Rosa e Olindo prima dell'arresto - Fotogramma
La Corte d'Appello di Brescia ha emesso un decreto di citazione a giudizio nei confronti di Olindo Romano e Rosa Bazzi per l’udienza al termine della quale i giudici decideranno sull'istanza di revisione del processo di revisione della strage di Erba. I due coniugi sono stati già condannati all'ergastolo nel primo processo. L'udienza è fissata per il primo marzo e il processo davanti alla stessa Corte d'Appello potrebbe concludersi con un'assoluzione o con una condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano, oppure con una dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di revisione. La Corte d'Appello di Brescia ha accolto così le istanze del sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser e del pool di legali guidato da Fabio Schembri secondo cui nuovi elementi dovrebbero portare alla revisione della condanna all'ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi per avere ucciso l'11 dicembre del 2006 quattro persone: Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, oltre al marito di quest’ultima, Mario Frigerio, ferito gravemente.
La testimonianza di Mario Frigerio (morto nel 2014) è una delle tre prove-chiave che avevano portato alla condanna di Rosa e Olindo nel primo processo, conclusosi in Cassazione. Le altre due sono la confessione (poi ritrattata) dei due imputati e una macchia di sangue di Valeria Cherubini ritrovata sull’auto di Olindo. Tre pilastri portanti dell’accusa che vengono contestati nella richiesta di revisione del processo: «Mario Frigerio fu indotto dalle domande dell’allora luogotenente dei carabinieri Gallorini a costruire il falso ricordo di Olindo», è la tesi difensiva accolta anche dal sostituto pg milanese. «In un primo momento, dal letto di ospedale, Mario Frigerio aveva indicato nel suo assalitore una persona sconosciuta, di carnagione olivastra», viene ricordato nella richiesta di revisione. Tesi sottolineate per la prima volta nell’inchiesta televisiva della trasmissione Le Iene. Olindo e Rosa confessarono dopo l’arresto «sotto pressione e furono vittime di una vera e propria circonvenzione»; avrebbero confessato infatti per avere uno sconto di pena e per potersi rivedere in carcere. Infine la macchia di sangue trovata alla base della portiera dell’auto di Olindo viene definita una prova «fortemente dubbia» nella richiesta di revisione presentata da Tarfusser, tantoché «probabilmente» non fu prelevata da quel luogo. Sostituto pg che ora accoglie la decisione della Corte d’Appello bresciana con «enorme soddisfazione personale» e aggiunge di «sentirsi ripagato dagli ostracismi».
L’istanza di revisione era stata inviata alla procura generale di Milano, con parere negativo sulla riapertura delle indagini perché «inammissibile e infondata nel merito», dal momento che «non ci sono nuove prove decisive», secondo il parere della procuratrice generale Francesca Nanni. Il suo sostituto avrebbe depositato di propria iniziativa la richiesta di revisione del processo, ritenendo Rosa Bazzi e Olindo Romano vittime di un errore giudiziario, ed è stato sottoposto pertanto a procedimento disciplinare dal pg della Cassazione. Ora il tribunale di Brescia ha deciso diversamente prendendo in considerazione la richiesta per un processo bis. «Siamo contenti della notizia, discuteremo per arrivare a una sentenza di assoluzione», conclude Tarfusser. Per Fabio Schembri, che con il collega Nico D'Ascola difende Olindo Romano (la difesa di Rosa Bazzi è affidata invece a Luisa Bordeaux e Patrizia Morello), «è una grande soddisfazione aver riaperto i giochi» sulla sorte di Olindo e della moglie Rosa: «La nostra vera soddisfazione, però - ha aggiunto il legale - è se arriverà un proscioglimento, chiesto sula scorta delle prove nuove». Gli avvocati puntano su nuovi testimoni e una serie corposa di consulenze (sette) alla base della richiesta di revisione della sentenza. Uno di essi, Abdi Kais, «mai sentito all'epoca dei fatti» per i difensori della coppia, è un uomo che abitava nella casa della strage, legato ad Azouz Marzouk. L'uomo aveva riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale fu ferito lui stesso, e aveva sostenuto che la casa della strage «era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi». Questo, secondo la difesa di Rosa e Olindo il vero movente della strage non l'odio dei coniugi. Altro testimone citato dalla difesa è un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parti mancanti
«del 50% dei momenti topici delle intercettazioni».
Giuseppe Castagna, che nella strage di Erba ha perso madre, sorella e nipotino non è scosso dalla decisione dei giudici di Brescia sull'istanza di revisione della sentenza. «Possono cercare in tutti i modi, ma non troveranno mai un'altra verità. Ogni volta che ci arrivavano notizie di iniziative della difesa o mediatiche provavamo dolore, ora è quasi noia», ha aggiunto.