giovedì 20 giugno 2024
Il progetto europeo è coordinato dall'Ateneo di Firenze. Si svolgerà principalmente in Grecia, Italia, Polonia e Norvegia
Palm Jumeirah, l'isola artificiale a Dubai, a forma di palma

Palm Jumeirah, l'isola artificiale a Dubai, a forma di palma - Ansa

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Alla ricerca dell’isola che ci sarà. In un contesto di sovrappopolamento e carenza di zona abitabili, l’Università di Firenze lancia un progetto per realizzare isole artificiali lontano dalla costa.

Dall’arcipelago di Palm Islands a Dubai a quella a forma di fiore di Danzhou, queste strutture artificiali sono sempre più diffuse. Ma nella maggior parte dei casi si tratta di isole realizzate in aree marine protette come, ad esempio, nei golfi. La sfida del progetto europeo Famos (Sustainable, Reliable, and Socially Acceptable Modular Floating Islands for Multi-use Offshore Spaces) è portare strutture artificiali di questo tipo in mare aperto. Al lavoro, coordinato da Lorenzo Cappietti, docente del dipartimento fiorentino di ingegneria civile e ambientale, partecipano partner universitari dalla Norvegia, Polonia e Cipro. «Si tratta della fase iniziale di un progetto che durerà molti anni. In questo primo momento l’obiettivo è strutturare una proposta concettuale che identifichi quali sono le migliori tecnologie per creare questi spazi», spiega Cappietti.

Concretamente si pensa a degli enormi frangiflutti galleggianti che serviranno per creare uno spazio marino protetto all’interno del quale costruire le isole artificiali. «Come i frangiflutti, anche le isole saranno galleggianti e si suddivideranno in tre tipologie: per la produzione di energia, per la produzione di acqua e una abitabile». Nuovi spazi per far fronte alla carenza di terre abitabili. «Alcune aree costiere sono ormai sature – racconta Cappietti. Penso ad esempio al Principato di Monaco che ormai da anni si sta espandendo fuori dal proprio territorio». Ma arrivare in mare aperto è più complesso: «È più difficile per la presenza di grossi moti ondosi che sono davvero provanti da un punto di vista della resistenza». Proprio per questo la prima domanda a cui si cercherà di rispondere nel corso del progetto è dove poter immaginare queste isole galleggianti nei tre bacini che verranno esaminati: Mediterraneo, Mare del Nord e Baltico.

Un progetto che apre anche a un tema di appartenenza e sovranità territoriale. «Questo è un aspetto critico e stiamo creando un advisory board apposito», conferma Cappietti. «Se dovessi proporre di fare questa struttura fuori dalle 12 miglia, se quelle acque non sono state reclamate da nessuno, sono acque libere. Ma secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del mare del 1982 ogni Paese può reclamare una cosiddetta zona economica esclusiva che arriva fino a 200 miglia dalla costa. Nei bacini che stiamo prendendo in considerazione, non essendo grossissimi, proiettare 200 miglia verso il mare vuol dire arrivare in casa di qualcun altro: è un fatto che tutt’ora limita i Paesi del Mediterraneo a reclamare l’uso esclusivo di queste zone di mare perché vorrebbe dire aprire un contenzioso politico internazionale», spiega Cappietti.

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