Giuseppe Soffiantini nel 2007, con in mano una delle lettere ricevute da uno dei suoi rapitori, Giovanni Farina. Grazie all'aiuto dello stesso Soffiantini un libro è stato poi pubblicato: raccoglie 55 tra le 300 poesie inviate da Farina al suo ex ostaggio
Giuseppe Soffiantini è morto. L'imprenditore di Manerbio, nel Bresciano, che fece stare l'Italia col fiato sospeso è deceduto a 83 anni per problemi al cuore, quel cuore che batteva all'impazzata quando per 237 giorni fu tenuto prigioniero per mano dell'Anonima sequestri: una banda capeggiata da Mario Morto, ex pastore di Ovodda, paese sardo nel Nuorese. Era il 17 giorni del 1997 quando tra le 22.30 e le 23 l'impreditore tessile viene prelevato dalla sua villa a Menerbio.
I rapitori, un gruppo di esperti banditi, prima imbavagliano sua moglie, morta meno di un anno fa e la sua collaboratrice domestica, poi lo portano via. Fu rinchiuso in diversi covi tra la Calvana, catena montuosa toscana, le montagne pratesi e le campagne tra Grosseto e Siena, dove fu tenuto in condizioni disumane da Giovanni Farina e Attilio Cubeddu. Si tratta di uno dei sequestri più lunghi e particolari avvenuti in Italia. Nel corso del sequestro, il 17 ottobre 1997, fu ucciso a Riofreddo, durante un blitz fallito per tentare di liberare Soffiantini, il poliziotto Samuele Donatoni, ispettore del Nocs. È il 9 febbraio 1998, sono circa le nove di sera quando Adele risente al telefono la voce del marito: "Sono libero, venitemi a prendere". Soffiantini è all'Impruneta, alle porte di Firenze. Viene versato un riscatto di cinque miliardi di lire.
Soffiantini lascia tre figli Carlo, Giordano e Paolo. La camera ardente verrà allestita alla Poliambulanza, l'istituto ospedaliero bresciano dove era ricoverato da qualche giorno e dove è orto la scorsa notte.