venerdì 26 marzo 2021
Una pagina buia della “guerra dei convogli” nel Mar Mediterraneo durante la Seconda guerra mondiale. I morti furono 2.335. La bottiglia con la lettera alla mamma di una vittima e il ricordo
L'incrociatore Fiume, affondato a Capo Matapan, a Venezia. In alto a destra il giovane Nazareno Bramante, tra i caduti della Battaglia di Capo Matapan

L'incrociatore Fiume, affondato a Capo Matapan, a Venezia. In alto a destra il giovane Nazareno Bramante, tra i caduti della Battaglia di Capo Matapan - Foto Famiglia Bramante

COMMENTA E CONDIVIDI

29 marzo 1941, ore 13.00: ad Augusta, in provincia di Siracusa, la piccola Lucia Bramante di 8 anni, come di consueto, si siede a tavola con i nonni materni e la madre. La radio è accesa, papà Nazareno, 1° maresciallo cannoniere della Regia Marina, è partito per la guerra. Dal 10 giugno 1940, infatti, l’Italia di Mussolini era entrata nel secondo conflitto mondiale, alleata della Germania di Adolf Hitler. Madri, mogli e figli vedono partire i loro cari in Francia, Grecia, in Africa Orientale e a bordo delle “navi grigie”. Ufficiali, sottufficiali e marinai sono impegnati sopra e sotto il mare proprio come Nazareno Bramante, in servizio su Nave Fiume.

“Ascoltavamo alla radio il bollettino di guerra, quando ad un tratto, lo speaker comunicò che, nelle acque di Capo Matapan, le forze navali inglesi avevano affondato tre incrociatori e due cacciatorpedinieri italiani – ricorda la signora Lucia, oggi 88 anni e da ottanta impegnata a mantenere vivo il ricordo e la memoria del padre, così come di tutti i caduti di Capo Matapan, una tragedia rimasta nella storia navale e civile dell’Italia -. Ci guardammo tutti impietriti. Credevamo di non aver compreso ciò che ognuno di noi aveva ben capito”.

La famiglia Bramante a Taranto. In primo piano la piccola Lucia

La famiglia Bramante a Taranto. In primo piano la piccola Lucia - Foto Famiglia Bramante

Un momento in cui il dolore e la disperazione presero il sopravvento in tutta la famiglia. Per chi restava a casa ad aspettare, ogni notizia alla radio o da parte dei militari che ritornavano in licenza era preziosa.
“Fece da contraltare la speranza che mio padre fosse tra i sopravvissuti – prosegue la signora Lucia -. Ci aggrappammo alle parole di conforto e di sostegno che i parenti ci rivolgevano: vedrete tornerà, ci dicevano, siamo in guerra e le notizie tardano a giungere!”.

Parole di conforto, ma vane: “Quelle due lettere che, quasi ogni giorno mio padre inviava non arrivarono più – aggiunge la figlia del maresciallo Bramante -. Perché, mi chiedevo? Dal Ministero della Marina Militare nessuna notizia e ci aggrappavamo alla speranza che un suo telegramma dissipasse la nostra ansia, ma quando dopo diciotto lunghi mesi il Ministero della Difesa, ci comunicò che le ricerche non avevano dato esito, capimmo che mio padre non sarebbe più tornato. Avevo nove anni!”.

Allo sgomento seguì il dolore della disperazione: “Io ripresi a frequentare la scuola che era stata a lungo chiusa per gli eventi bellici – prosegue nel suo racconto Lucia -. Sono trascorsi i giorni, le stagioni, gli anni, ma l’amore per mio padre Nazareno Bramante è durato e durerà immutato nel tempo”.

Una storia nella Storia dove la vita privata si intreccia con le vicende belliche della Seconda guerra mondiale. Per tutti questi anni la signora Lucia non ha smesso di mantenere vivo il ricordo del maresciallo Bramante, non solo in famiglia, ma anche nella società civile.

Fare memoria di Capo Matapan significa rileggere una pagina buia della “guerra dei convogli” nel Mar Mediterraneo, ma per i parenti delle vittime vuole dire ricordare i 2.335 morti che perirono a seguito dell’attacco britannico avvenuto tra il 28 e il 29 marzo di ottant’anni fa quando la squadra navale della Regia Marina agli ordini dell'ammiraglio Angelo Iachino, costituita dal Vittorio Veneto, 8 incrociatori e 13 caccia si diresse verso Creta per bloccare il traffico mercantile inglese tra l'Egitto e la Grecia.

La Regia Marina si lanciò verso un estenuante inseguimento di quattro incrociatori leggeri e otto caccia britannici, che tuttavia erano solo l'avanguardia della Mediterranean Fleet, comandata dall’ammiraglio Andrew Cunningham e costituita dalle corazzate Warspite, Valiant, e Barham, dalla portaerei Formidable e da altri nove caccia.

