Il cervello in una risonanza magnetica - Ansa
Appena pochi centimetri cubici e un peso medio inferiore a un chilo e mezzo distribuito in due emisferi: sta tutto qui il nostro cervello. In fondo sarebbe semplice esplorarlo se non fosse che al suo interno “vivono” 150 miliardi di neuroni in grado di realizzare qualche ulteriore miliardo di connessioni attraverso le sinapsi - “appena” 100 trilioni -, le cosiddette superstrade che, messe in fila, coprono poco meno della metà della distanza tra la Terra e la Luna. È su queste sterminate arterie, in gran parte ignote, che sta per iniziare uno straordinario e affascinante viaggio degli scienziati italiani, circa 500, desiderosi di illuminare, approfondire, indagare, meandri e segreti del più sconosciuto dei nostri organi, che è il cuore del sistema nervoso centrale. Oggi questo “viaggio” - il più ampio programma di ricerca sul cervello mai realizzato in Italia, e tra i più ambiziosi al mondo - può davvero iniziare grazie al programma “Mnesys”, appena presentato a Napoli, che mette insieme 12 tra atenei pubblici e privati, e 13 tra centri di ricerca, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) e imprese, che, coordinati dal ministero dell’Università e della ricerca, e con capofila l’Università di Genova, potranno usufruire di un investimento da ben 115 milioni di euro, proveniente dal Pnrr (Missione 4) a supporto di 200 studi.
Questa sorta di Cern italiano ha mosso i primi passi a fine 2022 e, proprio come fa a Ginevra il più grande laboratorio al mondo nel campo della fisica delle particelle, coordinerà scienziati, ricercatori medici, biologi, bioingegneri e informatici, impegnati a esplorare quei pochi centimetri cubici che permettono di attivare funzioni motorie, di parlare, percepire gli stimoli dell’ambiente esterno, provare emozioni, elaborare ricordi e pensieri; e, soprattutto, consentirà loro di comprendere perché il cervello a volte non funziona bene, come cambia nel corso della vita e con l’avanzare dell’età, innescando malattie del sistema nervoso, e non solo di ambito neurodegenerativo. Come fare tutto questo? Creando avatar digitali dell’organo per studiare la risposta a farmaci e malattie, sviluppando nuovi biomarcatori per le diagnosi precoci, identificando nuovi bersagli molecolari per terapie farmacologiche innovative.
Così Antonio Uccelli, professore ordinario di Neurologia a Genova, direttore scientifico dell’Irccs Ospedale San Martino del capoluogo ligure, e di Mnesys, spiega il succo del progetto: «È un grande sforzo congiunto di ricerca fondamentale, che intende stimolare l’interazione tra università, istituti scientifici e industria, per realizzare una ricerca scientifica di alto profilo, collegata alle tecnologie digitali e all’intelligenza artificiale, per comprendere i misteri del sistema cervello e sviluppare trattamenti personalizzati per le malattie neurologiche e mentali, tramite la medicina di precisione».
Già, le malattie. Tantissime quelle del sistema nervoso centrale. Il ministero della Salute stima che nel nostro Paese abbiano un’incidenza di nuovi casi ogni anno pari al 7,5% della popolazione e una prevalenza del 30%: dalle diverse forme di demenza, con cui convivono in Italia un milione di persone, di cui 600.000 con malattia di Alzheimer, alle 400.000 colpite dal Parkinson, fino alla sclerosi multipla che interessa circa 90.000 persone. Numeri elevati anche per i casi di ictus, con 200.000 nuove diagnosi ogni anno e circa 1 milione di persone che devono fare i conti con gli esiti invalidanti della malattia; mentre la depressione affligge quasi 3 milioni di italiani. «Se il funzionamento del cervello ancora ci sfugge in gran parte, Mnesys rappresenta un importante passo avanti per le neuroscienze, una nuova fase – dice Sergio Martinoia, ordinario di Bioingegneria all’Università di Genova e coordinatore del comitato scientifico del progetto -. Vogliamo facilitare la scoperta dei meccanismi di funzionamento del sistema nervoso e delle malattie, attraverso la creazione di avatar digitali del cervello umano, cioè la realizzazione virtuale al computer del funzionamento del sistema nervoso in condizioni fisiologiche e patologiche, attraverso l’elaborazione, mediante algoritmi matematici, di dati anagrafici, clinici, di laboratorio e diagnostici. Ciò consente esperimenti virtuali per poter studiare la risposta ai farmaci e alle malattie accelerando la ricerca attraverso l’integrazione tra medicina e tecnologie informatiche applicate al cervello».
Individuando, poi, nuovi biomarcatori di malattia, aggiunge Uccelli, la sfida si sposta sulle possibili diagnosi precoci, che possono cambiare la storia delle patologie; oppure, addirittura, sulla possibilità di prevederne la comparsa prima che il disturbo si manifesti e «impostare così, strategie terapeutiche personalizzate e preventive». Il progetto, conclude Martinoia, «si affida a un approccio “multi scala” che parte dall’analisi delle singole molecole all’organismo in toto, fino alle interazioni sociali e comportamentali, passando dalla genetica, per arrivare a studi di popolazione, costruendo via via le strutture interne del cervello e le interazioni tra esse. Insomma, partiremo dal piccolo costruendo un mattone, poi metteremo insieme più pareti per arrivare all’architettura della casa. L’idea è apparentemente semplice». Come quella di percorrere un’autostrada. Che però è lunga 160.000 chilometri…