La nave della ong Sea Watch, rimasta per 12 giorni al largo di Siracusa senza poter far sbarcare i 47 migranti che aveva salvato (Ansa)
La Procura di Agrigento ha disposto il dissequestro della Mare Jonio, la nave della missione Mediterranea, sottoposta a sequestro probatorio a metà della scorsa settimana. Nel decreto di dissequestro non viene indicata alcuna prescrizione per la nave a cui non è impedito di riprendere il largo.
Un’operazione che però non sarà immediata. «Siamo contenti per il dissequestro della nave Mare Jonio, ce l’aspettavamo. Perché, come sempre abbiamo detto, siamo molto sereni e sicuri. Noi andiamo avanti a testa alta», ha detto Luca Casarini, il capo missione della nave Mare Jonio. «Adesso dobbiamo riorganizzare le cose – spiega Casarini – l’inchiesta va avanti, e io sarò interrogato martedì prossimo».
Anche per questa ragione difficilmente la nave umanitaria potrà tornare nell’area di ricerca e soccorso prima di mercoledì prossimo. Il dissequestro «è una buona notizia, perché Mare Jonio è di nuovo a disposizione. Noi non ci siamo mai fermati, continuiamo a occuparci di un dramma umanitario che sta accadendo a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste. E lo facciamo in terra oltre che in mare».
Nell'ambito dell'inchiesta sono stati iscritte nel registro degli indagati due persone, il Comandante della nave Pietro Marrone e il
capo missione Luca Casarini. I due sono indagati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e per il mancato rispetto dell'ordine di arrestare l'imbarcazione da parte di una nave da guerra. Marrone è già stato interrogato la scorsa settimana, per quasi sette ore, a Lampedusa, Casarini verrà invece interrogato, alla presenza del suo legale Fabio Lanfranca, martedì 2 aprile alla Procura di Agrigento.
Sequestro di persona sui migranti della Sea Watch
Intanto emergono novità su un'altra missione in mare, quella della Sea Watch: «Sequestro di persona» è il reato che secondo la Procura di Roma è stato commesso ai danni dei 47 migranti, tra i quali 15 minori non accompagnati, che nel gennaio scorso hanno dovuto attendere per 12 giorni l’ok allo sbarco. A rischiare una nuova incriminazione non è solo Matteo Salvini, ma stavolta anche il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.
La competenza dell’inchiesta, però, passa alla procura di Catania, che su questo episodio stava già indagando dopo che erano state depositate alcune denunce e successivamente all’inchiesta di Avvenire sul «segreto» apposto dal Viminale e dal ministero delle Infrastrutture su quanto accaduto in quei giorni. Trattandosi di «reati ministeriali», dovrà essere il Tribunale dei ministri di Catania a monitorare il caso.
La Guardia costiera ha consegnato un circostanziato rapporto nel quale emergono anomalie che vanno chiarite e che riguardano anche la gestione dei minori non accompagnati, che per legge vanno fatti sbarcare subito. All’ipotesi di sequestro di persona, se venisse condivisa anche dal procuratore etneo Carmelo Zuccaro (che oggi riceverà gli atti da Roma attraverso la procura di Siracusa, originariamente competente poiché la Sea Watch era stata trattenuta alla fonda davanti alla città) potrebbe aggiungersi l’aggravante del pregiudizio ai minorenni.
Secondo la procura capitolina, che aveva ricevuto un esposto e che aveva annotato l’inchiesta di Avvenire sul segreto opposto dalle autorità sul caso Sea Watch e le anomalie nella gestione dei minori, ci sono gli estremi per contestare il reato di sequestro di persona a carico di chi ha dato l’ordine di tenere la nave alla fonda e poi trasferirla a Catania. Come rivelato dal nostro giornale, nonostante le reiterate richieste del Tribunale dei minorenni di Catania, i minori non furono fatti sbarcare.
Peraltro compiendo «violazioni certe», come ha dichiarato a Report il procuratore dei minori di Catania, Caterina Ajello. «Violazioni» finite poi sul tavolo del procuratore Carmelo Zuccaro che stava già indagando e che adesso otterrà nuovi elementi.
L’indagine, coordinata a Roma dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, era stata aperta in seguito a un esposto presentato lo scorso 1 febbraio, in cui veniva ipotizzato il reato di omissioni di atti di ufficio.
La Sea Watch era arrivata nelle acque di Siracusa il 25 gennaio, dopo essere stata allontanata da Lampedusa proprio mentre la procura di Agrigento voleva interrogare i migranti su un naufragio e una strage in mare avvenuta nei giorni precedenti. L’autorizzazione a sbarcare venne poi concessa il 31 gennaio ma a Catania, costringendo la Sea Watch a lasciare Siracusa dove il procuratore Scavone non aveva ravvisato alcuna irregolarità da parte dell’equipaggio. Parere poi confermato anche da Zuccaro che aveva avviato analoga inchiesta a Catania.
Il garante dei detenuti
Ma i fronti giudiziari potrebbero moltiplicarsi. Il Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, ha ribadito nella relazione annuale presentata alla Camera, «l’intenzione di monitorare situazioni di privazione di fatto delle libertà personale effettuata sia su navi in acque territoriali italiane (sia battenti bandiera italiana, come la nave "Ubaldo Diciotti", che straniera, come la "Alexander Maersk" o la "Sea Watch") sia su navi italiane in acque internazionali (come ad esempio la nave "Asso 28")». Tutti episodi per i quali sono stati presentati ricorso anche alla Corte europea dei Diritti dell’uomo.