Il macchinario che ha intrappolato e ucciso Luana D'Orazio mentre lavorava - Ansa
Due manomissioni, una al quadro elettrico e l’altra alla parte meccanica, sarebbero state individuate nell’orditoio a cui lavorava Luana D’Orazio, la 22enne operaia morta stritolata da quello stesso macchinario il 3 maggio scorso in una ditta tessile di Montemurlo, in provincia di Prato. I nuovi particolari sono emersi dal Tgr Rai della Toscana, in un servizio che ha riportato quelle che sarebbero le anticipazioni della consulenza tecnica commissionata dalla procura di Prato, titolare delle indagini sulla tragica morte della giovane, mamma di un bimbo di 5 anni, per aiutare il quale sono stati anche raccolti oltre 200.000 euro.
Sull’orditoio sarebbe stata individuata una modifica al quadro elettrico che permetterebbe alla macchina di lavorare in automatico anche a saracinesca di protezione sollevata. In particolare, con quella modifica il pulsante di avvio – che a saracinesca alzata dovrebbe essere inattivo – avrebbe funzionato lo stesso.
Una manomissione – è sempre un’ipotesi che andrà confermata – compiuta per velocizzare il lavoro.
Il secondo rilievo contenuto nell’anticipazione riguarderebbe la modalità con cui stava lavorando l’orditoio di Luana al momento dell’incidente: sembra che il macchinario lavorasse in automatico, ma su questo punto si aspetterebbe una conferma di un parametro da Francoforte, città dove ha sede l’azienda che produce il macchinario in questione.
«Attendiamo gli esiti dell’approfondimento che abbiamo commissionato per stabilire come agire», le parole del procuratore di Prato Giuseppe Nicolosi, che coordina le indagini dei carabinieri insieme al sostituto Vincenzo Nitti. Due i reati ipotizzati dalla magistratura, omicidio colposo e «rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro».
Tre, ad oggi, gli indagati per i quali ci sono già stati gli interrogatori: sono il manutentore dei macchinari della ditta Mario Cusumano, la titolare dell’orditura Luana Coppini e suo marito, Daniele Faggi, che gli investigatori indicano come il gestore di fatto dell’azienda. I primi due hanno risposto alle domande dei pm, mentre Faggi, si è avvalso della facoltà di non rispondere. La relazione del consulente tecnico della procura sarebbe appunto in fase di ultimazione ed è attesa a breve: il termine per il deposito è entro l’11 luglio. A mancare sono però ancora i rilievi della casa produttrice del macchinario, la tedesca Karl Mayer, che starebbe facendo il possibile per recuperare tutti i dati disponibili all’interno della memoria informatica dell’orditoio, la cosiddetta “scatola nera”.
L’ipotesi che i sistemi di sicurezza dei macchinari della ditta fossero stati manomessi per funzionare anche con i cancelli di protezione alzati era stata avanzata sin dalle prime fasi delle indagini. Tutto al fine di velocizzare il lavoro. Non a caso, il fascicolo aperto alla procura di Prato, oltre all’omicidio colposo ipotizza anche il reato di «rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro». Ad essere manomesso, secondo quanto emerso dai primi accertamenti, sarebbe stato anche un orditoio gemello rispetto a quello che ha ucciso la giovane Luana, a sua volta posto sotto sequestro per ordine della procura.
«A più di un mese dall’incidente auspichiamo che venga fatta giustizia al più presto» ha commentato il sottosegretario al Lavoro Tiziana Nisini. «In un Paese come il nostro – ha poi aggiunto – non si può morire sul luogo di lavoro come cento anni fa, a maggior ragione quando i protocolli di sicurezza, ottenuti con il sacrificio di tante battaglie da parte dei lavoratori e delle istituzioni, vengono messi da parte. Alla luce anche dei particolari che stanno emergendo, ci aspettiamo il prima possibile di sapere cosa sia successo il 3 maggio scorso».
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