I matrimoni sono in calo - Archivio Ansa
Due matrimoni su tre al Nord e uno su tre al Sud sono stati celebrati nel 2019 con rito civile. Nel crollo generalizzato delle nozze – oltre 11 mila in meno rispetto al 2018 – l’arretramento dei matrimoni religiosi, evidenziato dal Report Istat diffuso ieri, è conferma che interroga e preoccupa. Interroga perché si tratta di una tendenza già evidente da alcuni anni e che, nonostante l’impegno profuso per cambiare registro, non appare facilmente arginabile.
Cosa è capitato negli ultimi decenni da rendere sempre meno attrattivo agli occhi dei giovani il matrimonio sacramento? Come mai tanti incertezze nell’annunciare il vangelo dell’amore di coppia? L’analisi – impietosa – è già in Amoris laetitia, quando il Papa critica la lunga insistenza su «questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia». E in modo ancora più esplicito: «Abbiamo difficoltà a presentare il matrimonio più che come un cammino dinamico di crescita e realizzazione che come peso da sopportare per tutta la vita» (n.37). Poi, nel paragrafo successivo, passando dalla diagnosi alla terapia, sollecita di aprirsi a una «pastorale positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo». Sbagliato quindi un atteggiamento difensivo, sbagliati gli «attacchi al mondo decadente» – quante volte ci siamo rifugiati, inutilmente, nella strategia del 'no' – mentre è urgente attingere a nuove strategie propositive «per indicare strade di felicità».
Ecco il grande vuoto di cui tutti, in parti diverse, portiamo un pizzico di responsabilità. Ci siamo dimenticati di spiegare e – soprattutto – di testimoniare la bellezza di una scelta che apre a strade di felicità. Non come dato scontato, disponibile soltanto inserendo un gettone, ma come esito impegnativo di una volontà d’amore che rende sempre il centuplo anche quaggiù, fuori e dentro le porte di casa. E, allo stesso tempo, non abbiamo saputo rinnovare la proposta, adeguare il linguaggio, comprendere che le incertezze di coloro che, prendendo le distanze dalle nozze in chiesa, non intendevano rifiutare un grande progetto d’amore – che rimane auspicio profondamente radicato nel cuore ad ogni età e ad ogni latitudine – ma esprimere un disagio verso un ideale «troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono» (n.35).
Sono trascorsi cinque anni da queste parole e, almeno per quanto riguarda l’Italia – ma il dato è comune a tutto il mondo occidentale – l’apostasia silenziosa dal matrimonio-sacramento, non ha fatto che peggiorare. Una pandemia delle relazioni che Francesco intende affrontare con un anno speciale dedicato alla famiglia e ad Amoris laetitia. Rileggere quelle parole, individuare nuove e più efficaci modalità per indicare più efficaci strategie pastorali positive e propositive, è un percorso che terrà impegnata la Chiesa dal prossimo 19 marzo fino all’Incontro mondiale delle famiglie, a Roma, nel giugno 2022.
Si tratterà di una revisione provvidenziale e urgente perché, come ricorda anche il Report Istat, il crollo delle relazioni è generalizzato. Tocca in modo particolare, come detto, le nozze religiose, ma investe anche matrimoni civili e unioni civili – dalle 2.808 del 2018 alle 2.297 del 2019 – a dimostrazione che esiste una flessione generalizzata sul fronte della responsabilità e dell’impegno relazionale definitivo che va al di là dell’orientamento sessuale. E infatti l’unico dato in aumento è quelle delle cosiddette unioni libere, quadruplicate negli ultimi dieci anni.
Oggi secondo l’Istat sono quasi due milioni, ferma restando la difficoltà di calcolare il numero di persone che non intende registrarsi da nessuna parte. Come difficilmente misurabile – ma secondo l’Istat in rapido aumento – il numero delle convivenze prematrimoniali che sempre più spesso si protraggono a tempo indeterminato. A conferma che la crisi antropologica che pesa sul presente e sul futuro di tutti fa prevalere provvisorietà, incertezza, aleatorietà.
Non è una buona notizia. Una società che, come la nostra, sta rinunciando progressivamente al matrimonio, si autocondanna all’evaporazione di alcuni tra i legami fondamentali e irrinunciabili della convivenza civile. Meno matrimoni non vuol dire soltanto meno figli, ma anche meno educazione, meno solidarietà intergenerazionale, meno progettualità, meno futuro, meno speranze. Se l’amore non costruisce, il declino, per tutti, è inevitabile. Possibile che soltanto la Chiesa avverta l’assoluta tragicità di questo scenario?