martedì 11 febbraio 2025
Aprendo un ciclo di webinar sui 30 anni di “Evangelium vitae” il segretario generale dell'episcopato italiano ricorda che «occorre liberare dal dolore e dalla solitudine». E interviene sul fine vita
L'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale italiana

L'arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi, segretario generale della Conferenza episcopale italiana - Agenzia Romano Siciliani

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«La rivendicazione assoluta della libertà, sconnessa da una affermazione almeno non pregiudiziale nei confronti della vita, è una posizione che lascia l’uomo solo”. Come si ritrova ad essere chi, pur di porre fine alla condizione di sofferenza, chiede di porre fine alla propria vita. Monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, l’ha ribadito con forza nei giorni scorsi alla fine del webinar di formazione su “Valore e inviolabilità della vita umana. 30 anni di Evangelium vitae” organizzato dall’Ufficio Cei per la Pastorale della salute: «Noi siamo a favore della libertà. Ma significa liberare da un dolore ingiusto con le cure palliative, farci prossimi alle persone, anche offrendo una compagnia». Intorno al malato va creato un supporto concreto, per non lasciarlo mai solo, garantendo cura e solidarietà. Ma bisogna anche proteggere i più fragili dai rischi di una società che non dà valore all’esistenza umana.

«Vedo rinascere una sorta di potere che rivendica il diritto sulla vita e sulla morte », denuncia Baturi nella lectio inaugurale del corso online “Il messaggio cristiano della vita e il diritto”. Prevale, insomma, l’affermazione individuale di una libertà derivante dalla proprietà, dal dominio sul corpo, piuttosto che l’affermazione della sacralità della vita. «Noi come Chiesa dobbiamo essere attenti – dice il segretario della Cei –. Per noi la vita è un fatto che ha conseguenze giuridiche, mentre la tendenza attuale è quella di trasformare la vita in un concetto giuridico ». Con la conseguenza che dal potere di legiferare sulla vita si passi a quello di decidere «cosa è vita e cosa è morte». Ed è un vulnus delle società attuali, del quale però spesso si ha poca consapevolezza. «Habermas dice che la democrazia ha bisogno di princìpi sottratti alla regola della maggioranza – ricorda Baturi –. Anche Benedetto XVI davanti al Parlamento tedesco ragionava in questi termini, se cioè il principio di maggioranza vada considerato buono». In sostanza, «la democrazia in cui tutto può essere deciso a prescindere da una argomentazione di verità o in cui diverse parti non concorrono è una democrazia fragile».

Come è stato ribadito anche durante le Settimane sociali a Trieste. «Il presidente Sergio Mattarella e papa Francesco – ricorda il segretario della Cei – hanno detto che la democrazia oggi sta male, non gode di buona salute, perché paradossalmente, dovendo accogliere l’azione della maggioranza tende ad accogliere chi la maggioranza può meglio manipolare, e meglio può farsi fattore di influenza. Ma che si riduca anche la sfera delle democrazie è un fatto noto. La democrazia per vivere ha bisogno di principi sottratti al principio di maggioranza. Ha bisogno di vivere di qualcosa che è per tutti, e che non può essere deciso da una maggioranza o da una minoranza. Cosa è infatti la guerra – si interroga Baturi - se non l’affermazione di un diritto sulla vita? O la pena di morte che alcuni Stati addirittura ripropongono in modo spettacolare?». Ecco allora che per contenere l’assolutezza del potere è sempre più necessario «pensare alla vita come principio non disponibile. Questo mi garantisce dal sopruso di altri e dall’invadenza indebita ». Ma per farlo non bisogna smettere di argomentare, di dialogare. «Sono convinto che lo sviluppo di questo tema sia decisivo anche in termini legislativi – ribadisce Baturi –. Non dobbiamo stancarci di proporre leggi, elaborare strumenti ». Come è necessario fare anche per la tutela della vita nascente. Sul principio di autodeterminazione, spiega infatti il segretario della Cei, si congiungono le questioni di inizio e di fine vita.

Nel momento in cui «l’aborto viene costituzionalizzato in Francia e si chiede che venga inserito nelle Carte fondamentali a livello europeo, questo tema crea legami con il fine vita: le stesse questioni possono essere vantate infatti da chi ritiene che la vita non abbia più senso e ne chiede l’interruzione». Quindi l’appello rivolto ai cattolici, a proposito delle “leggi imperfette” che tutelano la vita: «Noi siamo chiamati ad agire con proposte significative, per ottenere il massimo possibile». Il ciclo di webinar sul valore e l’inviolabilità della vita umana, promossi dall’Ufficio Cei diretto da don Massimo Angelelli, prosegue in febbraio con altri tre appuntamenti: con l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte (il 13), l’arcivescovo-vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, Giacomo Morandi (il 20) e il vicario apostolico dell’Arabia del Sud, Paolo Martinelli (il 27).

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