martedì 3 novembre 2009
I pm hanno ascoltato ieri il politico, accompagnato dai legali e dalla moglie, che ha fatto nuove rivelazioni, ammettendo di aver fatto uso personale di cocaina. Poi ha spiegato: nessun ricatto. sono solo stato derubato.
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I soldi «qualche volta potevano servire anche per la droga, oltre che per le prestazioni sessuali». L’ammissione è di Piero Marrazzo, l’ex-governatore della Regione La­zio, il quale ieri è stato nuovamen­te ascoltato dai pm romani che in­dagano sulla vicenda in cui è rima­sto coinvolto. Convocato come «persona informata dei fatti», l’e­sponente del Pd si è presentato ne­gli uffici giudiziari di Piazza Adria­na accompagnato dalla moglie Ro­berta Serdoz e dall’avvocato Luca Petrucci, che proprio Marrazzo no­minò, quattro anni fa, presidente dell’Azienda territoriale per l’edili­zia residenziale (Ater) del Comune di Roma. In tre ore di deposizione, l’ex-presi­dente della Regione ha dunque am­messo «l’uso personale» di cocaina. Ma ha negato di «essersi sentito ri­cattato » dai quattro carabinieri che fecero irruzione, il 3 luglio scorso, nell’appartamento di via Gradoli 96 dove si stava intrattenendo con un transessuale brasiliano noto come Natalie. «Io non mi sono accorto che si stava girando un video», ha di­chiarato ai magistrati, «per me quel­la fu una rapina». I quattro carabi­nieri, poi arrestati dai loro colleghi del Ros, gli sottrassero 5mila euro in contanti: «Avevo quei soldi con me – ha precisato ieri Marrazzo – ma il compenso pattuito con il tran­sessuale era di mille euro». Agli inquirenti, l’ex-governatore ha assicurato di non aver notato la pre­senza nell’appartamento di Gian­guarino Cafasso, lo spacciatore morto a settembre per un arresto cardiaco che fu attribuito a un’o- verdose ma che adesso gli inqui­renti starebbero valutando sotto u­na luce diversa. Cafasso, secondo la ricostruzione investigativa, avreb­be tentato di piazzare il video con Marrazzo in compagnia di Natalie, anche contattando Max Scarfone, il 'paparazzo' che fotografò Silvio Sircana, all’epoca in cui era porta­voce del governo Prodi, a colloquio con un transessuale lungo una stra­da. L’ex-uomo politico ha afferma­to quindi di «non essere mai stato ricattato » dai carabinieri infedeli (anche se, quando è venuto a co­noscenza dell’esistenza del filma­to, avrebbe cercato di comprarlo e toglierlo dal ' mercato') e di aver «sempre agito nell’interesse esclu­sivo dei cittadini» laziali. Al termine del colloquio con i ma­gistrati, Marrazzo si è allontanato senza rilasciare dichiarazioni. « Il mio assistito chiede di rispettare il dolore della famiglia, di sua moglie e delle sue tre figlie, di cui due mi­norenni – ha detto l’avvocato Pe­trucci –. Non è più un uomo pub­blico e da oggi solo il silenzio può proteggere i suoi cari». Dopo aver sentito l’ex-presidente del Lazio, i pubblici ministeri Ro­dolfo Sabelli e Giancarlo Capaldo hanno lasciato gli uffici di Piazza A­driana e sono tornati in Procura, a piazzale Clodio, per interrogare co­me testimone un altro transessua­le, conosciuto come Brenda, che a­vrebbe avuto rapporti con Marraz­zo. La sua deposizione era attesa per chiarire se è vero, come ha raccon­tato ad alcuni giornalisti nei giorni scorsi, che esiste una seconda ver­sione del video, più lunga di quella che era stata proposta ad alcuni giornali per l’acquisto. Ma Brenda non ha fornito certezze nemmeno sul fatto di avere incontrato Mar­razzo personalmente. Per oggi i pm hanno in agenda gli in­terrogatori di tre dei quattro cara­binieri arrestati (Luciano Simeone, Carlo Tagliente e Nicola Testini), che però sarebbero intenzionati di non rispondere alle domande. Gli in­quirenti vorrebbero sentire anche il quinto carabiniere coinvolto, Do­nato D’Autilia, indagato per ricet­tazione.
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