Cento morti, forse di più. È successo ancora, poco lontano dalle coste libiche. Un’altra "strage fantasma" di cui si è avuta notizia solo ieri. Un barcone di migranti con a bordo almeno 150 persone è salpato l’11 settembre da Melita, non lontano da Sabratha. Com’era già successo all’inizio di settembre, con un’altra tragedia riemersa dai silenzi delle autorità solo perché alcuni superstiti ne avevano parlato agli operatori in Libia di Medici senza frontiere, anche stavolta le informazioni sono arrivate attraverso fonti locali contattate da "Avvenire". La "Operation Room" di Sabratha, una forza filogovernativa che dispone di una sua "guardia costiera", nel corso di un pattugliamento – secondo la versione ufficiale – ha avvistato il relitto di un gommone con un gruppo di persone rimaste a galla. «Abbiamo soccorso 46 stranieri, ma alla partenza erano 150», spiegano i militari che controllano la sicurezza nella città dopo che lo scorso anno erano stati sconfitti gli uomini del clan Dabbashi, tra i principali trafficanti di esseri umani della zona. Un business a cui, secondo gli investigatori Onu, nessun gruppo armato può dirsi del tutto estraneo. Altre fonti sostengono che i migranti che mancano all'appello potrebbero essere fuggiti, senza però spiegare come avrebbero fatto a mettersi in salvo, raggiungere le coste e dileguarsi senza dare nell'occhio.
L’agenzia di stampa libica Lcna ha diffuso maggiori dettagli e alcune immagini (tra cui quelle qui pubblicate) , intervistando alcuni dei superstiti e gli ufficiali intervenuti nel corso delle operazioni. Alla partenza il gruppo era composto prevalentemente da stranieri provenienti da Sudan, Ciad e qualche senegalese. Un ragazzo ha raccontato di essere partito da Zawyah, una delle roccaforti dei trafficanti, e che poi il barcone non ha retto il peso del carico di 150 vite. I dispersi sarebbero 105. «Ma da quelle parti – avverte una fonte delle Nazioni Unite in Libia – i gruppi armati fedeli al governo riconosciuto di Tripoli hanno la tendenza a minimizzare questo genere di incidenti, perciò non possiamo escludere che il numero delle vittime sia superiore». In quell’area perfino la Mezza Luna rossa ha difficoltà ad accedere e i funzionari Onu vengono regolarmente respinti. Perciò ottenere informazioni precise e indipendenti è proibitivo. A settembre i morti in mare sarebbero già più di 200, facendo arrivare il conteggio delle vittime nel 2018 a quasi 1.700.