Il ministro della Salute Roberto Speranza - Ansa / Epa
Nell’attesa che il Parlamento intervenga sul suicidio assistito, Asl e Regioni devono poter attuare - e in modo omogeneo sul territorio - la sentenza della Consulta. È l’indicazione che arriva dal ministro della Salute Roberto Speranza, in risposta all’appello di un uomo tetraplegico che chiede di poter interrompere la sua vita.
Mario, senza il cognome per motivi di privacy, ha 43 anni e da dieci è a letto, paralizzato per una lesione spinale da incidente. In una lettera aperta - pubblicata da La Stampa - Mario ha rivolto un appello al ministro Speranza e al premier Mario Draghi: «Voglio morire con dignità, vi prego, ora lasciatemi andare». Rivendicando contemporaneamente il suo diritto all’eutanasia con farmaco letale fornito dalla Asl. L’uomo precisa di non volere la sedazione profonda e le cure palliative: «Sarebbe una morte atroce sia per me che per i miei cari che vedrebbero il mio corpo consumarsi lentamente sotto sedazione».
Nella sua risposta il ministro della Salute afferma che la Corte costituzionale «ha stabilito che una persona, qualora ricorrano i requisiti che il comitato etico competente deve verificare, ha il diritto di chiedere a una struttura pubblica del servizio sanitario l’assistenza al suicidio medicalmente assistito. L’attesa e l’auspicio di una legge - aggiunge Roberto Speranza - non possono perciò esimere tutti, quali che siano le diverse legittime posizioni su un tema così delicato, dal prendere atto che la sentenza della Consulta non può essere ignorata».
Il ministro precisa che «è un tema che riguarda le aziende sanitarie e ospedaliere locali, le Regioni, titolari della responsabilità della loro gestione e organizzazione, e il Governo, chiamato a garantire l’uniformità della garanzia di diritti costituzionali su tutto il territorio nazionale».
Per questo, prosegue Speranza, «il Ministero della Salute ha avviato già nei mesi scorsi un confronto con le Regioni» con l’obiettivo di superare «due problemi che rischiano di ostacolare l’attuazione della sentenza della Consulta». Primo: «Una ricognizione regione per regione sulla natura e sulla composizione dei comitati etici territoriali, per verificare la loro presenza e la loro adeguatezza a svolgere il delicato ruolo che la Consulta ha affidato loro». Secondo: «L’opportunità di un’intesa fra Governo e Regioni, che possa consentire a queste ultime di fornire indicazioni chiare e univoche alle rispettive aziende sanitarie locali sulla procedura di applicazione del dispositivo della Consulta».
Speranza concorda sul fatto che il fine vita «è naturalmente uno di quegli argomenti su cui si confronta un pluralismo insuperabile di punti di vista etici, culturali, teorici, religiosi, che in un ordinamento democratico come il nostro non può che trovare la sua espressione politica anzitutto nel Parlamento. Sono personalmente convinto da tempo della necessità e dell’urgenza di un intervento legislativo in materia».
Un’azione di governo per «consentire l’applicazione più uniforme possibile, al di là di ogni legittima posizione politico-culturale, della sentenza della Corte Costituzionale», per Speranza è «il modo migliore di rispettare il lavoro del Parlamento, che alla Camera ha ripreso ad affrontare il tema, e più in generale di un dibattito etico e culturale che su questa materia è molto vivo nella società e che auspico possa trovare sintesi proprio nel dibattito parlamentare».