giovedì 19 settembre 2024
L'eurocamera approva una risoluzione per il sostegno militare all'Ucraina che cancella i limiti all'utilizzo dei missili forniti dai Paesi membri. Gli italiani votano contro, ma il Pd si spacca
Il Parlamento europeo

Il Parlamento europeo - Ansa

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Kiev può usare le armi fornite dai Paesi dell’Unione per colpire in territorio russo e la prospettiva fa infuriare Mosca che torna ad agitare lo spettro di una guerra nucleare. Il voto del Parlamento europeo di ieri chiede di allargare il perimetro di azione dell’esercito ucraino, abbattendo l’ultimo, controverso paletto che ancora gli impediva di sfruttare al massimo il potenziale bellico a disposizione. In realtà si tratta di una risoluzione non vincolante, proposta all’Eurocamera per ribadire il sostegno all’Ucraina e utile all’appena riconfermata Ursula von der Leyen in vista della visita di oggi da Volodymyr Zelensky. Il segnale però è chiaro, approvato con 425 voti a favore, 131 contrari e 63 astenuti. Mentre l’articolo 8, che appunto invita i 27 a rimuovere le restrizioni sull’uso delle armi ricevute dall’Occidente, ha richiesto un voto separato, ma è comunque passato con 377 sì, 191 no e 51 astenuti.

Sul paragrafo più discusso quasi tutti gli italiani che hanno partecipato al voto si sono espressi contro, ma nel Pd il fronte si è sfaldato, con il sì di Pina Picierno (peraltro ampiamente annunciato) e di Elisabetta Gualmini, in linea con il resto dei Socialisti europei. Sul «no» si sono schierati sicuramente in 8, tra questi il capodelegazione Nicola Zingaretti, Antonio Decaro e gli eurodeputati considerati vicini a Elly Schlein. Cecilia Strada e Marco Tarquinio si sono anche astenuti sull’intero testo (su cui il gruppo dem ha dato parere favorevole). La prima ha invece votato contro l’uso delle armi in Russia mentre il secondo non ha partecipato per problemi tecnici, ma avrebbe anche lui espresso un voto contrario. Diversi dem risultano però “non votanti” sull’articolo 8.

Due voti a favore dell’articolo 8 ci sono stati anche in Forza Italia (quelli di Massimiliano Salini e Marco Falcone) nonostante il «no» complessivo della delegazione azzurra, che poi ha sostenuto la risoluzione nel suo complesso. Contraria in entrambi i casi la Lega, così come il M5s e Avs. Nessuna sorpresa in Fratelli d’Italia, che ha appoggiato compatto la risoluzione e si è espresso in modo altrettanto unito contro l’uso delle armi in Russia.

Mosca non ha mancato di esprimere la sua disapprovazione, con il presidente della Duma, Viaceslav Volodin, che ha evocato un conflitto «nucleare» minacciando «una risposta dura e con armi ancora più potenti» nel caso di attacchi di Kiev sul suo territorio con armi europee. Ma questa non è l’unica ragione di irritazione per Vladimir Putin. Il documento chiede agli Stati membri di «mantenere ed estendere» anche le sanzioni contro la Russia e i Paesi che forniscono alla Federazione «tecnologie militari» e di condannare il recente trasferimento di missili balistici dall’Iran a Mosca. Nonostante l’appoggio all’azione militare a Kiev, resta l’obiettivo generico di «individuare una soluzione pacifica alla guerra», ma qualsiasi risoluzione del conflitto «dovrà basarsi sul pieno rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina».

Altro aspetto essenziale è il riconoscimento della responsabilità per i crimini di guerra russi e dei dovuti risarcimenti di cui Mosca dovrà farsi carico. Per questo i parlamentari di Strasburgo chiedono all’Unione di stabilire anche un regime giuridico per la confisca dei beni statali russi congelati dall’Ue come parte degli sforzi per compensare l’Ucraina per i danni subiti. Sul piano politico l’aspetto più rilevante riguarda il Pd, perché i due voti in dissenso di FI sono tutto sommato fisiologici per un partito da sempre in linea con la direzione del Ppe. Non è un caso, invece, se lo staff dei dem abbia fatto circolare la nota del gruppo dei Socialisti & Democratici europei (per la maggior parte a favore dell’intera risoluzione) in cui si specifica che il voto della delegazione italiana è stato semplicemente l’espressione «di una sensibilità nazionale» che «non vuol dire divisione».

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