martedì 13 aprile 2021
Per 161 tra politici, intellettuali e simpatizzanti dell’area progressista la proposta contro l’omofobia è «scritta male», vuole «cancellare la differenza sessuale»
Il deputato dem Alessandro Zan

Il deputato dem Alessandro Zan - Fotogramma

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Una legge «scritta male», una «proposta pasticciata », divenuta «manifesto ideologico», un «articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica che preoccupa». A chiedere che il testo contro l’omotransfobia firmato dal deputato Pd Alessandro Zan venga «emendato prima di essere approvato» non sono oggi esponenti del centrodestra, come sarebbe lecito attendersi. Insieme a 161 firme di politici, intellettuali, professionisti e simpatizzanti di Pd e Italia Viva – solo le prime, altre ne stanno arrivando – circola infatti in queste ore un «appello» di «donne e uomini che fanno riferimento all’area politica del centro sinistra, ispirati ai valori di estrazione democratica e progressista », provenienti «da esperienze sociali e culturali differenti », che si sono «sempre schierati in battaglie contro ogni discriminazione».

A promuovere l’appello, tra gli altri, sono la scrittrice e regista Crsitina Comencini, il filosofo e storico Beppe Vacca, le ex europarlamentari Silvia Costa e Francesca Marinaro, la storica Emma Fattorini, la filosofa Francesca Izzo, l’ex presidente di Arcigay Aurelio Mancuso, ora alla guida di Equality Italia, i consiglieri comunali del Pd Piergiorgio Licciardello (Bologna) e Alice Arienta (Milano), i consiglieri regionali dem Giuseppe Paruolo (Emilia Romagna) e Fabio Pizzul (Lombardia), Maria Teresa Menozzo, della direzione nazionale Pd, e gli ex sindacalisti Raffaele Morese e Giorgio Benvenuto. A scanso di equivoci, i firmatari chiariscono di ritenere «essenziale e non procrastinabile l’estensione alle persone omosessuali e transessuali delle tutele previste dalla vigente legge Mancino » e si augurano che nasca «presto un provvedimento che combatta in maniera severa l’omotransfobia ». Tuttavia – aggiungono – «con amarezza rileviamo che questo disegno di legge si è trasformato in un manifesto ideologico, che rischia di mettere in secondo piano l’obiettivo principale e di ridurre pesantemente diritti e interessi delle donne e la libertà di espressione ».

Di qui la ferma richiesta che il ddl Zan sia «emendato » perché «una legge scritta male porta a delle interpretazioni e applicazioni controverse che riducono i diritti e non ne consentono la piena tutela ». Infatti il progetto ora all’esame del Senato «facendo leva su un tecnicismo che appare secondario e terminologico introdurrebbe, se non emendato, una pericolosa sovrapposizione della parola 'sesso' con quella di 'genere' con conseguenze contrarie all’articolo 3 della Costituzione per cui i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere e non in armonia con la normativa vigente», la legge 164/82, che «ammette e consente la transizione da un sesso a un altro sulla base non di una semplice auto-dichiarazione. La definizione di 'genere' contenuta nel ddl Zan che non è accettata dagli altri Paesi – si legge ancora – crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto, che invece ha il dovere di dare certezza alle relazioni giuridiche e di individuare le varie fattispecie».

La critica al testo di legge si fa anche più serrata: «Una legge attesa da decenni è stata, quindi, trasformata, in una proposta pasticciata, incerta sul tema della libertà d’espressione, offensiva perché introduce l’'identità di genere', termine divenuto il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale per accreditare una indistinzione dei generi. Un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica che preoccupa». Una delle conseguenze è «la propaganda di parte, nelle scuole, a favore della maternità surrogata e l’esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi. Ma non basta: «La violenza e la discriminazione » sono state «strumentalizzate a tal punto, che c’è il concreto rischio che prevalgano visioni che, anche in altre parti del mondo, hanno aperto un conflitto rispetto all’autonomia delle donne». Ecco perché «crediamo che la legge vada modificata, assolvendo così al compito che si prefigge: tutelare le persone lgbt».

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