Le stelle, a 19 anni, custodiscono sogni. Blessing per un lustro le ha guardate da un marciapiede, prima alla periferia di Palermo e poi di Milano. Il suo desiderio più segreto in quelle notti era di scappare via. Un posto sotto il viale alberato pagato 50 euro a notte alla criminalità albanese, «quando certe sere non se ne riescono a guadagnare nemmeno dieci». Troppo poco per pagare quell’enorme «debito avuto con la madame, 68mila euro», il presunto costo per venire in Europa dalla Nigeria, quello per la richiesta d’asilo politico mai avviata, il vitto, le «spese degli avvocati per tirarci fuori dai guai quando venivano fermate dalla polizia». Il prezzo delle bugie, insomma.«Fatemi tutto ma non questo, vi prego, non più», ripeteva senza ormai fiato ai suoi aguzzini. Pugni e calci la sola risposta, soprattutto «se tornavo a casa con troppo poco». Quando non era riuscita a vendere bene la merce. Venduta anche in Nigeria. Ma dalla sua famiglia, troppo povera per mandarla a scuola, troppo umile per capire l’inganno dietro quella promessa di un futuro migliore per la loro bambina più bella. Aveva appena smesso di giocare con le bambole, Blessing. Anzi adesso le sue bambole erano diventate i nipoti di cui si occupava come babysitter a Benin City. Poi, dopo appena una settimana dal nuovo lavoro, l’occasione di riscatto che sapeva l’imbroglio. «Dovevo venire in Europa per fare la bambinaia in una ricca famiglia africana. Non sapevo nulla di più». C’è sempre l’operatrice della comunità di accoglienza lombarda accanto a lei mentre parla. Le dà forza, perché ora si fida di chi ha vicino. Più va avanti nel racconto più «capisco quello che ho fatto e da cosa sono fuggita», dice.Nella più totale ingenuità, Blessing ci ha messo sei mesi per arrivare in Europa. Ha attraversato tre Stati con un passaporto falso che i suoi «trolley» le rimediavano; traghettatori che prelevano le ragazze «dalle connection house, in cui aspettavamo la chiamata stando anche in otto in una stanza». Troppa la smania di cambiare vita per insospettirsi, troppa la voglia di ribellarsi anche davanti a un macabro rito wudu. «Non capivo perché mi facevano questo», a lei che crede in Dio e non nella magia. Una cosa le è apparsa da subito chiara: «Se avessi rotto il patto di lavoro, io e la mia famiglia avremmo fatto la fine di quell’uovo schiacciato in terra». Ci ha provato. Ci ha provato tante volte a svignarsela. Come quella sera che a Palermo un cliente l’ha lasciata in lacrime davanti alla questura. Ma da lì è uscita con «un foglio di via e la madame che mi aspettava per trascinarmi di nuovo sulla strada». Ci ha provato di nuovo, quando la sua migliore amica «è stata costretta ad abortire ingoiando un intero tubetto di Cytotec», e poi lasciata moribonda in un campo in piena emorragia.I lividi e le botte hanno scavato segni profondi, evidenti anche sulla pelle scura. I tagli sulle braccia, comunque, «fanno meno male» delle ferite che l’assenza di dignità le ha cucito sul cuore. Poi una sera, dopo settimane che la vedeva passare per le vie buie di Milano, si è rivolta all’unità di strada del Cnca. E subito via in un luogo protetto per due mesi. Ora Blessing sorride. Sta seguendo un corso come addetta alle pulizie, sta imparando l’italiano e di nuovo a sognare.