martedì 28 gennaio 2025
Anticipando la notizia, Meloni non solo detta l'agenda nello scontro con le toghe. Sceglie anche una strada diversa rispetto al Berlusconi indagato del '94, che dovette inseguire lo scoop della stampa
La premier Meloni con il ministro Nordio

La premier Meloni con il ministro Nordio - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

La notizia sono io. C’est moi. Giorgia Meloni si rimette ancora una volta al centro della scena e brucia qualsiasi comunicazione ufficiale, annunciando di essere indagata direttamente con un video su Meta. Gioca d’anticipo sui tempi della magistratura e delle Procure, per annullare l’effetto sorpresa e per dimostrare di essere in grado di governare mediaticamente l’ennesimo caso giudiziario che si abbatte sull’esecutivo.

L’importante è dare l’impressione di dominare la scena, con posa studiata e tradizionale eloquio. La notizia è dunque ancora una volta Meloni. Che ribadisce di voler affrontare l’ennesima tempesta mediatica come ha fatto in altri casi, evitando che fughe di notizie, retroscena e reazioni possano mettere in dubbio la sua leadership. Ricordate il caso dell’ex compagno Giambruno, da cui si era separata mediante annuncio analogo? Anche allora l’obiettivo fu spegnere polemiche e ricostruzioni sul nascere, mettendo a tacere il gossip. Obiettivo raggiunto, peraltro.

La strategia mediatica adesso è la stessa: chiudere il caso prima che esploda, chiamare la reazione eccitata dei sostenitori e provocare ad arte l’opposizione, molto abile nel cadere in trappola. Il resto del copione è noto, compresa l’arte tutta italica di descriversi come vittima, oltre all’indicare al pubblico ignaro i presunti misfatti della Corte penale internazionale, di magistrati e avvocati coinvolti nella vicenda. Non fa nulla se il racconto è di parte e magari si sorvola sui curriculum delle persone evocate (l’avvocato Li Gotti ad esempio ha avuto trascorsi nel Msi e in Alleanza nazionale, mentre viene presentato come legale di boss mafiosi e collaboratore di Romano Prodi). Ciò che conta è dettare l’agenda, contenuti compresi. Le toghe non hanno passato le carte, in questo caso, e la politica 2.0 non vuole aspettare.

Lo scontro di poteri, dunque, si arricchisce dell’ennesimo cortocircuito ma la novità stavolta è che comanda chi dà la notizia. Chissà cosa avrebbe fatto Silvio Berlusconi nel 1994 se ci fossero stati i social: la notizia del suo avviso di garanzia arrivò dalla stampa, mentre l’allora presidente del Consiglio si trovava a Napoli per una Conferenza dell’Onu sulla criminalità organizzata. Era uno scoop quello del “Corriere della sera” che imbarazzò pesantemente il Cavaliere. Allora prevalsero rumors, silenzi e soltanto dopo ci fu la veemente reazione che scatenò la guerra dei mondi tra Procure e governo. Lo scenario è rimasto quello, ma i tempi dello scontro adesso vuole dettarli Palazzo Chigi.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: