Una mensa gestita dal Sermig a Torino - Collaboratori
Un viaggio nel Nord Italia, nel cuore d’agosto, per capire come sarà il prossimo autunno. Nelle metropoli semivuote, infatti, si incontrano le vere solitudini, che rappresentano l’universo dei nuovi poveri. Si tratta di persone, molto spesso appartenenti allo stesso nucleo familiare, che si mettono in fila alle mense, magari dopo aver incontrato la solidarietà cristiana nei centri d’ascolto. Chiedono sostegno e cure mediche negli ambulatori. In alcuni casi hanno anche bisogno di un tetto sotto cui dormire, visto l’esplodere dell’emergenza casa.
Nel rapporto presentato lo scorso giugno insieme al bilancio sociale, Caritas spiegava che il 51,9% delle persone aiutate nel 2022 (in tutto 256mila) vive proprio al Nord. Oltre la metà degli interventi, dunque, riguarda le regioni settentrionali, a testimonianza del fatto che la forbice della disuguaglianza si è allargata, proprio nel territorio considerato la locomotiva del Paese.
Era già accaduto negli anni del Covid, continua a essere così anche adesso: laddove si produce più ricchezza, paradossalmente, si formano anche le sacche d’indigenza più preoccupanti. È il benessere non condiviso a caratterizzare questa stagione. A essere tagliate fuori sono anche le nuove generazioni. Le risposte ai bisogni emergenti arrivano ancora una volta dalla rete di solidarietà, che regge grazie a migliaia di volontari e che adesso chiede che anche lo Stato possa fare la propria parte.
La Torino che non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena in estate non va in vacanza. Anzi - mentre chi può pensa ad andare via oppure si concentra sui soliti gossip agostani -, chi ha come prospettiva solo la sfida per trovare un pasto decente, ingrossa le file fuori dalle mense, dai dormitori e dai centri d’accoglienza.
Torino potrebbe essere un esempio di grande centro urbano che, distratto, tende a dimenticare chi non ce la fa. In realtà, nel capoluogo piemontese anche nei mesi estivi l’attività di assistenza agli ultimi non smette di funzionare e, in alcuni casi, rappresenta davvero l’unica oasi di umanità in una città semi-deserta e arsa dal caldo. Ed è guardando a quest’oasi che si capisce da un lato la dimensione del fenomeno e, dall’altro, quanto lavoro viene fatto per contrastarlo.
Basta andare in via Sant’Antonio da Padova, appena sotto il grattacielo di Renzo Piano, dove i francescani hanno convento, mensa e centro d’ascolto. «Tra luglio e inizio di agosto – dice il padre guardiano, Fra Mauro Battaglino -, i pasti sono in media 450 al giorno. Non si tratta solo di stranieri oppure di singoli, ma sempre più anche di italiani e di famiglie. Da un anno all’altro il fenomeno è cresciuto». Fra Mauro poi sottolinea: «A colpire dopo il Covid è stata l’inflazione e quindi il caro-bollette. Si tratta non solo di un disagio economico ma anche psicologico: ad essere minata è spesso la solidità della famiglia».
Anche il Sermig conferma l’aumento delle famiglie in difficoltà. Simona Pagani, che all’Arsenale della Pace si occupa delle accoglienze, dice subito: «C’è stato un aumento esponenziale soprattutto delle famiglie che scappano da altri Paesi e che sono in attesa di asilo, ma non mancano gli italiani. E cresce il numero di minori accompagnati e non accompagnati».
In questo mese di agosto, al Sermig sono stati 230 i nuclei familiari che hanno beneficiato della distribuzione di cibo, circa 150 persone al giorno sono ospitate dall’accoglienza maschile e femminile, mentre a pieno ritmo lavora anche l’ambulatorio medico che fornisce assistenza ad oltre 1200 persone.
Poco più in là c’è il Polo alimentare del Distretto sociale Opera Barolo che segue circa 450 famiglie. «Si tratta – spiega il responsabile Ralph Mustica - di numeri in aumento rispetto allo scorso anno: oltre alle famiglie forniamo anche generi alimentari almeno a 30 persone alla settimana». Se poi si arriva in uno dei cuori della città, il Cottolengo, si trova la mensa di Casa Accoglienza che ogni giorno fornisce circa 312 pasti al tavolo, soprattutto a stranieri. «Viviamo – dice Chiara Pignatta, una delle responsabili del servizio - una difficoltà in più in questo periodo: quella di rispondere a tutte le necessità contando su meno strutture aperte».
Anche l’amministrazione comunale fa la sua parte. Nella mensa estiva di via Ghedini (a Barriera di Milano, uno dei quartieri più complessi della città) ogni giorno passano circa 230-250 persone; nel Centro di via Sacchi (accanto alla Stazione di Porta Nuova), sono assistite invece giornalmente 30 persone e altre 600 trovano cibo e assistenza nella Case della rete di accoglienza della Città. Mentre altre 30 persone al giorno sono accolte dalla mensa del circolo “La Cricca” gestita dall’Arci. «In queste settimane – dice ad Avvenire Jacopo Rosatelli, assessore alle politiche sociali - Torino affronta le criticità di uno scenario socioeconomico nazionale complesso, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione».
«Dal 2020 ad oggi – spiega poi Pierluigi Dovis, responsabile della Caritas di Torino e del Piemonte - la necessità di sostegno alimentare è decisamente cresciuta in città». Il Covid ha fatto salire del 40% le richieste, la crisi economica generata dal conflitto ucraino ha fatto il resto. Sempre di più, agli stranieri si aggiungono gli italiani in difficoltà: singoli e intere famiglie alle prese con bollette, sfratti, spesa alimentare. La rete diocesana nel 2022 ha registrato un +53% di nuovi accessi. Oggi, a seconda delle strutture l’aumento è tra il 10 e il 20%. Mangiare e trovare dove dormire sono le prime necessità. Anche a luglio e agosto, naturalmente. Anzi, in questo periodo tutto si complica e manca quella solidarietà di vicinato costituita dai ristoranti e dai bar che magari aiutano alla spicciolata in altri periodi dell’anno letteralmente “salvando” interi nuclei familiari oppure persone anziane.
Agosto di lavoro solidale, dunque, quello di Torino che si prepara però ad un ulteriore aumento delle criticità. «La modifica del reddito di cittadinanza – dice Dovis - sicuramente inciderà in maniera significativa dall’autunno in poi. Prevediamo una crescita almeno del 35% di richieste». Che fare, quindi? Da una parte aumentare la solidarietà, dall’altra, aggiunge Rosatelli, «occorrono politiche nazionali strutturali di contrasto alla povertà per fronteggiare la prevedibile crescente domanda di sostegno da parte delle famiglie, che rischiano di ritrovarsi in difficoltà con gli affitti o in condizioni di povertà assoluta».