Campogalliano (Mo). Vaccinazioni anti-covid nel giorno del mercato settimanale presso il camper dell' Usl (Modena - 2021-08-31, ROBERTO BRANCOLINI) - Fotogramma
Mai come negli ultimi 18 mesi la nostra vita è stata incentrata sui numeri: grafici, statistiche, calcoli, curve epidemiologiche. La pandemia ha avvicinato al mondo dei numeri molte più persone di quanto non fosse mai successo in precedenza. Finalmente è stata riconosciuta l’importanza di prendere decisioni sulla base delle informazioni derivanti dai dati. Così è per applicare restrizioni nel caso di aumenti di contagi, così è per valutare l’effetto del vaccino e spingere ulteriormente sulla campagna vaccinale.
Allo stesso tempo questa infodemia, cioè l’accesso libero – e spesso non ponderato – a informazioni numeriche di vario genere e tipo, ha evidenziato, in maniera clamorosa, la necessità di valutazioni rigorose delle interpretazioni date ai numeri. Già, perché i numeri, di per sé freddi e asettici, vanno attentamente analizzati e poi interpretati nel modo corretto se si vogliono prendere decisioni accurate. Un contesto come quello che si è prodotto con le informazioni relative alla pandemia di Covid 19, purtroppo, ha fornito e continua a farlo, un terreno fertile per quanti intendono utilizzare e interpretare i numeri a proprio uso e consumo.
Ad esempio, non serve un esperto statistico per comprendere i benefici positivi del vaccino: è sufficiente saper fare conti molto semplici, alla portata di tutti. Ma allora, perché questa banale verità è così frequentemente contestata da un battagliero, seppur limitato, fronte di no-vax? Forse è il caso di prendere carta e penna per leggere ed elaborare i numeri, invece che farseli raccontare passivamente. Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: il vaccino funziona. Con altissima probabilità ci protegge dal contrarre la malattia, ci protegge dall’ospedalizzazione, dal finire intubati in terapia intensiva e, soprattutto, ci protegge dalla morte. Sia chiaro però che non è inverosimile che i vaccinati si contagino, finiscano in ospedale o muoiano, ma ciò accade in misura talmente inferiore rispetto a chi non è vaccinato, da rendere impossibile affermare che il vaccino non funzioni. I numeri sono lì a dimostrarlo, in modo, appunto, inequivocabile. Chi equivoca, in sostanza, non sa leggere i numeri. Proviamo a spiegare perché.
I dati sono pubblicamente accessibili e questo rende tutto più semplice. Le informazioni che cerchiamo sono tutte presenti nella Tabella 3 del report settimanale fornito dall’Istituto Superiore di Sanità. Consideriamo i dati riferiti alle persone con più di 80 anni, cioè le persone più a rischio e che abbiamo vaccinato per prime. Ora, nell’ultimo mese abbiamo avuto 1.321 nuovi casi di Covid-19 in persone non vaccinate, 151 in persone con ciclo vaccinale incompleto e 3.712 con ciclo vaccinale completo. Nei reparti ordinari sono state ricoverate 421 persone non vaccinate, 47 vaccinate con ciclo incompleto e 648 vaccinate con ciclo completo. Infine, i ricoveri in terapia intensiva sono stati 30 per i non vaccinati, 2 per i vaccinati con prima dose e 32 per i vaccinati con doppia dose. Di fronte a queste cifre il lettore starà pensando: per ciascuna delle situazioni (contagi, ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva) i vaccinati sono la quantità maggiore! Già, ma è nel colpo d’occhio, nei numeri assoluti che può annidarsi l’errata convinzione che il vaccino non funzioni. Soffermarsi sui numeri assoluti è spesso fuorviante, lo è di certo qualora si vogliano fare confronti tra gruppi in situazioni diverse come nel caso di vaccinati e dei non vaccinati. Invece bisogna relativizzare, perché i numeri assoluti ci dicono molto poco, e di certo non ci aiutano a rispondere alla domanda: "Il vaccino funziona?".
