La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ospite ieri sera a "4 di sera" su Rete 4 - Ansa
Per la ripresa di settembre Giorgia Meloni punta forte sull’economia, con la manovra ormai alle porte. Assicura che il centrodestra «è compattissimo », si definisce «serena e ottimista», fa suo il tema delle pensioni minime (uno dei più cari a Forza Italia) e lancia lo slogan “più assumi e meno paghi” per riassumere lo spirito a cui sarà improntato la legge di Bilancio. Per spiegare agli italiani mosse e valutazioni che ha in mente la presidente del Consiglio torna in tv, ospite di Paolo Del Debbio a Rete4 (dopo un post in mattinata). Tutti i casi più recenti sembrano non scalfire la sua asserita tranquillità: non il “caso Sangiuliano” (vedi sotto), non il polverone sulla presunta volontà di rivedere l’assegno unico per i figli («Invece di fare propaganda, il Pd ci aiuti a difenderlo dall’Europa, io non ho alcuna intenzione di abolirlo, tutt’altro»), non le tensioni sull’autonomia delle Regioni con cui, ripete, «non stiamo spaccando l’Italia, ma cerchiamo di riunificarla». Sull’immigrazione ribadisce che «piano piano le risposte mi pare stiano arrivando». C’è spazio anche per qualche considerazione sul tragico caso della famiglia sterminata a Paderno Dugnano: «Sono scioccata, credo che non stiamo capendo quel che sta accadendo alle giovani generazioni». In generale, comunque, mente e occhi della leader di FdI sono puntati sui dati economici. Per questo, confortata da quelli Istat sul Pil (vedi a lato), torna a ripetere che «l’Italia sta crescendo più di altre Nazioni europee», con l’aggiunta dell’export e della disoccupazione più bassa dal 2008. Numeri che lei legge come un segnale di fiducia per il governo, la prova delle «scelte serie che abbiamo fatto» in questi primi due anni a Palazzo Chigi. E che intende proseguire: per questo «la stagione dei soldi gettati dalla finestra e dei bonus è finita » e nella manovra «tutte le risorse disponibili saranno concentrate nel sostegno alle imprese che assumono». La stesura del menù della manovra si sta concentrando perciò, oltre che sul capitolo tasse, anche sulle misure a sostegno di chi crea lavoro. Difficile, dunque, che si rinunci a confermare la maxi-deduzione al 120% (maggiorata al 130% per giovani, donne e beneficiari del Reddito) per le imprese che assumono a tempo indeterminato, in scadenza a fine anno. Così come sembra sicura l’estensione alle autonome dello sgravio per le lavoratrici madri. Mentre si starebbe lavorando a rimodulare i fringe benefit, con l’ipotesi di un tetto unico per tutti a 1.500-2mila euro. La novità che più colpisce, dopo le frizioni politiche degli ultimi tempi con Antonio Tajani leader di FI (su ius scholae e autonomia), è certo l’apertura di Meloni sulle pensioni. Si tratta proprio del capitolo su cui più si battono i forzisti. «È una delle nostre priorità », scandisce in tv la premier, aggiungendo che un’altra è «la sicurezza, penso che qui si possa fare molto di più». Sulle pensioni, spiega, «in questi due anni noi abbiamo lavorato per una rivalutazione piena di tutte quelle che arrivavano fino a 2.270 euro al mese, ma abbiamo fatto una rivalutazione al 120% per le pensioni minime. Continueremo a farlo perché queste persone sono quelle che hanno maggior bisogno di aiuto». Ed è un’apertura che colpisce ancor di più per il contrasto con il resto del dossier previdenza, che appare invece in salita malgrado le spinte della Lega per la problematica “Quota 41” per le uscite anticipate. Per definire quello che entrerà davvero nella legge di Bilancioda 25 miliardi circa per il 2025, si attende però di avere un quadro più certo sulle risorse a disposizione. Qualche elemento in più si avrà giovedì 5, quando arriveranno i dati sull’autoliquidazione delle imposte. Subito dopo il Mef passerà a chiudere il lavoro sul Piano strutturale di bilancio (Psb), il nuovo documento da spedire all’Ue (entro il 20 settembre) e che prenderà il posto della Nadef e definirà la cornice finanziaria della manovra. Oltre agli obiettivi programmatici pluriennali per mantenere la traiettoria di spesa netta, che per 5 anni non potranno essere rivisti se non in casi particolari, come un nuovo governo o circostanze eccezionali. In questa nuova cornice potrebbe subire qualche ritocco il piano di privatizzazioni. Già in primavera il Def aveva ridimensionato l’obiettivo iniziale di arrivare all’1% del Pil, portando l’obiettivo complessivo del triennio 2024-26 allo 0,7% (circa 14 miliardi rispetto ai 20 iniziali). Al momento il bottino è a quota 3 miliardi, ma non si escludono nuove mosse, mentre è più fumosa la partita di Poste dove lo Stato non intende scendere sotto il 51%, con l’effetto di ridurre il potenziale incasso a 2 miliardi. Il lavoro dei tecnici intanto prosegue senza sosta sulle simulazioni che serviranno al Mef per mettere nero su bianco le misur. La premier, come detto, vuole concentrare tutte le risorse possibili per le imprese e anche «per rafforzare il potere di acquisto delle famiglie e dei lavoratori». Taglio del cuneo fiscale e conferma dell’Irpef a tre aliquote sono già garantite. Se si riusciranno a tagliare le aliquote anche al ceto medio dipende da come andrà il concordato preventivo biennale. Il nodo coperture intanto agita le opposizioni, che temono una stagione di tagli. «Siamo molto preoccupati per i conti», dice il presidente dei senatori dem Francesco Boccia, che chiede al governo di riferire in Parlamento.