da scalare ed è un orgoglio tutto italiano. Settant'anni fa, il 31 luglio del 1954, per la prima volta la cima del K2 venne raggiunta dalla spedizione del geologo ed esploratore Ardito Desio, che dopo un vero e proprio assedio in stile militare, portò sugli 8.611 metri della vetta (la seconda della Terra dopo l'Everest) la cordata composta dal valtellinese di Santa Caterina Valfurva, Achille Compagnoni e dall'ampezzano di Cortina, Lino Lacedelli. Da quel giorno e per sempre, il K2 è diventato “la montagna degli italiani”.
Per celebrare quella straordinaria impresa, che servì anche a riabilitare l'Italia agli occhi del mondo dopo la tragica stagione del fascismo e della guerra, il Club alpino italiano ha deciso di organizzare una nuova spedizione in Karakorum, regione del Pakistan, che ripercorrerà la medesima via dei primi salitori, lungo il celebre Sperone degli Abruzzi, che deve il suo nome al grande alpinista italiano Luigi Amedeo duca degli Abruzzi, che per primo la esplorò nel 1909 nel corso di una delle prime spedizioni al K2. L'impresa sarà tentata da un team composto esclusivamente da donne. Otto alpiniste, quattro italiane (Federica Mingolla, Silvia Loreggian, Anna Torretta e Cristina Piolini) e quattro pachistane (Samina Baig, Amina Bano, Nadeema Sahar e Samana Rahim), oltre al medico Lorenza Pratali, incaricata di effettuare rilevazioni scientifiche durante l'ascensione. La partenza dall'Italia della spedizione - organizzata dal Cai con EvK2CNR, associazione che si occupa di ricerca scientifica e tecnologica in alta e altissima quota - è prevista il 15 giugno, con arrivo al campo base il 29 giugno, mentre il tentativo di salire sulla vetta scatterà dalla seconda metà di luglio. L'obiettivo, è stato spiegato in una conferenza stampa, è raccontare il punto di vista femminile nel contesto di una spedizione himalayana che vede scalare insieme alpiniste che provengono da mondi e culture differenti.
Il K2, la seconda montagna più alta del mondo, nella catena montuosa del Karakorum, in Pakistan - Ansa
«Il Club Alpino Italiano dopo cinquant’anni torna ad organizzare una spedizione alpinistica e lo fa guardando non solo alla prestazione, ma anche all’impatto sociale e scientifico - afferma il presidente generale Antonio Montani -. L’occasione del 70° dalla prima ascensione ci consente di investire ancora sulla pratica alpinistica che è la vera anima del Cai».
A coordinare le alpiniste, sarà Agostino Da Polenza, professionista di grandissima esperienza e profondo conoscitore di quelle montagne. Il progetto partirà con delle giornate di training sul Monte Bianco (15-18 marzo) dove le alpiniste si prepareranno per affrontare il K2. A seguire le giornate all’Eurac Research di Bolzano (20-24 marzo), centro di ricerca d’eccellenza nel campo della medicina di montagna dove le atlete si sottoporranno a delle prove medico-scientifiche per valutare l’impatto e che il loro organismo subirà durante l’ascensione. Che diventà anche un documentario (“Sulle orme del K2”), in collaborazione con la Rai.
K2-70 - questo il nome del progetto - si distingue per una progettualità ad ampio respiro, che comprende progetti ambiziosi e di valore, sia per l’Italia che per il Pakistan. Come il progetto internazionale Ice Memory, organizzato dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle Ricerche e dall’Università Ca’ Foscari Venezia, assieme a EvK2CNR, con il contributo del Cai e il patrocinio Ministero dell’Università e della Ricerca. Ice Memory è supportato inoltre da Environmental Protection Agency del Gilgit-Baltistan e da Fondazione Università Ca’ Foscari Venezia. «L’obiettivo è studiare per la prima volta la neve e il ghiaccio in una regione così cruciale per gli equilibri del subcontinente indiano», spiega una nota del Club alpino italiano.
Nel solco della cooperazione internazionale Italia-Pakistan, è invece il progetto del Cristina Castagna Center, struttura realizzata da Montagna e Solidarietà Aps e con il contributo del Club Alpino Italiano, che ha l'obiettivo di «generare un impatto socio-economico per le popolazioni locali e promuovere attraverso corsi di formazione l'avvicinamento delle popolazioni locali alle attività professionali legate all’alpinismo», conclude la nota del Cai.