Guardiamo infatti le cifre complessive. In Italia, sempre secondo il bollettino, ci sono, nella classe di età con più di 80 anni, 310.867 non vaccinati, 114.534 vaccinati con ciclo incompleto e 4.128.706 con ciclo vaccinale completo. Già lo sapevamo: il 93% degli over 80 ha avuto almeno la prima dose del vaccino, e sono davvero pochi coloro che ancora non sono protetti. E allora si capisce in fretta che i 1.321 casi di positivi assumono un peso diverso se rapportati alle 310.867 persone ancora non vaccinate, e la stessa cosa vale per i 3.712 positivi se sono rapportati all’intera coorte di 4.128.706 vaccinati ultraottantenni. Basta fare una semplice divisione per scoprire che ci sono ben 425 casi positivi ogni 100 mila persone tra gli ultraottantenni non vaccinati contro soli 90 casi ogni 100 mila ultraottantenni vaccinati. Non serve una particolare abilità numerica per comprendere che 425 è circa 4,7 volte più grande di 90. Quindi, numeri alla mano, il vaccino ci protegge dal contrarre la malattia.
Conclusioni simili le otteniamo confrontando i numeri delle ospedalizzazioni: 135 persone vengono ospedalizzate e circa 10 finiscono in terapia intensiva ogni 100 mila over 80 non vaccinati. Tra i corrispondenti vaccinati il rischio crolla: solo 16 ospedalizzati e meno che 1 in terapia intensiva. Insomma, non c’è partita: il vaccino funziona, lo dicono i numeri. Il concetto da assimilare è molto semplice. Nel caso in cui il 100% della popolazione fosse vaccinato, è chiaro che anche il 100% dei casi delle ospedalizzazioni e delle morti sarebbe di persone vaccinate, pur se si tratterebbe di cifre assolute molto più basse rispetto al caso di una popolazione non vaccinata. E nessuno, qualora si verificasse una situazione del genere, potrebbe alzare la mano e dire che "il vaccino non funziona!". Eppure è ciò che sta accadendo con riferimento ad esempio ai dati inglesi. Citando un rapporto pubblicato a fine agosto da "Public Health England", oggi c’è chi afferma che «i vaccinati si contagiano di più dei non vaccinati». Ma si tratta di un’affermazione infondata. In Gran Bretagna, infatti, se ci si riferisce alla popolazione over 50, che ammonta in totale a 21.297.965 persone, ben 19.823.127 hanno concluso il ciclo vaccinale, 553.237 sono in attesa di completarlo e solo 921.601 non sono vaccinati. Cioè, circa il 96% degli inglesi con più di 50 anni ha ricevuto almeno una dose, praticamente tutti. Quindi, è ovvio, scontato, anche banale, che i casi e le morti che si verificano siano riconducibili quasi totalmente ai vaccinati.
Nel report in questione sono stati infatti conteggiati 48.264 casi di Covid-19 in persone vaccinate, contro i 4.891 in persone non vaccinate. I decessi, invece, sono rispettivamente 1.076 tra i vaccinati e 318 tra i non vaccinati. I numeri assoluti, però, come già detto, non sono utili a capire l’efficacia del vaccino. Replicando i semplici conti che abbiamo già fatto per il caso italiano, ci troviamo di fronte infatti a circa 244 casi di Covid-19 ogni 100 mila persone vaccinate e a circa 531 casi ogni 100mila persone non vaccinate. Per quanto riguarda i decessi, si registrano invece circa 5 morti ogni 100 mila vaccinati e circa 34 morti ogni 100 mila non vaccinati, quasi sette volte di più. Anche i numeri inglesi, insomma, raccontano dell’efficacia del vaccino e dell’uso improprio che si fa dei numeri quando non si è capaci di leggerli nel modo corretto. È la pigrizia (speriamo non la malizia) che porta a farci "raccontare" i numeri, invece di constatare cosa sta davvero accadendo. Come si vede, non servono luminari, esperti, o scienziati: a volte basta solo la voglia di prendere carta e penna e fare bene le divisioni.