La Ocean Viking soccorre un barchino in avaria con 11 persone. - Anthony Jean / Sos Mediterranée
Sono decine i morti in mare nell’ennesima strage avvenuta davanti alle coste libiche. Ieri le autorità di Tripoli parlavano di 5 dispersi. Ma dopo un giorno di ricerche e verifiche incrociate tra diverse fonti, è arrivata la terribile conferma. All'appello mancherebbero un centinaio di persone. Fonti nell'ospedale di Zuara assicurano che si sta facendo il posibile per salvare una trentina di ustionati, dai quali sono state raccolte testimonianze sommarie. Alcuni hanno spiegato che il barcone era salpato con circa 130 persone.
Quella di ieri è stata una giornata con diversi episodi inediti. Con una motovedetta libica che segue un motoscafo con 11 migranti diretti verso l'Italia. E non interviene. Fino a quando la barca in vetroresina non va in avaria e, in lontananza, non appare la sagoma di Ocean Viking, la nave di soccorso di Sos Mediterranée. E a quel punto, insolitamente, sono proprio gli uomini del Gacs, una delle polizie marittime libiche equipaggiate e addestrate dall'Italia, a chiedere all'Ong di intervenire. Non bastasse: uno dei migranti ha rifiutato il salvataggio, ed è tornato indietro con il pattugliatore libico.
Alcune ore prima si era consumata un'altra tragedia. Un barcone con un centinaio di persone nel corso della notte aveva contattato Alarm Phone. I naufraghi a bordo chiedevano aiuto perché era scoppiato un incendio, forse a causa dell'esplosione del motore. Alcune ore dopo è giunta una motovedetta libica che ha riportato a terra un imprecisato numero di persone. Alcuni parenti rimasti in Libia hanno confermato che ci sono dei superstiti, ma altri sono dispersi: «Non sappiamo quanti siano. Ancora una volta delle persone sono state uccise alla frontiera esterna dell'Europa», ha commentato Alarm Phone su Twitter. Alcune fonti libiche riferiscono di un altro barcone intercettato in mare: 45 persone sono state riportate a terra, mentre 5 migranti sono dispersi.
Dall'inizio dell'anno secondo l'Oim, l'agenzia Onu per i migranti, sono 292 le persone affogate nel Mediterraneo, a cui va aggiunto un imprecisato numero di dispersi dei quali le autorità libiche continuano a non fornire aggiornamenti.
Ombre che restano anche sull'episodio di ieri mattina, quando dalla motovedetta al largo di Zuara hanno chiesto a Ocean Viking di intervenire e verificare le condizioni di salute degli 11 migranti bloccati nel motoscafo rimasto a motore spento, «poiché sulla nostra motovedetta – hanno spiegato via radio i libici – non abbiamo personale sanitario».
«Tutte le donne e i bimbi – spiega la Ong – vomitavano a bordo della barca. Il medico ha eseguito una valutazione sanitaria. Temeva grave disidratazione e sfinimento, soprattutto per i bambini. Ora sono tutti seguiti dai nostri team».
Gli ufficiali del Gasc non hanno avuto nulla da obiettare, affidando perciò i migranti a Sos Mediterranée. Prima di rientrare in porto, distante circa 40 miglia, hanno però prelevato dal motoscafo l'uomo, la cui nazionalità è sconosciuta, che non ha voluto essere soccorso.
Lungo la rotta del Mediterraneo Centrale, che porta alle coste italiane, gli arrivi di migranti in febbraio sono quasi raddoppiati rispetto a febbraio 2020, a circa 3.300. Lo comunica Frontex. In gennaio e febbraio 2021 il numero totale degli arrivi è stato di 4.300, in crescita del 26%: tunisini e ivoriani sono i gruppi nazionali più numerosi. Nel complesso nell'Ue gli arrivi di migranti sono calati del 40% nei primi due mesi del 2021 rispetto al corrispondente periodo del 2020, a 12mila, principalmente per via di decrementi sulle rotte del Mediterraneo Occidentale e Orientale. In febbraio il numero totale è stato 4.650, circa la metà di febbraio 2020.
Al 10 marzo, 3.170 rifugiati e migranti sono stati registrati come intercettati in mare dalla cosiddetta guardia costiera libica e riportati a terra. La popolazione, informa l'ultimo reporta dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, comprende 2.613 uomini, 264 donne e 293 bambini. «Finora – aggiunge Unhcr–Acnur – la maggior parte di coloro che sono tornati quest'anno nei porti libici provengono dal Mali (22%), dal Sudan (20%) e dalla Guinea (11%)».
Un recente rapporto della missione Onu in Libia ha ribadito che i migranti prigionieri nei campi gestiti dalle autorità »hanno raccontato di essere vittima di rapimenti a scopo di riscatto, tortura, violenza sessuale e di genere, lavoro forzato e uccisioni».