La delegazione italiana di parlamentari e europarlamentari di Pd, Avs, M5s e delle ong italiane a L'Aja - .
Delegittimare la Corte penale internazionale colpirebbe tutta l'architettura del diritto internazionale. A lanciare l'allarme dall'Aja sono le ogn italiane - Aoi, Arci, AssopacePalestina, Educaid, Acs - insieme a una delegazione di parlamentari dell'Intergruppo per la Pace tra Palestina e Israele e da europarlamentari italiani di M5S, Pd e Avs, che hanno preso parte questa mattina a una serie di incontri con i vertici della Cpi a L'Aja, nei Paesi Bassi. «Durante i nostri incontri - affermano le ong - è stato riaffermato con forza che la giustizia deve rimanere imparziale e universale: nessuno può essere al di sopra della legge, indipendentemente da etnia o religione».
A destare «grave preoccupazione» sono le recenti dichiarazioni di alcune figure istituzionali italiane, tra cui il Presidente del Senato Ignazio La Russa e il Vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, che hanno definito ''facoltativi'' i mandati di cattura emessi dalla Cpi, compresi quelli rivolti al Primo Ministro israeliano Netanyahu e all'ex Ministro della Difesa Yoav Gallant. «La Cpi ha ribadito che, in quanto firmataria dello Statuto di Roma, l'Italia ha obblighi precisi che non possono essere disattesi».
Alla delegittimazione politica di esponenti politici italiani - ma anche in Francia - si aggiunge una proposta di legge attualmente in discussione al Congresso degli Stati Uniti, che prevede sanzioni contro i membri della Corte, «arrivando persino a etichettarla come un'organizzazione ''para-terroristica''. Qualora queste iniziative prendessero piede - sostengono le organizzazioni della società civile - si rischierebbe di compromettere l'intera architettura del diritto internazionale, con conseguenze gravissime per i processi in corso e per il futuro della giustizia globale. Nonostante le pressioni - incluse le accuse da parte della Knesset di ''complottare contro lo Stato di Israele'' - la società civile prosegue il proprio lavoro nel pieno rispetto del diritto internazionale. I rapporti basati su testimonianze dirette delle vittime e prove delle violazioni rappresentano strumenti fondamentali per le indagini della Cpi». Per le ong italiane «la Corte Penale Internazionale è uno degli ultimi baluardi contro la barbarie globale. La società civile ha il compito cruciale di contrastare ogni tentativo di delegittimazione e di proteggere questa istituzione. La giustizia internazionale -concludono - rappresenta una speranza concreta per milioni di persone e non può essere messa in discussione».
Perplessità sull'operato della Cpi sono arrivate oggi anche da Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri, sul mandato di arresto al premier israeliano: «Come si concilia una decisione del genere con la consuetudine a livello internazionale di riconoscere immunità a capi di Stato e di governo in carica? Ma la ricaduta più grossa si ha proprio sull'operatività concreta: se uno dei Paesi che aderisce alla convenzione dell'Aja, volesse prendere un'iniziativa di pace sul fronte ucraino o del Mo ci sarebbero problemi nell'ospitare i soggetti coinvolti nel conflitto perché ha anche il dovere di dare esecuzione a queste decisioni».
Nella delegazione italiana stamattina c'era anche Laura Boldrini, deputata Pd. Per la presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, «la parola d'ordine oggi è salvare la Corte penale internazionale come istituzione giurisdizionale il cui scopo è affermare la legalità internazionale; salvare i tanti procedimenti in corso e proteggere chi vi lavora, oltre 1000 persone di 109 paesi. Oggi purtroppo la Corte vive in una condizione di assedio, è sotto attacco non solo da parte di autocrazie, ma anche di alcune democrazie. Se le sanzioni minacciate dagli Stati Uniti dovessero essere messe in atto sarebbe la fine della Corte perché verrebbe considerata al pari di uno 'stato canaglia' con cui per altri Stati, istituzioni, aziende, banche e altri soggetti sarebbe impossibile collaborare». «È la prima volta che la Corte Penale Internazionale dell'Aja viene delegittimata -concorda l'eurodeputato Pd, Sandro Ruotolo - mentre ci sono due gravi conflitti in corso come quello in Medio Oriente e in Ucraina».
«La Corte Penale Internazionale rischia di chiudere i battenti - concorda il leader di SI Micola Fratoianni - perché ha osato emettere un mandato d'arresto nei confronti di Netanyahu e del suo ex ministro della difesa Gallant. Bisogna difendere la Corte Penale Internazionale. Siamo di fronte ad una guerra al diritto internazionale e se muore il diritto se muore la corte, allora resta solo la forza delle armi, la brutalità della guerra e dei crimini di guerra». Le preoccupazioni espresse dai procuratori a L'Aja «sono molto più gravi di quelle che avevamo anche solo immaginato».
«Le Istituzioni europee devono reagire a quello che si prefigura come un certificato di morte per la Corte stessa e noi lotteremo affinché la Commissione europea deliberi un atto delegato in sua difesa. Noi saremo la scorta civile della Cpi», dichiarano i deputati del M5s Stefania Ascari, Carmela Auriemma, Valentina Barzotti, Dario Carotenuto e Arnaldo Lomuti e gli europarlamentari Danilo Della Valle e Gaetano Pedullà. E aggiungono: «Lo Statuto di Roma che istituisce la Corte penale internazionale è chiaro e non lascia spazio a fraintendimenti. L'immunità a Netanyahu e Gallant, paventata dalla Francia ma anche da esponenti del governo italiano, non è applicabile. Il mandato d'arresto emesso lo scorso 22 novembre nei confronti dei due membri del governo israeliano va eseguita senza se e senza ma, nel caso in cui si dovessero recare in uno dei 124 Paesi che hanno sottoscritto lo Statuto. Nel giorno in cui il bilancio delle vittime dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza è salito a circa 44.875 morti e 106.454 feriti la conferma che abbiamo ricevuto durante la nostra missione presso la Corte penale internazionale lascia ben sperare che la forza del diritto vincerà e prevarrà sulla forza delle armi e del potere».