mercoledì 7 agosto 2024
«Questi morti sono le nostre radici, i nostri testimoni. Qui c’è lo spirituale e il civico che ci unisce». Il presidente Cei rende omaggio ai sacerdoti vittime delle SS per difendere il loro popolo
Don Aldo mei, uno dei 28 preti lucchesi uccisi dai nazisti nel 1944

Don Aldo mei, uno dei 28 preti lucchesi uccisi dai nazisti nel 1944

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«Questi morti sono le nostre radici, i nostri testimoni. Qui c’è lo spirituale e il civico che ci unisce. Sono preti, religiosi, chierici ma con loro ricordiamo le comunità. Sono profeti di pace, come recita la lapide, di una pace che abbiamo ma di una pace che manca. Cerchiamo anche noi di seminare la pace in tante parti del mondo dove la pace non c'è». Lo ha detto il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, dopo aver deposto una corona d’alloro sotto la lapide appena inaugurata a Lucca i 28 sacerdoti uccisi nell’estate del 1944 dai nazisti e ai quali è stato dedicato uno studio storico che per la prima volta riunisce le loro drammatiche vicende, ricostruisce i fatti e accerta le loro identità esatte.

«Qui sulla lapide ci sono parti importantissime che sono il fondamento del nostro Paese – ha sottolineato Zuppi –. Quando nell’articolo 11 della nostra Costituzione si ripudia la guerra negli occhi c’era questo, negli occhi di tutti c’era questo orrore. C’è bisogno del perdono e di giustizia. E quanto abbiamo da fare oggi per ripudiare la guerra...». Questa – ha aggiunto Zuppi – è la lettera che don Aldo Mei, «uno dei martiri lucchesi della Resistenza, fucilato dai tedeschi e che anche tutti loro ci inviano: ripudiare la guerra. Scegliere l’amore che non finisce, e soprattutto dotarci di un sistema per cui i conflitti vengano risolti non più con le armi ma con il diritto». Zuppi ha celebrato una Messa nella cattedrale di Lucca nelle celebrazioni per gli 80 anni dall’eccidio.

Nell'estate del 1944 a Lucca e nella provincia le truppe naziste in ritirata verso la linea Gotica trucidarono 28 preti e frati in più massacri e rappresaglie. Si stima che sia il numero più alto di religiosi uccisi in una provincia italiana durante la guerra. Per la prima volta una ricerca storica fa luce sulle loro vicende e individua i loro nomi in modo completo. I sacerdoti e i religiosi vennero uccisi per aver dato rifugio in chiese, canoniche e conventi contadini inermi, soldati in fuga, ebrei, renitenti alla leva di Salò, partigiani, anche ex fascisti. La ricerca condotta su di loro esamina come agì la XVI Divisione Panzer-Grenadier delle SS, la stessa responsabile della strage di Sant'Anna di Stazzema e di altri eccidi nello stesso territorio. Tra i motivi accertati, anche la presenza tra i suoi ufficiali di numerosi fanatici anti-cattolici e anti-clericali.

Lo studio è stato condotto da Gianluca Fulvetti, dell'Università di Pisa, ed è partito da don Aldo Mei, il primo sacerdote verso il quale gli storici hanno nutrito qualche interesse nel dopoguerra. Il suo nome era citato nelle ultime lettere alla famiglia dei condannati a morte della Resistenza. Lui stesso morì fucilato dai nazisti.

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