
Contro l'usura l'aiuto delle comunità - Imagoeconomica
Non è solo un fidarsi dell’altro, delle sue capacità di rialzarsi da un periodo di fragilità grazie ad una mano tesa. È ancor prima essere corresponsabili di quel percorso di accompagnamento che permette di dare seconde opportunità alle persone. “Mi fido di noi”, il progetto di microcredito sociale lanciato da Conferenza episcopale italiana, Caritas italiana, Consulta Nazionale Antiusura, le diocesi e cinque fondazioni antiusura (San Bernardino di Milano, Salus Populi Romani di Roma, San Nicola e SS. Medici di Bari, Santi Massimiliano e Rosalia di Palermo e Sant’Ignazio da Laconi di Cagliari) presentato oggi a Roma, consente così di “stare accanto” non solo con un sostegno economico ma con strumenti nuovi ed inclusivi rendendo quel credito ricevuto non un peso ma un segno di riscatto e fiducia.
Così la donna emiliana che ha perso tutto nell’alluvione è riuscita a ricomprare i mobili di casa e quella che ha subìto violenza a pagarsi le spese legali in sede civile per tutelare i propri figli. Sono tante e generalizzate le situazioni di fragilità che possono trovare risposta con il microcredito, in sostanza «un’alleanza sociale per la speranza, che rappresenta un giubileo per chi non ha speranza». Il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi si sofferma molto sul «valore della corresponsabilità del progetto, che significa uscire dall’idea del mi fido solo di me e basta» e ci proietta nella dimensione del noi per dare non «cure palliative a quella singola fragilità, ma la cura». È quindi «la carità che diventa progetto», prosegue l’arcivescovo di Bologna, non aiuto fine a se stesso.
Attraverso l’accesso al microcredito, un contributo di 8mila euro concesso in base a criteri di sostenibilità per spese mediche, canone di locazione, riqualificazione energetica dell’abitazione, accesso ai servizi pubblici essenziali (trasporti ed energia), spese scolastiche e di formazione, «si scommette sul proprio futuro, non vedendo nel domani una minaccia», aggiunge poi il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi. In “Mi fido di noi”, l’arcivescovo di Cagliari vede infatti tre punti fondamentali; innanzitutto «la finalità di dare fiducia a persone e famiglie in difficoltà, poi dare loro un aiuto che è valore economico, ma anche - questo il terzo punto - il valore sociale del progetto ovvero il coinvolgimento della comunità, delle diocesi e delle parrocchie che adattano il progetto di restituzione alle esigenze delle singole persone».
Ecco perché ci si rivolge a quanti – enti, associazioni di categoria, istituzioni, privati cittadini – possono dare il proprio contributo per diffondere questa opera-segno. Con questo progetto si passa dalla «cultura dell’io alla cultura del noi», ricorda il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello, sottolineando che chi si rivolge alla Caritas «non è solo portatore di bisogni, ma anche di desideri. Con questo progetto si educa e si restituisce dignità, ciò può funzionare però se c’è dietro una comunità che lo accompagna». Il microcredito è così uno strumento in più nella “cassetta degli attrezzi” degli operatori Caritas, «per non cadere nell’assistenzialismo, ma per generare percorsi virtuosi. Perciò don Pagniello parla di progetto inteso come maxi-opportunità «perché ci permette di costruire legami», di maxi-famiglia perché «è un sostegno che protegge e accompagna, non compromettendo la stabilità familiare», è la speranza di una maxi-fiducia «ovvero la fiducia che si moltiplica». Ed infine è maxi-comunità perché «solo le relazioni fanno la differenza».
Ad essere protagoniste saranno le diocesi (finora hanno aderito in una ottantina) e le Caritas diocesane che attivano il punto di contatto. “Mi fido di noi” vuole così sviluppare - spiega Alessandro Caffi, dirigente per la gestione delle risorse finanziarie per i progetti speciali della Cei - un «hub di sviluppo locale per migliorare la personalizzazione del microcredito». La Cei, come ente gestore, gestisce invece il fondo di raccolta e garantisce il coordinamento nazionale del progetto, mentre Banca etica fornisce il supporto tecnico per la gestione delle risorse finanziarie, ma i contratti di finanziamento saranno stipulati direttamente tra le Fondazioni antiusura e i beneficiari.