mercoledì 28 agosto 2024
La scoperta (inattesa) dell'Istituto Humanitas: nelle terapie cellulari, se somministrato in laboratorio prima dell'infusione nei pazienti, il cloruro di sodio "risveglia" il sistema immunitario
Il Centro ricerche di Humanitas

Il Centro ricerche di Humanitas - Ufficio stampa Humanitas

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Siete proprio convinti che un po’ di sale in più nella nostra dieta faccia male? Difficile sostenerlo dopo aver letto le pagine che la prestigiosa Nature Immunology dedica allo studio dei ricercatori dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano) proprio sulle proprietà anticancro del cloruro di sodio (NaCl), il sale da cucina, appunto. La notizia arriva dopo anni di studi ma in realtà è una primizia che ha stupito gli stessi ricercatori. Ora, detto che la ricerca non invita affatto a consumare più sale nei nostri pasti (anzi, così facendo si potrebbero produrre gravi danni a livello cardiovascolare), apre però ad una novità assoluta che può rivestire una grande importanza terapeutica. In soldoni: l’aggiunta di una quantità specifica di sale nella preparazione dei più innovativi trattamenti contro i tumori, come le cellule “Car-T”, oppure le “Tcr”, può avere «un’utilità inaspettata» per attivare e rafforzare l’azione antitumorale.

Vediamo come. Per le nuove terapie, i linfociti di un paziente (cellule immunitarie fondamentali del nostro organismo, che ci difendono dall’aggressione di molte malattie) vengono prelevati, modificati in modo che riconoscano meglio le cellule tumorali e poi infusi nuovamente nel paziente stesso. In esperimenti di laboratorio, se il sale è somministrato ai linfociti T in coltura prima dell’infusione nel paziente, sembra in grado di attivare tali cellule e di aumentarne l’azione terapeutica. La ricerca, sottolineano in Humanitas, ha un alto potenziale traslazionale: se futuri studi clinici confermeranno i risultati ottenuti a Milano, il sale potrebbe diventare un “ingrediente” importante, oltre che accessibile ed economico, da aggiungere alla combinazione di citochine e metaboliti già ora in uso nella preparazione delle terapie cellulari contro il cancro.

Ma perché è così difficile attivare il sistema immunitario contro il tumore?

Nel microambiente tumorale anche le cellule che dovrebbero essere più aggressive contro il cancro, è il caso delle “T Cd8” del sistema immunitario, possono essere inattivate dal tumore stesso, che è in grado di farle “esaurire”: insomma, i nostri “soldati”, che dovrebbero difenderci, non sono più in grado di svolgere la loro azione e smettono di proliferare. «Comprendere e invertire questo stato di esaurimento delle cellule T - afferma Enrico Lugli, responsabile del Laboratorio di Immunologia traslazionale di Humanitas - è fondamentale se vogliamo ottenere trattamenti efficaci contro il cancro: anche le terapie di frontiera come le Car-T, basate sull’ingegnerizzazione del sistema immunitario al fine di renderlo capace di riconoscere meglio il tumore, rischiano di andare incontro agli stessi meccanismi di esaurimento». C’erano già dati preliminari su come diversi micronutrienti - dai grassi al glucosio, dal potassio al magnesio - possano influenzare la funzione delle cellule immunitarie, modificandone il metabolismo e alterandone il comportamento verso stati pro o anti-infiammatori. «Ma sul ruolo del sale - prosegue Lugli - sapevamo pochissimo, soprattutto sulle cellule T Cd8».

Enrico Lugli

Enrico Lugli - Ufficio stampa Humanitas

Il valore della scoperta dei ricercatori italiani

Il gruppo di Humanitas ha scoperto che una singola aggiunta di NaCl alle cellule coltivate in laboratorio è in grado di “risvegliarle”, aumentandone la persistenza e l’azione anti-tumorale. I ricercatori hanno dimostrato che il trattamento preparatorio delle cellule T è in grado di prevenire l’esaurimento delle cellule una volta trapiantate, probabilmente attraverso l’azione di uno dei due ioni che compongono il sale: il sodio (Na). «La scoperta aiuta a chiarire il ruolo del metabolismo nel riprogrammare il sistema immunitario ma indica anche una strategia innovativa e sostenibile per potenziare le immunoterapie cellulari», aggiunge Lugli.

Il gruppo di ricerca guidato da Enrico Lugli

Il gruppo di ricerca guidato da Enrico Lugli - Ufficio stampa Humanitas

Un gruppo di eccellenza

La scoperta del gruppo di Lugli è stata resa possibile grazie al programma “5 per mille” di Fondazione Airc per la Ricerca sul Cancro Ets, guidato da Maria Rescigno, e al “Cancer Research Institute” (Cri) di New York, che sostiene il laboratorio di Lugli dal 2021, quando il ricercatore - unico in Italia - si è aggiudicato il “Cri Lloyd J. Old Star Award”. Ulteriori studi eseguiti in collaborazione con Matteo Simonelli, responsabile dello Sviluppo clinico precoce di nuovi farmaci sui tumori solidi (studi di Fase I) e della Neuroncologia di Humanitas Cancer Center, e con l’oncologa e ricercatrice Agnese Losurdo, hanno rivelato che «livelli di sodio più elevati nel sangue sono associati a una migliore risposta all’immunoterapia del cancro, inclusa quella con i cosiddetti inibitori dei checkpoint». Una evidenza che apre scenari molto interessanti per le nuove cure.

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