Migranti al “Gran ghetto” nelle campagne tra San Severo e Rignano (Ansa)
Ecco i nuovi, attesi quanto devastanti, effetti del “decreto sicurezza”. Sono circa 500 i migranti che in questi giorni vivono nella baraccopoli nelle campagne tra Rignano Garganico e San Severo, nel Foggiano, quello che chiamano il “Gran ghetto”. Le presenze sono quasi il doppio rispetto a quelle che negli anni passati, durante le festività natalizie, si sono registrate nell’accampamento della Capitanata. «Un numero destinato a crescere quando finirà la raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria, e centinaia di braccianti extracomunitari torneranno qui per poter lavorare nei campi di pomodori» commenta don Andrea Pupilla, direttore della Caritas diocesana di San Severo. «Ma l’incremento delle presenze è un effetto della nuova legge – commenta il sacerdote – perché i ghetti si riempiono quando Cara e Cpr si svuotano: basti pensare al Centro di accoglienza e per richiedenti asilo di Borgo Mezzanone, presso Manfredonia, che da mille presenze oggi ne conta solo 200». Dove sono andati gli altri 800? Se ne vanno dalle strutture pubbliche e si appoggiano nelle baraccopoli abusive diventando “merce umana” a disposizione dei caporali.
«La situazione nel "gran ghetto" è peggiorata – precisa don Pupilla –, a Natale ho visto altre capanne sorgere e un casolare abbandonato è stato occupato: così aumenta l’illegalità e il problema non si risolve, semmai si sposta da un luogo all’altro. Pensiamo a quello che potrà succedere a marzo-aprile, alla ripresa del lavoro nelle coltivazioni ortofrutticole della zona...». Il numero dei migranti in queste campagne, la prossima estate, potrebbe anche superare le mille unità. Dallo scorso settembre si attende qui l’installazione dei moduli acquistati da Regione Puglia per ospitare gli immigrati cercando di sottrarli, così, dalle grinfie del caporalato che si allungano anche nell’offerta (scalando l’affitto sul già magro salario) di un buco per dormire, che può costare anche 200 euro al mese. «Perché non cominciano a montare le casette, visto che il Consiglio comunale di San Severo ha approvato da mesi la variante al piano regolatore?» si domanda don Pupilla. Burocrazia o disinteresse?
Pensare che quest’estate il problema era diventato una priorità del governo, dopo la strage dei 16 giovani migranti rimasti schiacciati all’interno dei camioncini, dove erano stipati come bestie. «Ora il bisogno più grande di questi disperati non è tanto avere coperte e indumenti per affrontare l’inverno – dice don Pupilla –, ma procurarsi i documenti necessari a ottenere il permesso di soggiorno».
Anche le baracche e le tende dei tre campi di San Ferdinando, vicino a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, sono affollate più del solito: oltre 3mila persone a dicembre. «Sono 600 in più dell’anno scorso a vivere in questo “inferno” e continuano ad arrivare – commenta Vincenzo Alampi, direttore della Caritas di Oppido Mamertina-Palmi –, sono venuti qui per raccogliere mandarini da Lazio, Campania, Puglia e persino dal Piemonte, dormono sotto le tende nei sacchi a pelo o nelle baracche che si costruiscono da soli, sono approdati a San Ferdinando dopo la chiusura di vari Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) e Cas (Centri di accoglienza straordinaria)». Gente che non ha niente, solo paura e fame, «e noi cerchiamo di aiutarli». Fino ad aprile rimarranno nel centro calabrese poi si sposteranno altrove per un’altra stagione in balia degli sfruttatori. «Migliaia di persone si butteranno nelle strade e nelle campagne – dice Alampi – e sarà una situazione ingestibile».