Un'educatrice con alcuni bambini di scuola materna - Imagoeconomica
A gennaio mezzo milione di bambini potrebbero restare senza scuola dell’infanzia. È il drammatico allarme lanciato dalla Fism, la Federazione italiana scuole materne, che aveva chiesto al governo un aiuto per affrontare il caro-bollette ma, sostiene il presidente nazionale Giampiero Redaelli, «non siamo stati ascoltati». «La nostra non è una minaccia ma una reale possibilità se l’esecutivo continuerà ad ignorare questa richiesta di aiuto», sottolinea Redaelli, a nome delle novemila realtà educative associate alla Fism e frequentate, appunto, da più di 500mila bambini tra 0 e 6 anni. L’appello della Federazione arriva a poche ore da una nuova riunione del Consiglio dei ministri prevista per oggi.
«Avevamo proposto un emendamento specifico in vista della conversione in legge del decreto Sostegni bis, ma siamo stati inascoltati – ricorda Redaelli –. Ora le scuole non intendono più gravare sulle famiglie, sulle quali ricadrebbe l’inevitabile aumento dei costi riguardanti il rincaro delle bollette energetiche e gli aumenti provocati dall’inflazione», continua il presidente nazionale della Fism, che si dice «stupito» che non vengano concesse alle scuole paritarie le misure offerte alle imprese.
«Se, come previsto dalla Costituzione e dalla legge 62/2000 – sottolinea Redaelli – il sistema scolastico nazionale è fondato sulle scuole paritarie e statali, lo Stato non può ignorare la presenza di queste scuole, in particolare quelle che, svolgendo un servizio pubblico, garantiscono la scolarizzazione di oltre il 30% dei bambini da 3 a 6 anni».
Proprio per sensibilizzare le comunità locali sulla drammatica situazione delle scuole materne paritarie, in queste ore gli istituti di tutta Italia sono stati sollecitati a promuove e attivare iniziative per richiamare l’attenzione sul rischio concreto di chiusura. Che avrebbe ricadute devastanti su moltissimi territori, dove le materne paritarie sono le uniche a garantire questo importante servizio alle famiglie. Molte scuole, dal Nord al Sud, si sono già dichiarate pronte a dare per la prima volta un «forte segnale» che potrebbe arrivare addirittura a bloccare i servizi appena ripartiti.
Nei giorni scorsi la Fism è intervenuta anche chiedendo che prima di pensare di rendere obbligatoria la frequenza della scuola dell’infanzia - come proposto da alcuni partiti - si pensi di renderla gratuita per tutti, anche per le famiglie dei bambini delle scuole non statali che, invece, sono ancora costrette a versare la retta. «Attivarsi affinché sia garantita la gratuità per la frequenza alle scuole d’infanzia paritarie, per il segmento 3-6 anni, così come attualmente previsto per l’offerta pubblica in capo allo Stato, ai Comuni ma non per quella delle scuole paritarie», è l’appello lanciato alle forze politiche in vista delle elezioni del 25 settembre. La Federazione chiede inoltre che i candidati si facciano promotori di iniziative per, si legge in una nota, il «raggiungimento della generalizzazione e gratuità per tutte le famiglie dell’accesso alla scuola d’infanzia superando il concetto di costo storico in termini di investimenti per passare a quello del raggiungimento dei fabbisogni standard». L’intento è quello di colmare «il forte divario Nord-Sud e centro-periferia» e puntare all’approvazione dei «livelli essenziali delle prestazioni in campo di educazione ed istruzione per l’intero segmento 0-6». E ancora la richiesta a farsi promotori di una «convenzione pluriennale tra il ministero dell’Istruzione e le scuole paritarie d’infanzia non profit» in quanto «parte integrante del sistema integrato nazionale di educazione ed istruzione, con finanziamenti certi e serrata coprogettazione per la generalizzazione del servizio anche in aree e settori svantaggiati del Paese».
Tra le altre proposte l’attuazione con decreto legislativo delle previsioni del “Family Act”, l’incremento della destinazione del fondo 0-6 alle scuole paritarie d’infanzia non profit e della linea di finanziamento introdotta con il fondo di solidarietà comunale.