domenica 27 febbraio 2022
Il segretario Pd: ha sottovalutato le reazioni, il mondo intero gli si rivolta contro. Sì a un piano con borse di studio per i giovani. E va rafforzato l’invio di armi non letali
Enrico Letta, segretario del Partito democratico ed ex presidente del Consiglio.

Enrico Letta, segretario del Partito democratico ed ex presidente del Consiglio. - Ansa

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Enrico Letta, la Russia annuncia un’offensiva. A cosa mira realmente Putin?

È molto difficile capirlo - risponde il segretario del Pd –. Ci sono tre elementi che Putin forse non aveva previsto nella sua folle scelta: confidava in una guerra-lampo, nel non avere soverchi problemi in un territorio che già considerava 'casa sua' e nel trovare una reazione molle. Così non è. Il mondo intero gli si sta rivoltando contro. E la sua immagine, che in certi ambienti era persino positiva, ora è negativa per tutti. Prendiamo la Cina: ci si aspettava che si schierasse con la Russia, invece è rimasta neutrale. Lo stesso esercito russo, infine, non mi pare animato da una gran voglia di combattere.

Il governo Zelensky potrà essere sostituito solo con un’occupazione militare dell’Ucraina. In quest’ottica, non ci vorrebbe subito una reazione più forte rispetto a queste sanzioni?

Io e il Pd dall’inizio siamo per la linea più dura possibile sulle sanzioni. Vuol dire essere sicuri che tutto ciò che finalmente si sta decidendo ora diventi operativo. Il blocco di Swift, il sistema dei pagamenti, alla lunga metterà in ginocchio il sistema finanziario russo. Ma questa non è una vicenda qualunque, questo non è il Donbass, non è l’Ossezia del Sud. Qua si vuol fare dell’Ucraina una nuova Bielorussia. Ecco, Putin oggi è un nuovo Lukashenko, un dittatore. È uno spartiacque della storia.

C’è stata però un’incertezza iniziale dell’Italia?

No. C’è stata una serie di "giochi" comunicativi fatti da terzi, per lo più fuori dall’Italia, per metterci in cattiva luce. La fermezza del presidente Draghi è stata però sempre netta, come riconosciuto ora dallo stesso Zelensky. Certo, ci sono tecnicalità da definire, ma è la politica che assume le decisioni al massimo livello, la tecnica segue. Questo è un confronto in cui sono i principi di libertà e democrazia a essere messi in gioco, anzi, la stessa Unione Europea è in gioco.

La verità, forse poco confessabile, non è che faremo poco per salvare gli ucraini?

Non sono d’accordo. Non ignoriamo certamente che le sanzioni avranno anche effetti molto pesanti non solo per noi ma su tutta l’Europa, ma fare affari coi russi non è più ammissibile. Per questo vanno accompagnate da una sospensione del Patto di stabilità Ue, da protrarre per tutto il periodo della crisi. Perché ci sono interi settori che avranno bisogno di aiuti. E anche l’Unione dell’energia deve partire subito, perché solo l’unione fa la forza. E poi per aiutare gli ucraini va rafforzato l’invio di materiale bellico non letale.

Accanto a queste ha altre proposte?

A una tengo in modo particolare: l’Italia ha le carte in regola per lanciare un grande programma di assistenza, con borse di studio e dottorati di ricerca, rivolto ai giovani, universitari soprattutto, in raccordo con gli atenei ucraini. Sarebbe una cosa davvero bella e utile per tutti, anche per noi.

Vede realizzata l’unità dei partiti attorno al governo Draghi?

Venerdì sono emerse ancora differenze nel dibattito parlamentare, quel che conta è che tali differenze non intaccano però la 'macro posizione' del Paese. Quella, per intenderci, che ha fatto dire a Salvini che si rimette alla posizione di Draghi, punto. E che mi ha fatto vedere, con sorpresa, una Meloni su questo piano persino più governista della Lega. Tutto questo è un passo avanti importante. Perché questo è uno snodo per cui un domani rimpiangeremo se oggi non produciamo lo sforzo massimo per fermare Putin. Non so se sarà sufficiente, ma lo spero. In altri tempi, comunque, sarebbero occorse settimane per raggiungere questa unità d’intenti.

