L'esterno dell'Istituto penale minorile "Cesare Beccaria" di Milano - ANSA
Il sistema italiano della giustizia minorile fino a qualche anno fa era preso come modello da altri Paesi d’Europa ma adesso mostra delle falle difficili da colmare in tempi brevi: sovraffollamento, disorganizzazione, carenza di personale e di progetti di reinserimento sociale lo hanno reso blindato, violento, solo repressivo, e per niente educativo, come invece dovrebbe essere, secondo la Costituzione e il buon senso.
L’ultimo dossier dell’associazione Antigone mette in evidenza, infatti, numeri che fanno preoccupare anche rispetto alla grave crisi dell’apparato carcerario che riguarda gli adulti, dove il disagio cresce ogni giorno di più (73, fino a ieri, i suicidi dietro le sbarre). Enon bisogna dimenticare che, ad aggravare un quadro già precario, per i minori sottoposti a provvedimenti restrittivi è stato riscontrato (come sottolinea lo stesso Rapporto) anche un abuso di psicofarmaci, che corrisponde a un aumento dei disturbi dell’umore, dell’ansia e della depressione. E sono sempre più frequenti, nelle celle, gli atti di intolleranza e autolesionismo, le aggressioni, i tentativi di fuga (come accaduto più volte, per esempio, al “Cesare Beccaria” di Milano).
Al 15 settembre scorso erano 569 i ragazzi dai 14 ai 25 anni detenuti nei 17 Istituti penali per minori presenti sul territorio nazionale: il numero più alto mai fatto registrare, anche a fronte di una capienza massima regolamentare di 516 posti, che fa alzare il tasso doi affollamento medio al 110%. Inoltre, da quando si è insediato l’attuale governo, ovvero nell’ottobre del 2022, c’è stato un incremento delle incarcerazioni di persone minori d’età pari al 50%, conseguenza di norme che hanno spostato il baricentro del sistema sulla criminalizzazione, cioè sulla detenzione, più che su misure alternative e di recupero sociale. E anche gli ingressi complessivi dietro le sbarre di minori (il 61%) e di giovani adulti (39%) hanno avuto lo stesso effetto, essendo cresciuti come mai prima d’ora: alla data presa in esame da Antigone, infatti, sono stati 889. E sono 12 le carceri minorili che ospitano più reclusi di quelli che dovrebbero (e che potrebbero), mentre gli altri cinque sono quasi “off limits”. Per far fronte alle presenze in eccesso si ricorre spesso a lettini da campeggio che vengono aggiunti alle brandine nelle celle, se non, in alcuni casi, anche a materassi sistemati sul pavimento. Una situazione intollerabile. La causa di questo sovraffollamento (fenomeno che sta diventando dunque “endemico” in tutto il sistema carcerario italiano) è da ricondurre ai decreti legge con i quali l’esecutivo ha creato altre fattispecie di reati applicabili ai minori di età. Il "dl" Caivano, per altro, ha reso più facile il trasferimento dei ragazzi che hanno compiuto la maggiore età verso un carcere per adulti «misura troppo spesso applicata per problemi di sovraffollamento o per gestire situazioni problematiche, ma che va a interrompere un percorso educativo magari già da tempo avviato rendendo ben più ardua la reintegrazione sociale del giovane» osserva Antigone nella relazione che accompagna il Report. E se non ci fossero questi trasferimenti, che troppo speso avvengono senza preavviso, il sovraffollamento negli Ipm sarebbe ancora più grave.
«I numeri – spiega Susanna Marietti, coordinatrice nazionale e responsabile dell’osservatorio sulle carceri minorili di Antigone – crescono proprio per effetto del decreto Caivano, approvato per rispondere a una presunta emergenza criminalità minorile che i dati ci dicono non esistere. Nel 2023, infatti, i ragazzi denunciati e/o arrestati sono diminuiti del 4,15% rispetto al medesimo dato raccolto nel 2022, permanendo ad un livello che già in passato era stato registrato, senza che questo avesse portato a stravolgere il sistema della giustizia minorile creando una situazione di malessere generalizzato. Proprio questo malessere è sfociato in numerosi atti di protesta che hanno coinvolto la quasi totalità degli istituti minorili presenti in Italia».
«Queste proteste – aggiunge la dirigente dell’associazione – dovrebbero portare ad ascoltare questi ragazzi, capire cosa hanno da dire, mentre il messaggio implicito che arriva sembra essere quello del “teneteli voi, neutralizzateli”, senza preoccuparsi del loro futuro e del loro recupero sociale». Non di rado i ragazzi che hanno vissuto la drammatica esperienza in un carcere minorile, raccontano quello che hanno, o non hanno, fatto durante la detenzione. Come Omar, 20 anni, di origini egiziane, che ora è stato trasferito nella Casa di reclusione di Bollate: «Stavo per tutto il giorno sulla branda a guardare il soffitto e, a parte l’ora d’aria, ho infilato centinaia di perline per fare collane, niente di più, se non una noia infinita».