Si affinano le tabelle, al ministero dell’Economia, prima di trasformare in un emendamento la distribuzione degli 8 miliardi destinati al calo delle tasse nel 2022. Ultimo nodo, il miliardo e mezzo di decontribuzione "una tantum" sui lavoratori a bassi redditi, con formule che però, per la vastità della platea, producono modici risparmi, 10-20 euro al mese.
Confermato invece il nuovo assetto a 4 aliquote: 23% sino ai 15mila euro, 25% dai 15.001 ai 28mila, 33% da 28.001 a 50mila, 43% oltre i 50mila euro. Una rimodulazione che produce un taglio maggiore dell’Irpef per i redditi medi, in particolare intorno ai 50mila lordi, trascinando una coda di vantaggi, circa 270 euro annui, anche per i redditi altissimi (effetto che il governo non è riuscito a sterilizzare per il no dei partiti di centrodestra in maggioranza e di Iv).
Mancava, per comprendere in pieno il quadro, il nuovo assetto delle detrazioni, cui si è arrivati negli ultimissimi minuti prima del Cdm di venerdì. Ed è con questa leva che si è cercato di rispondere - con una nuova detrazione base fissata a 3.100 euro - all’accusa politica di non essere intervenuti sui redditi medio-bassi e bassi.
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Come spiega il segretario confederale Cisl Giulio Romani, responsabile del dipartimento fiscale, nella fascia fino a 14.999 euro la detrazione resta fissa perché dagli 8mila euro in su agirà ancora il bonus Renzi-Conte2 da 100 euro al mese, che per questi redditi non viene riassorbito ma continua a essere percepito come "extra", andando a compensare del tutto la tassazione Irpef fino a 12.500 euro circa.
La scelta del governo, continua Romani, è quella di cominciare a riassorbire il bonus Renzi ma di farlo in scaglioni di reddito oltre i 15mila euro in modo da evitare che una "spalmatura generale" potesse portare alcuni redditi a perdere qualcosa tra vecchio e nuovo regime. La sintesi dell’intervento fiscale però non cambia: i vantaggi maggiori della nuova Irpef restano per i redditi tra 40 e 55mila euro lordi, intorno ai 700 euro annui, poiché è lì che si beneficia del taglio delle due aliquote centrali dell’Irpef.
Intanto con molti meno clamori del nuovo regime Irpef è passato al Senato, nell’ambito del decreto fiscale collegato alla manovra, un intervento che penalizza le associazioni e il volontariato. A dare l’allarme la portavoce del Forum Terzo settore Vanessa Pallucchi: un emendamento impone alle realtà del sociale, dal primo gennaio, di essere assoggettate al regime Iva pur non svolgendo alcuna attività commerciale.
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Il provvedimento, spiega il Forum, prevede il passaggio da un regime di esclusione Iva ad un regime di esenzione solo per i servizi prestati e i beni ceduti dagli enti nei confronti dei propri soci. «Sembra una piccola variazione, neutra economicamente, ma che invece comporta i costi di tenuta della contabilità Iva, oneri e ulteriori adempimenti burocratici mentre il Terzo settore sta affrontando il delicato passaggio di entrata in vigore del Registro unico. L’introduzione di questo ulteriore adempimento è peraltro disallineato con la normativa oggi in vigore e produrrà disorientamento e sfiducia negli enti, soprattutto quelli più piccoli».
«Se l’annuncio della riforma del Terzo settore è stato salutato con soddisfazione per l’attesa semplificazione, provvedimenti come questo producono grande delusione – prosegue Pallucchi –. Esattamente un anno fa ci siamo battuti perché nella formulazione della legge di bilancio era stato inserito questo stesso provvedimento, poi fortunatamente espunto. Oggi, dopo un anno, ci troviamo di nuovo al punto di partenza».
La richiesta è espellere la norma nell’imminente passaggio del decreto fiscale alla Camera. «Il terzo settore va sostenuto, non colpito», dice Pallucchi a pochi giorni da un’altra presa di posizione del Terzo settore sul bando per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, rivolto unicamente agli enti locali.