Non pensa che l’Occidente, negli anni, avrebbe potuto fare di più per aiutare la Russia a uscire da questo suo isolamento?

Confesso che in questa fase non sono interessato al dibattito storico, che pure un giorno andrà fatto. Ora va fermato Putin, quel che ha attuato non è scusabile con nessuna ragione storica, è di una gravità senza fine. È il fatto più rilevante di questo secolo dall’11 settembre. Faccio tale paragone non perché reputi il presidente russo un talebano, ma per il terremoto a livello delle relazioni internazionali che causa. Questo evento cambia la bussola della geopolitica. E Putin non era un leader isolato: nel 2013, quando ero al governo, era nel G8 e presiedette il G20, era completamente integrato. Poi nel 2014 invase lui la Crimea.

Non vede più spazi oggi per la diplomazia?

Penso che spazi ci siano sempre. L’appello per la pace e l’attivismo di papa Francesco è fondamentale per creare le condizioni possibili affinché, davanti al non verificarsi degli obiettivi fissati, anche Putin si convinca a evitare inutili spargimenti di sangue. Penso anche, però, che la diplomazia ha chance solo se Putin trova terreno duro davanti. E l’isolamento della Russia in queste ore è un segnale in tal senso.

Quanto l’ha sorpresa questa visione di Putin erede della tradizione imperiale russa?

Lui ha sempre avuto un filo di contatto con quelle logiche storiche, però mi ha stupito la sua irrazionalità, il pensare di farla franca, di non far patire al popolo russo pesanti conseguenze, che dureranno a lungo.

Vede solo follia? Esclude un lucido piano?

Francamente non riesco a vedere dove porti un piano simile. E credo che, alla lunga, arrecherà a Putin anche problemi di gestione interna in un Paese che ha sì risanato il bilancio, ma che ha una struttura debolissima, con un Pil inferiore a quello dell’Italia, un Paese che è tutto energia e armi e non è riuscito a diversificare la sua economia.

Perché non si è capito il rischio che il mondo stava per correre?

C’è stata una sottovalutazione generale, di parte europea. Però l’Ue ha reagito bene, oltre ogni aspettativa. Credo che abbia pesato la vicenda afghana, cioè il fatto che l’intelligence Usa non avesse previsto lo sbriciolamento del governo di Kabul dopo il ritiro delle truppe. Stavolta, invece, gli americani hanno riguadagnato molti punti, per così dire.

Questo quadro sconta anche il nuovo ruolo degli Usa. Si può pensare che con Trump la situazione oggi sarebbe diversa?

Lo sarebbe, ma in peggio. Nel senso che l’unità del mondo nella reazione è oggi possibile perché tutti vedono in Biden il volto di Stati Uniti inclusivi e che hanno ristabilito una logica di alleanze Usa-Ue.

La crisi ucraina non cancella del tutto le vicende politiche interne. Parliamo di alleanze: Renzi dice che sta al Pd dire se vorrà stare in un campo riformista o no.

Ho sempre pensato che il dibattito sulle alleanze da noi sia viziato da un eccesso. In realtà sono il logico effetto delle politiche che si fanno. E così sarà alle prossime elezioni, a maggior ragione dopo questa vicenda internazionale. Sarà un tema dei prossimi mesi.

Sui temi sensibili come il fine vita non pensa che sia il caso di superare una logica di conflitti ideologici?

Abbiamo tre grandi temi che riguardano la società: oltre al fine vita, la legge sulla cittadinanza e il ddl Zan. Bisogna discutere e mediare ancora e siamo assolutamente pronti a farlo. Ma con un obiettivo di fondo: va coperto l’attuale vuoto normativo, che è peggio di tutto. In particolare sul fine vita trovo fondamentale dare una risposta alle esigenze che ci sono, come ha detto la Civiltà Cattolica.

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