Ermanno Salvaterra durante la salita invernale del Cerro Torre, 18 anni fa - Archivio
Nel gruppo delle Dolomiti di Brenta, dove è stato rifugista per tanti anni e dove ha compiuto le sue imprese più ardite arrivando nel 1989 in sole 11 ore a salire ben cinque pareti in cinque diverse cime, Ermanno Salvaterra ha perso la vita precipitando nel primo pomeriggio di oggi per una ventina di metri sul Campanile Alto, in una delle vie ora considerate facili, la Hartmann-Krauss con difficoltà di quarto grado.
La forte guida alpina di Pinzolo, 68 anni e una carriera alpinistica già per tanti aspetti entrata nella storia dell’alpinismo, stava completando l’ascensione in compagnia di un cliente, rimasto illeso, quando ha perso un appiglio a quota 2.750 metri. All’arrivo dei soccorritori con l’elicottero di Trentino Emergenza, attorno alle 14.30, il suo corpo è stato individuato e recuperato, ormai senza vita, per essere poi trasferito alla cappella di Madonna di Campiglio.
Tristezza e cordoglio in tutta la val Rendena, dove la famiglia di Salvaterra era molto nota per aver gestito il rifugio “Ai Dodici Apostoli”, ma tutto l’alpinismo trentino è in lutto per la perdita di un suo protagonista indiscusso. “Ci lascia una grande persona – scrive in una nota la presidenza della SAT, la Società degli Alpinisti tridentini - fin da giovanissimo, con la sua famiglia che ne era conduttrice, ha passato le sue estati al nostro Rifugio XII Apostoli per diventarne poi, da adulto, il gestore ufficiale fino al 2007. Un lungo tratto di sentiero percorso assieme quindi, che lo inserisce, a buon diritto, tra i gestori storici del nostro Sodalizio che non dimenticheremo”.
Maestro di sci e guida alpina a soli 24 anni, Salvaterra si è distinto in tante discipline – compreso lo sci estremo, dove è stato recordman nel chilometro lanciato – ma è noto soprattutto come “uomo del Torre” (titolo di un suo libro), per aver aperto in Patagonia alcune vie sul Cerro Torre, anche in condizioni invernali. Suscitò qualche polemica la sua ripetizione della via compiuta dal grance conterraneo Cesare Maestri, a seguito della quale Salvaterra espresse qualche dubbio sulla tempistica dell’ascensione: un dibattito che lo stesso Ermanno cercò poi di smorzare definitivamente. Nel gruppo di Brenta – dove ha trovato la morte sul Campanile Alto, cima più alta ma meno nota e impegnativa del classico monolite del Campanil Basso – Ermanno Salvaterra era stato anche il custode della chiesetta dei Dodici Apostoli, scavata nella roccia 80 anni fa, dove anche quest’anno a fine luglio si sono ricordati i morti in montagna.
Il prossimo anno sarà ricordato anche lui, così come si rileggeranno alcuni suoi libri autobiografici come “Patagonia, il grande sogno” e si rivedranno alcuni filmati, come quelli realizzati in Alaska e nella terra di Baffin, dove Salvaterra aveva condotta la sua ricerca di esploratore. Poche settimane fa era stato fra i protagonisti della nona edizione di Brenta Open, la rassegna alpinistica per promuovere una montagna accessibile alle persone con disabilità, coinvolgendo anche i giovani del Liceo della Montagna di Tione. Una testimonianza dell’umanità che ha segnato l’alpinismo di Salvaterra, uomo dei record ma anche della montagna inclusiva.