Lo scontro non si fece attendere. Gli aerei della Formidable e altri provenienti da basi a terra attaccarono. L'ammiraglio Iachino decise di ripiegare anche per via del mancato supporto degli aerei tedeschi della Luftwaffe.

Al tramonto, nei pressi di Capo Matapan, in mezzo alle cortine fumogene l'incrociatore pesante Pola venne colpito da un siluro. L’ammiraglio Iachino ordinò agli incrociatori pesanti Zara e Fiume e ad altri quattro cacciatorpediniere di prestare soccorso al Pola. Ma le navi britanniche erano più vicine di quanto si poteva pensare. Il fuoco a bruciapelo sulle navi italiane arrivò di colpo.

È’ così che vennero affondati gli incrociatori Fiume, Zara e i due cacciatorpediniere Alfieri e Carducci. Nel frattempo, il sommergibile italiano Ambra affondava l'incrociatore Bonaventure, ma nulla a che vedere rispetto alla sciagura provocata dalla reazione inglese.

“Dopo la battaglia di Capo Matapan, la Royal Navy si dispose al soccorso dei sopravvissuti italiani ma dovette ritirarsi perché solo in quel momento arrivarono gli aerei tedeschi – si legge nel sito della Marina Militare -. Gli inglesi comunicarono comunque la posizione dei naufraghi a Supermarina che inviò le navi ospedale italiane”.

Nell'agosto 1952, su una spiaggia nei pressi di Cagliari, venne trovata una bottiglia con dentro questo messaggio: "Regia Nave Fiume - Vi prego, Signore, di informare la mia cara madre che io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, Salerno. Grazie Signore - Italia!". La madre venne informata e suo figlio ricevette la Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla memoria.

E proprio Nave Fiume era l’unità del maresciallo capo Nazareno Bramante, il papà della signora Lucia, che dal giorno in cui seppe la triste notizia, ogni mese di marzo, da ottant’anni a questa parte, è il giorno del ricordo.

La signora Lucia Bramante nel 2007 in occasione della cerimonia di dedicazione del Monumento ai Caduti nella Battaglia di Capo Matapan

La signora Lucia Bramante nel 2007 in occasione della cerimonia di dedicazione del Monumento ai Caduti nella Battaglia di Capo Matapan - Foto Famiglia Bramante

“Per me un mesto periodo di rimembranza del sacrificio di mio padre e tanti sono i ricordi che si affollano nella mia mente e che mi riportano alla mia breve infanzia spensierata a Taranto – racconta l’anziana signora - come l’amorevolezza di mio padre, le passeggiate nell’elegante Via d’Aquino, e alla Villa comunale. Al ritorno da scuola, lo aspettavo con ansia ogni giorno alle 17 e non appena sentivo aprire il portone di Via Berardi 36 mi precipitavo giù per le scale per abbracciarlo con tutta la mia forza e il calore di quegli abbracci ha accompagnato tutta la mia esistenza. Seguiva, il rituale giornaliero della correzione dei compiti che papà cercava di addolcire con baci, carezze e dolci se i compiti erano fatti bene”.

Momenti di vita familiare che si alternavano con la dedizione al servizio del maresciallo Bramante.
“Per la promozione, mentre eravamo ancora a Taranto, mi aveva regalato la radio Marelli per farmi ascoltare la famosa trasmissione radiofonica Le favole di Lucignolo e fece dedicare, in una di queste trasmissioni, una favola alla sua piccola Lucia – dice ancora la signora -. Poi c’erano le feste a bordo della nave per le famiglie dei militari in occasione dell’Epifania a cui partecipavo insieme ai miei genitori. Ero diventata la mascotte della nave, essendo una bambina vivace e brillante che tutti a bordo conoscevano e coccolavano”.

Passato e presente si intrecciano nei familiari dei caduti di Capo Matapan e negli equipaggi della Marina Militare. Ed è per questo che Lucia Bramante, in memoria del papà e di tutti i caduti di quella battaglia, ha promosso e ottenuto la dedicazione di un monumento, l’unico in tutta Italia, a Siracusa, in Sicilia.

Oggi “Largo ai Caduti nella Battaglia di Capo Matapan” è un luogo della memoria che esprime non solo la gratitudine di Lucia Bramante a chi ha reso possibile nel 2007 un sogno durato tutta la vita (il Comune di Siracusa, con l’allora Sindaco Giambattista Bufardeci, la Provincia Regionale presieduta da Bruno Marziano, con il sostegno della Capitaneria di Porto di Siracusa allora guidata dal Capitano di Vascello Antonino Munafò, e del Comandante in seconda Massimo Di Raimondo, e l’onorevole Vincenzo Vinciullo), ma soprattutto da quella lapide si vuole inviare al mondo quanto brutta sia la guerra al di là della parte per cui si combatte.



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: