Il 29 febbraio cade una volta ogni quattro anni - Avvenire
Oggi è un giorno intermittente: qualche volta c’è ma molto più spesso no. Il 29 febbraio compare sui calendari una volta ogni quattro anni, con qualche eccezione: sono bisestili – con 366 giorni – solo gli anni divisibili per quattro, a patto che non siano date secolari come 1700 o 1800. Anche le date secolari, però, possono essere bisestili nel caso siano divisibili per 400 (come 2000). Complicato? Sì, ma necessario. Il giorno in più serve a sincronizzare il calendario umano con quello astronomico perché la Terra, per fare un giro completo intorno al Sole, impiega 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi. E, alla lunga, quelle sei ore in più avrebbero finito per spostare il Natale al posto della Pasqua... Il primo a cercare di risolvere il problema fu Giulio Cesare: stabilì che l’anno dovesse durare 365 giorni e ogni quattro 366. L’imperatore disse addio al calendario da 355 giorni instituito da Numa Pompilio e per recuperare il tempo perso decretò che il 708 a.C. sarebbe durato 455 giorni. Ma con questo sistema i giorni in più finirono per essere troppi; toccò a papa Gregorio XIII sistemare le cose e la soluzione che trovò è quella che usiamo ancora oggi: nel 1582 ordinò che il giorno successivo a giovedì 4 ottobre sarebbe stato venerdì 15: il salto di dieci giorni servì ad azzerare il ritardo accumulato in quasi due millenni
Chi ha inventato il calendario?
Romolo è conosciuto soprattutto per aver fondato Roma – insieme al fratello Remo – ma pochi sanno che anche il primo calendario viene attribuito a lui. Alcuni storici sostengono che i mesi fossero dieci e che l’anno cominciasse a marzo: dopo Martius, Aprilis, Maius e Iunius, arrivavano, però, Quintilis (cioè “quinto mese”) e Sextilis seguiti da September, October, November e Dicember. Il Quintilis sarebbe poi diventato Iulius, in onore dell’imperatore Gaio Giulio Cesare, mentre il mese che lo seguiva venne trasformato in Augustus per omaggiare Augusto, il primo imperatore. Tornando all’anno bisestile: gode di pessima fama, immeritata ma testimoniata da molti detti popolari: tra i più famosi ci sono “anno bisesto anno funesto” e “anno bisesto che passi presto” o, ancora, “se l’anno è bisestile, preparati a riempire il sacco e il barile” (cioè fai scorta di grano e vino perché saranno dodici mesi di carestia). Prove di queste dicerie, però, non ce ne sono
È immeritata la sua cattiva fama
Se il 29 febbraio è una stranezza che si presenta solo una volta ogni quattro anni (ma, come abbiano visto, le cose sono più complicate di così), il 30 febbraio è una vera rarità: la Storia ne registra almeno tre. Quando papa Gregorio XIII, come abbiamo visto, introdusse il calendario in uso ancora oggi, non tutti i Paesi si adattarono subito (e alcuni non sono in linea ancora adesso). La Svezia scelse un modo particolarmente complicato per adeguarsi alla riforma gregoriana, finendo per ritrovarsi – nel 1712 – con un giorno in meno del necessario: così decise di aggiungere, ma solo per quell’anno, anche il 30 febbraio. E il 30 febbraio comparve in Unione Sovietica nel 1930 e nel 1931: il governo sovietico era una dittatura e come tutte le dittature voleva controllare ogni dettaglio della vita delle persone, compreso il calendario, e in nome dell’uguaglianza decise che tutti i mesi dovessero avere uguale durata, 30 giorni. La confusione generata fu tale che il cambiamento ebbe vita breve.
E qualche volta si decise di fare pure 30...
Il calendario ha conosciuto parecchi stravolgimenti, cose da far impallidire l’aggiunta del 29 febbraio. Per esempio, durante la Rivoluzione francese che rivoluzionò anche mesi e giorni. Prima di tutto, anche in questo caso in nome dell’uguaglianza, tutti i mesi avevano trenta giorni e l’anno una durata di 360 ma – per pareggiare il solito conto con la rotazione della Terra – venivano aggiunti cinque giorni (sei negli anni bisestili) chiamati “sanculotti”. I nomi dei mesi erano ispirati al clima oppure a momenti importanti della vita contadina: l’anno iniziava il primo giorno d’autunno e il primo mese era il vendemmiaio, cui seguivano il brumaio (per via delle nebbie e delle brume) e il frimaio (freddo e umido). E via così, con nevoso, piovoso e ventoso (i mesi invernali) e poi germile, fiorile e pratile (la primavera), messidoro, termidoro e fruttidoro (l’estate). Questo calendario venne abrogato da Napoleone il 31 dicembre 1805.