La zona dello stadio di Vicenza, allagata - Ansa
Se non ci fossero state le vasche di laminazione, Vicenza sarebbe finita sott’acqua. Sarebbe stato un disastro simile a quello provocato dalla tempesta Vaia. Non ha dubbi il governatore del Veneto Luca Zaia: è grazie solo alle opere fatte che parte del suo territorio si è salvata dall’ultima ondata di maltempo. «Siamo davanti a un evento meteorologico che pesa non poco per le sue caratteristiche, e va catalogato nella storia del Veneto come grande evento alluvionale, ma Vicenza é stata salvata dai bacini di laminazione». I dati di piovosità, ha poi spiegato, sono paragonabili a Vaia e alla grande alluvione del 2010. «Se non c’erano le opere stavamo davanti a un altro disastro». Anche in Liguria la pioggia di giorni e il forte vento ha aggravato il fronte delle frane. «Abbiamo 4.000 fronti aperti da anni, situazioni che nel corso del tempo hanno visto cedimenti e smottamenti, rischi che stiamo monitorando ma che spesso mettere in sicurezza non è così facile» sottolinea il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. L’ultima ondata di maltempo ha aggravato uno scenario critico da diversi anni. «Il clima sta certamente cambiando, non va sminuito, in prospettiva dobbiamo immaginare un territorio più difeso e protetto» sottolinea Toti, citando anche «il grande architetto Renzo Piano quando parla della necessità di un rammendo del territorio, non certo una ricostruzione».
L’ultima perturbazione ha portato su tutto il territorio regionale una media di 70 millimetri con picchi da 125. Ma in Liguria si aspetta un’altra ondata di maltempo nel fine settimana. «Abbiamo investito moltissimo nella messa in sicurezza del territorio, come gli oltre 300 milioni per la difesa costiera – ricorda Toti – e le mareggiate degli ultimi mesi molto violente hanno prodotto danni significativamente inferiori rispetto al 2018, quando venne addirittura isolato Portofino». E proprio con un occhio alla situazione al Nord, a Roma c’è chi chiede un «cambio di paradigma» per proteggere il territorio fragile alle prese con il cambiamento climatico. «È ora di cambiare paradigma – chiede il senatore Udc Antonio De Poli –. Negli ultimi 13 anni, secondo l’ultimo rapporto Ance -Cresme, la spesa per i danni da alluvioni e dissesto idrogeologico é triplicata raggiungendo 3,3 miliardi l’anno. Bisogna non più inseguire l’emergenza ma investire di più sulla prevenzione». Mentre la senatrice di Italia Viva, Silvia Fregolent, capogruppo in commissione ambiente chiede di ripristinare l’unità di “Missione Italia Sicura”. «Dopo quasi 48 ore di pioggia ininterrotta, che ha fatto innalzare i livelli dei corsi d’acqua, il territorio tra il Po e l’Enza non ha subito danni grazie al lavoro di messa in sicurezza compiuto con l’unita di Missione Italia Sicura. È la dimostrazione che una strategia complessiva contro il dissesto idrogeologico e un’attenta opera di prevenzione possono garantire l’incolumità anche in condizioni di assoluta criticità».
Nel giro di 48 ore si sono abbattute 35 tempeste, con frane e danni che sconvolgono un territorio reso fragile dalla cementificazione e dall’abbandono dei terreni coltivati. È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti su dati Eswd (European Sever Weather Database) sull’ondata di maltempo che ha investito Il Paese con allerta nelle regioni del Centro Nord. Dopo un inizio 2024 con una temperatura superiore di 1,6 gradi rispetto alla media storica secondo l’Isac Cnr, l’arrivo della pioggia è importante per l’agricoltura stretta nella morsa della siccità, ma per dare sollievo alle campagne non deve manifestarsi con precipitazioni intense. Forti nubifragi, infatti, ricorda la Coldiretti, rischiano di provocare danni poiché i terreni secchi non riescono ad assorbire l’acqua che cade violentemente e tende ad allontanarsi per scorrimento provocando frane e smottamenti. Ad aggravare la situazione è il fenomeno del consumo di suolo, con l’Italia che causa della cementificazione e dell’abbandono ha perso quasi 1/3 (30%) dei terreni agricoli nell’ultimo mezzo secolo con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari ed effetti sulla manutenzione e pulizia del territorio e sulla tenuta idrogeologica del Paese. Per questo, conclude la Coldiretti, occorre accelerare sull’approvazione della legge sul consumo di suolo che giace da anni in Parlamento e che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio.