Lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti della Guardia Costiera (Ansa)
«Il primo zampino» nel trovare una soluzione all’'insolubile' caso dei 143 migranti a bordo della nave 'Diciotti', dunque, è stato quello di «padre Aldo», come ha rivelato Francesco sul volo di ritorno da Dublino rispondendo alle domande dei giornalisti. «Quello che ha fatto il lavoro con il ministro dell’Interno è stato padre Aldo», ha infatti spiegato il papa, senza citarlo per cognome, «lo conoscete bene, è un bravo prete della Comunità Papa Giovanni XXIII di don Benzi, si occupa della liberazione delle donne vittime della prostituzione...».
Una vecchia conoscenza, per papa Francesco, che ad esempio nell’agosto di due anni fa aveva bussato alla porta di una delle strutture-rifugio della Papa Giovanni XXIII facendo un’improvvisata alle venticinque ex schiave lì accolte, seguite proprio da don Aldo... «Eppure per me ciò che ha detto Francesco durante il volo di ritorno dall’Irlanda è stata una grande sorpresa – commenta don Aldo Buonaiuto –, sono rimasto felicemente meravigliato. Il Santo Padre ha giustamente detto che della trattativa avviata con il ministro dell’Interno mi sono occupato io, ma che a guidare tutta l’operazione è stato naturalmente il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Bassetti, che dall’Irlanda ha gestito tutta la faccenda passo passo per telefono, mentre padre Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei, ha attivato le procedure».
Accanto a don Oreste Benzi negli ultimi 15 anni della sua vita terrena, don Aldo all’interno dell’associazione si è sempre occupato del problema della tratta umana, lottando per restituire dignità alle tante donne sfruttate sulle strade e nelle case dalle organizzazioni criminali. È anche l’ideatore della annuale 'Via Crucis per le donne crocifisse”, che vede sfilare nella notte di Roma migliaia di persone comuni accanto a personaggi dello spettacolo e della cultura, autorità, rappresentanti delle istituzioni e associazioni, tracciando una similitudine tra il calvario di Cristo e quello delle tante giovani vite mercificate.
Nulla di eccezionale, insomma, se anche nel caso della 'Diciotti' la Papa Giovanni XXIII ha fatto ciò che in silenzio fa sempre, tenendosi a distanza da ogni diatriba politica e mettendosi solo dalla parte del più debole: «Tengo a precisare che la mia è stata solamente un’umile e riservata opera di mediazione in un momento tragico, con esseri umani nostri fratelli da troppo tempo condannati alla sofferenza», dichiara don Aldo.
L’impronta di don Benzi, cioè il Dna della Papa Giovanni XXIII, è anche all’origine dei contatti tra il ministro dell’Interno Salvini e il sacerdote: «Lo conosco da tempo – spiega Buonaiuto –, così come abbiamo rapporti con tutte le istituzioni e i politici italiani, senza schierarci per un partito o per un altro». Era lo stile di don Oreste, che non temeva nessuno dei 'potenti' e pensava che il bene lo si riesce a fare anche dalla stanza dei bottoni. «Ci insegnava che per dare risposte ai bisogni degli ultimi bisognava interagire con chi ha il potere e indurlo a scegliere il bene.
E questo nel mio piccolo ho fatto. Immediatamente il cardinale Bassetti ha preso in mano la faccenda, traghettandola fuori dal pantano in cui si era arenata, e attraverso la trattativa seguita da monsignor Maffeis la Chiesa italiana ancora una volta ha dato la risposta che l’Italia e l’Europa non sapevano dare. Il tutto è iniziato sabato mattina e sabato sera era già risolto». Ora, fa sapere il sacerdote, un centinaio di migranti verranno ospitati «come prima base per le visite mediche e la pronta accoglienza» nel centro 'Mondo migliore' della Cooperativa Auxilium, a Rocca di Papa, ma poi «attraverso la Caritas, che gestirà in toto il destino di questi nostri fratelli, verranno distribuiti tra le diocesi per essere avviati a una reale integrazione.
È bello vedere come la Chiesa italiana sappia agire unita, evitando i proclami e guardando ai fatti». In gran parte si tratta di uomini soli, provenienti dall’Eritrea, «ma ci sono anche undici donne, oltre a qualche nucleo familiare. Sono passati per la Libia, anche le ragazze... ». Non va oltre, don Aldo, ma ciò che sottintende è chiarissimo, per chi come lui si prende cura dei casi più gravi, donne che a causa delle torture fisiche e psicologiche non potranno più condurre una vita normale e resteranno per sempre segnate: tutte e undici sono in 'codice rosa', ovvero stuprate.
È ancora presto per sapere dove i cento migranti verranno distribuiti tra le diocesi e le associazioni che si sono rese disponibili, ma la Papa Giovanni XXIII sarà come sempre «in prima linea h 24», secondo l’impronta di don Benzi che predicava la 'condivisione diretta': non dare assistenza agli ultimi, ma vivere con loro, nella stessa casa, diventando la loro famiglia. «In tutta questa operazione ho sentito forte la presenza del Servo di Dio don Benzi – conclude don Aldo –: dal cielo i santi hanno fatto la loro parte, a cominciare dallo scatenato don Oreste. Quando si trattava di mettere la spalla sotto la croce dei poveri e dare una mano a portarla, non lo fermava nessuno».