mercoledì 24 aprile 2019
Clima surreale al Consiglio dei ministri: dapprima il capo M5s diserta la riunione e va a fare un’intervista tv, poi arriva in ritardo
Lite Di Maio-Salvini, "Salva-Roma" approvato a metà
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Dopo oltre 4 ore di trattative è stata trovata, dopo la mezzanotte, l'intesa tra Lega e M5S sulla cosiddetta Norma salva-Roma contenuta nel decreto Crescita con l'approvazione "a metà" della misura e l'ok in particolare ai commi 1 e 7, sugli altri deciderà il Parlamento. Per i pentastellati «il Parlamento saprà migliorare ancora di più un provvedimento che, a costo zero, fa risparmiare soldi non solo ai romani ma a tutti gli italiani». Per Matteo Salvini con lo stralcio dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 «i debiti della Raggi non saranno pagati da tutti gli italiani».


La guerra di nervi fra il vicepremier Matteo Salvini e il suo alleato Luigi Di Maio sulle rispettive intenzioni raggiunge l’apice. In un crescendo di stoccate e precisazioni, la situazione arriva così davvero vicina al punto di rottura. Questa volta Salvini non è abbastanza persuasivo quando, ieri di prima mattina, assicura che tra Lega e M5s non c’è crisi, come vorrebbero i giornali. E di essere pronto a partecipare senza «indossare l’elmetto» all’atteso Consiglio dei ministri fissato in serata, chiamato a riempire di contenuti il "decreto Crescita" (già approvato ai primi di aprile "salvo intese", senza definirne i particolari). «Noi andiamo sereni, abbiamo tante cose da fare e tante promesse da mantenere».

E però tra le promesse il leader della Lega vuole che venga stralciata la norma "salva Roma", tanto cara ai grillini. Così cara che, in una escalation di battibecchi, diversi ministri pentastellati, a partire dal capo politico Di Maio, decidono di disertare la riunione. Il titolare del Lavoro si rifugia negli studi televisivi di "DiMartedì", la trasmissione di La7 condotta da Floris. Pure il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, che tiene alta la tensione sul caso Siri, non si presenta.

Dei grillini a Palazzo Chigi ci sono solo Lezzi, Bonisoli e Trenta. Ed è davanti a quest’immagine che, secondo fonti di maggioranza, Salvini sbotta. Comunica al premier Giuseppe Conte la posizione della Lega, quindi abbandona la sala del Cdm ed esce in piazza Colonna dando ai cronisti - all’insaputa del resto del governo - la linea della Lega: lo «stralcio» del "Salva-Roma". Conte cerca di nuovo di riannodare i fili sempre più logori: ma viene descritto come fortemente "irritato" con Salvini per la "prova di forza muscolare" esibita in quest’occasione. Finché, a telecamere spente, finita la registrazione, Di Maio si convince e punta su Palazzo Chigi.

IL CASO Il maxidebito della capitale, ecco che cos'è il Salva Roma di Nicola Pini

«Nessuna crisi di governo, l’Italia ha bisogno di un governo per quattro anni – ripete intanto a cantilena il leader della Lega –. Il mio rapporto con M5s è buono. Non ho tempo né voglia di litigare con nessuno». Ma soprattutto non ha modo di farlo in Consiglio dei ministri, perché manca l’avversario. Sul tavolo il decreto scotta. Il capitolo su Roma Capitale è incendiario. Ma il testo nel suo complesso è pensato per far ripartire l’economia. «I ministri della Lega ci sono tutti, e quando si parla di crescita e di sostegno alle imprese è fondamentale esserci», incalza Salvini. Dal Carroccio si sottolinea che i ministri leghisti sono tutti presenti.

L’assenza di Di Maio suona come uno schiaffo all’alleato, che teme per il suo "fedelissimo" Siri, che per M5s non può restare perché sospettato di collusione con la mafia o quanto meno di corruzione. La mozione del Pd al Senato richiede i gruppi compatti e il leader 5 stelle sente di avere il coltello dalla parte del manico. Ma per Salvini è la sindaca di Roma Raggi a dover andar via, dopo le intercettazioni in cui ammette che la città «è senza controllo».

La norma "salva Roma", dunque, va sacrificata. Alla domanda dei giornalisti se lo stralcio è concordato con Di Maio, risponde: «Io concordo con chi c’è, non con chi non c’è». E allora Salvini restituisce lo schiaffo all’alleato e si intesta l’intesa per la «tutela dei risparmiatori truffati da banchieri irrispettosi», contenuta nel decreto. Ma già dagli studi tv Di Maio ha pronta la replica: «Questa norma non mette un euro sulla capitale. Se c’è qualcuno che sta godendo perché non è passata, complimenti, è solo una ripicca verso i cittadini romani». Ma è una sfida continua, ormai a livelli logoranti: c’è anche la polemica sull’accoltellato alla stazione Termini di Roma e quella sulla ricorrenza del 25 aprile.

Conte cerca ancora di rimediare, Di Maio accorre, ma i suoi non fanno in tempo a rientrare. E il braccio di ferro continua fino a notte, con la Lega che insiste: «Teniamo il punto, i romani meritano di più». Ma la vera resa dei conti, come ormai è lampante, è attesa dopo le europee, quando Salvini potrebbe reclamare anche lo scranno più alto del Campidoglio. E si avvicina la mezzanotte quando si fa strada l’ipotesi anche di un aggiornamento a oggi del Cdm.

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