sabato 10 giugno 2017
La fuga, a 13 anni, dalla guerra e dalla leucemia. Siria, Libano, infine l'ospedale Gaslini di Genova, grazie al lavoro di squadra dei volontari della Papa Giovanni XXIII di Abio e di Sant’Egidio
I volontari del Progetto Colomba all’aeroporto di Genova con Musaab (a sinistra)

I volontari del Progetto Colomba all’aeroporto di Genova con Musaab (a sinistra)

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Questa è la storia di Musaab, ragazzo siriano di 13 anni che visse tre volte; della sua famiglia di profughi, visti ora con fastidio ora con compassione, ma che in genere ci appaiono come una massa lacera e confusa di straccioni in marcia in fila indiana o ammassati sotto tende polverose e baracche sgangherate, e invece – come vedremo – hanno tutti un nome, un volto e una storia unici; e dei volontari che, facendo squadra, hanno organizzato la fuga.

Oggi Musaab è all’ospedale Gaslini di Genova, in isolamento, dove ha cominciato la sua terza vita. Ci è arrivato giovedì scorso grazie al lavoro dei volontari dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, della Fondazione Abio (Aiuta bambini in ospedale) e della Comunità di Sant’Egidio.

Se non fosse fuggito, Mussab sarebbe morto. Questa è una delle poche certezze per chi è affetto da anemia aplastica, forma letale di leucemia da cui si può guarire solo con un trapianto di midollo osseo. Un donatore compatibile al cento per cento è suo fratello Subeh, 17 anni, arrivato in Italia con lui e il fratello maggiore Mohammad, 22 anni. Poteva subire il trapianto in Libano? Certo, ma privatamente, sganciando circa 100mila dollari. Perché un profugo siriano in Libano è nessuno. Non accede alla sanità pubblica. Può solo sopravvivere nel suo campo profughi. Uno qualsiasi, perché come i profughi anche i loro campi sono anonimi.
«I campi – racconta Duilio Magri, volontario della Giovanni XXIII – prendono il nome della prima famiglia che vi si installa. Quello di Musaab, nel nord del Libano, è il campo Rabia». Tutto comincia con una nota vocale su Whatsapp. Il fratello maggiore, Mohammad, spiega la tragica situazione del fratellino all’ospedale di Tripoli: medicine troppo costose, trasfusioni continue. Alessandro Ciquera, che parla arabo, traduce per Alberto Capannini, responsabile del Progetto Colomba della Giovanni XXIII. E si cominciano a progettare la seconda fuga e la terza vita.

La prima vita, 13 anni fa, è la nascita in una Siria allora in pace. La seconda è la fuga dalla Siria insanguinata al Libano. Mamma e sei figli. Il padre no. Non era mai uscito dalla prigione in cui il regime di Assad lo aveva rinchiuso, e dove era semplicemente scomparso. I morti svaniscono, in Siria.

Sfuggito al nemico umano, Musaab doveva però vedersela con un’altra insidia altrettanto letale, la leucemia. Ma il messaggio era arrivato. Accanto a Musaab c’era adesso Duilio Magri, 25 anni, volontario del Progetto Colomba, studente di Cooperazione allo sviluppo all’Università di Padova, in Libano per un turno di tre mesi. Per scappare occorre una organizzazione capillare. Andrea Odone di Abio si mette in contatto con il Gaslini di Genova, che si dichiara disposto ad accogliere il ragazzo. Con l’aiuto della Comunità di Sant’Egidio, ecco il visto medico dell’Ambasciata italiana. Infine la partenza. Magri parla così del suo giovanissimo amico siriano: «Musaab è un ragazzo estroverso, molto forte interiormente, decisamente motivato al momento del viaggio. È stato il suo primo volo, era eccitatissimo. Comunichiamo tra noi con il mio "arabo da battaglia", essenziale, appreso in queste settimane in Libano. A volte lo vedo contrariato perché ancora non riesco a capire tutto quello che mi dice».

Musaab riceverà in dono il midollo osseo del fratello Subeh. Il visto medico dura 90 giorni, la terapia dura di più. Quindi è assai probabile che Musaab chiederà lo status di rifugiato, per potersi curare a Genova. «La morale della favola – conclude Magri – è che il lavoro di squadra è vincente. E ha consentito a un ragazzo di poter vivere ancora. Sconfiggendo la morte».

Per salvare Musaab si sono attivate anche Caritas, la FlyAngels Foundation, l'associazone Abeo della Liguria, la Regione Liguria: una rete della solidarietà spontanea che si è rivelata in grado di salvare una vita. La Comunità Papa Giovanni XXIII cerca una aiuto per le spese mediche sostenute in Libano da Musaab (qui tutte le informazioni).

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