È dal 10 aprile che la cosiddetta Guardia costiera libica non pattuglia più l’area di ricerca e soccorso costituita a suon di quattrini grazie all’appoggio di Italia e Ue. A confermarlo è un altro funzionario delle Nazioni Unite a Tripoli, che ha avuto accesso a informazioni ufficiali. In totale nel 2019, secondo altre fonti dell’alto commissariato Onu per i rifugiati, i guardacoste libici hanno intercettato barconi con migranti 12 volte, riportando nelle prigioni 1.015 persone: meno di un’operazione a settimana.
Nonostante questo sia le inchieste giornalistiche che le investigazioni della magistratura, in particolare quella di Agrigento, hanno appurato che i tempi di reazione della centrale di coordinamento dei soccorsi di Tripoli sono uno dei principali pericoli per chi, non solo migranti, si trovasse in difficoltà al largo della Libia. Ufficialmente l’esiguo numero degli interventi sarebbe determinato dal cospicuo calo delle partenze. Se così fosse non si capisce perché l’Italia debba fornire a proprie spese un’altra dozzina di pattugliatori navali a chi sembra non averne bisogno. I fatti, però, suggeriscono altre ipotesi.
Nei giorni scorsi più volte profili internet vicini alle operazioni militari anti Haftar hanno diffuso immagini di motovedette riadattate a operazioni di combattimento, spiegando così la sospensione delle attività di controllo sui migranti per orientarsi sulle capacità difensive nel conflitto che secondo l’Organizzazione mondiale della salute ha fatto registrare solo a Tripoli e dintorni 254 morti e 1.128 i feriti. L’inchiesta di Avvenire sulla reale attività dei guardacoste di Tripoli è al centro di alcuni esposti alla magistratura, in particolare ad Agrigento e Roma, chiamata a valutare se oltre alla palese violazione degli accordi con l’Italia da parte del governo libico (a causa dell’embargo Onu sulle armi da guerra non è infatti possibile cedere neanche alle autorità riconosciute di Sarraj materiali d’armamento) e se questo non pregiudichi la consegna di nuovi mezzi navali a Tripoli. Diverse fonti sul posto, inoltre, confermano come vi sia difficoltà nell’approvvigionamento di carburante per le motovedette, che così restano in porto in attesa di intervenire dal mare a difesa di Tripoli.
Nel 2019 sono già stati 409 i migranti morti nel Mediterraneo, di cui 248 solo sulla rotta libica. Numeri in forte calo rispetto al 2018, ma di molto superiori al 2014, quando nel pieno della crisi siriana si registrarono 170.100 arrivi. All’epoca l’Organizzazione mondiale delle migrazioni aveva infatti registrato nei primi quattro mesi dell’anno 96 vittime.
A far temere in un peggioramento resta la situazione in Libia. È di 32.400 il numero degli sfollati dall’inizio degli scontri armati a Tripoli e dintorni. Lo scrive l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Ocha) in un aggiornamento sulla situazione nei dintorni della capitale. L’Ocha ha inoltre precisato che 3.600 rifugiati e migranti nei centri di detenzione sono esposti ai rischi derivanti dagli scontri.
Oggi si terrà al Cairo una riunione di emergenza della troika dell’Unione africana, convocata per discutere delle crisi in atto in Libia e Sudan. Lo riferisce il sito sudafricano Iol annunciando la partecipazione al summit, fra gli altri, del presidente sudafricano Cyril Ramaphosa. L’incontro è stato convocato dal presidente egiziano Abdel Fatah el-Sisi nella sua veste di presidente di turno dell’Unione Africana. Della troika fanno parte l’Egitto, il Sudafrica e il Rwanda. Tra i partecipanti, anche il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Mahamat Faki, appena rientrato da una visita in Sudan. In una delle sessioni si parlerà di come arrestare l’attuale crisi in Libia, dove il generale Khalifa Haftar sta conducendo una offensiva proprio con il sostegno, fra gli altri, dell’Egitto. L’avanzata di Haftar ha incontrato la resistenza delle tribù alleate del governo di Tripoli. Gli scontri si sono intensificati sabato, quando le forze fedeli a Sarraj hanno annunciato il contrattacco. A tal punto che l’aeroporto di Tripoli-Mitiga, l’unico funzionante, ha ripetutamente interrotto l’operatività.