mercoledì 28 aprile 2021
Per la Presidenza Cei la legge in discussione al Senato non si deve prestare ad «ambiguità interpretative» né può «combattere la discriminazione» con «l’intolleranza»
La sede della Conferenza episcopale italiana a Roma

La sede della Conferenza episcopale italiana a Roma - GENNARI/SICILIANI

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Occorre che un provvedimento «importante» come il ddl Zan non si presti ad «ambiguità interpretative» e «cresca con il dialogo», «aperto e non pregiudiziale», al quale contribuisca «anche la voce dei cattolici italiani», senza perseguire l’obiettivo di «combattere la discriminazione» con «l’intolleranza». È un giudizio fermo ma aperto al confronto quello che esprime la Presidenza della Cei nella nuova Nota in materia che già nel titolo – «Troppi i dubbi: serve un dialogo aperto e non pregiudiziale» – offre un contributo di chiarezza al dibattito che si è finalmente avviato sul disegno di legge in discussione al Senato (e che avrà come relatore il presidente della Commissione Giustizia, il leghista Andrea Ostellari).

Nella Nota varata durante la riunione del 26 aprile, e che si aggiunge a quella del 10 giugno 2020 sullo stesso tema, la Presidenza del nostro episcopato, «nel quadro della visione cristiana della persona umana, ribadisce il sostegno a ogni sforzo teso al riconoscimento dell'originalità di ogni essere umano e del primato della sua coscienza. Tuttavia – precisa subito la Conferenza episcopale italiana – una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l'obiettivo con l'intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna». Nelle parole della Nota Cei si coglie l’eco del confronto che si è aperto nelle ultime settimane, con forti e autorevoli voci dissonanti emerse anche nell’area progressista: «In questi mesi – prosegue la Cei – sono affiorati diversi dubbi sul testo del ddl Zan in materia di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, condivisi da persone di diversi orizzonti politici e culturali. È necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative».

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I vescovi sottolineano la preoccupazione che li muove: «L'atteggiamento che è stato di Gesù Buon Pastore ci impegna a raggiungere ogni persona, in qualunque situazione esistenziale si trovi, in particolare chi sperimenta l'emarginazione culturale e sociale. Il pensiero va in particolare ai nostri fratelli e sorelle, alle nostre figlie e ai nostri figli, che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze. Con Papa Francesco desideriamo ribadire che "ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza" (Amoris Laetitia, 250)». È proprio «alla luce di tutto questo» che – aggiungono i vescovi – «sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l'unicità della famiglia, costituita dall'unione dell'uomo e della donna, e riconosciamo anche di doverci lasciar guidare ancora dalla Sacra Scrittura, dalle Scienze umane e dalla vita concreta di ogni persona per discernere sempre meglio la volontà di Dio».

L’appello finale della Presidenza Cei ad avviare un confronto sereno e trasparente è una mano aperta nella chiarezza delle posizioni di tutti: «Auspichiamo quindi – conclude la Nota Cei – che si possa sviluppare nelle sedi proprie un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale».

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