Il Movimento 5 Stelle insiste nella sua battaglia contro la scuola paritaria. Dopo aver lanciato un referendum online tra i simpatizzanti sull’abolizione dei finanziamenti pubblici alle scuole non statali e la completa revisione della legge 62 del 2000 sulla parità scolastica, in questi giorni i parlamentari pentastellati hanno tirato fuori dai cassetti la proposta di legge del novembre 2013 “Abolizione della concessione di contributi pubblici alle scuole private paritarie”, chiedendo di poterla discutere, quanto prima, sia in commissione che in aula alla Camera.
Una richiesta che la dice lunga sul-l’effettiva volontà del movimento di Beppe Grillo di assestare un colpo a un’esperienza secolare oggi rappresentata da oltre 13mila scuole, frequentate da quasi un milione di studenti, che, dati alla mano, permette allo Stato un risparmio superiore ai 7 miliardi di euro all’anno, ricevendo da questo poco più di 500 milioni. Tutto ciò, evidentemente, non interessa ai pentastellati, che – scrivono nella presentazione della proposta di legge – ritengono sia «inaccettabile il paradosso che il cittadino debba pagare (con le imposte) una scuola privata che non vuole e che debba inoltre pagare due volte per quella pubblica: una attraverso le stesse imposte e la seconda volta per acquistare tutto quello che la scuola pubblica non riesce più a garantire». «Ma è esattamente il contrario», tuona il presidente dell’Agesc, Roberto Gontero, che in questi giorni è sommerso dalle proteste di migliaia di famiglie «allibite e molto arrabbiate ».
Costrette, loro sì, «a pagare due volte lo stesso servizio: una con le tasse e un’altra con la retta», ricorda Gontero. «Delle due l’una – ricorda il presidente dell’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche –: o fanno finta di non conoscere la Costituzione e, quindi, sono in malafede; oppure non la conoscono e, allora, sono parlamentari improvvisati. In ogni caso, non stanno lavorando per il bene del Paese, ma per arrivare a una scuola del 'pensiero unico', che noi respingiamo con tutte le nostre forze e ci auguriamo che su questo ci sia un sollevamento delle altre forze politiche».
Dopo il clamore suscitato dal referendum, però i pentastellati cerca- no di stemperare i toni e, con una nota dei parlamentari delle commissioni Cultura di Camera e Senato, dicono di non aver intenzione di «fare una crociata per abolire le scuole paritarie», delle quali riconoscono «il lavoro serio». «Riteniamo che quando si parla di finanziamenti pubblici – prosegue il comunicato – la scuola pubblica statale debba essere la priorità. La nostra Costituzione prevede che la scuola pubblica sia totalmente gratuita, ma oggi di fatto non è più così. A causa della cronica mancanza di risorse pubbliche, da tempo le famiglie italiane sono costrette a versare i contributi “volontari”, necessari per acquistare il materiale didattico che serve per il funzionamento della scuola. Questa condizione di emergenza perenne non è più tollerabile».
In ogni caso, i pentastellati precisano che l’abolizione dei contributi statali non riguarderà asili nido e scuole materne, «che oggi rappresentano spesso l’unica alternativa per le famiglie a causa della penuria di posti negli asili pubblici e sulle quali il M5S ha intenzione di investire per aumentare la diffusione di un servizio essenziale ». Anche se, vista l’esperienza dei tagli nella Torino governata da M5S, non si direbbe. Precisazioni che non convincono il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi: «Prima lanciano un referendum e poi, senza aspettare l’esito, calendarizzano una proposta di legge che, in qualche modo, vuole anticipare e indirizzare il giudizio dei simpatizzanti. Che, evidentemente, non interessa granché agli stessi promotori della consultazione ».