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Le intercettazioni saranno utilizzate «per contrastare la criminalità e non per alimentare i pettegolezzi o distruggere la reputazione di qualcuno». Così il ministro della Giustizia Andrea Orlando sintetizza il significato per il Paese della riforma di uno strumento di indagine giudiziaria da un decennio al centro di dibattiti e polemiche, che ha avuto ieri l’ok definitivo dal primo Consiglio dei ministri tenutosi a Camere sciolte. Al termine della riunione il Guardasigilli sottolinea come il provvedimento, «senza restringere, ma anzi autorizzando ad intercettare in un modo più agevole», impone «vincoli e divieti che impediscono di usarle come strumento di diffusione di notizie improprie».
La sostanza è in sei misure.
1) Il vaglio da parte della polizia giudiziaria dei colloqui ritenuti rilevanti, mentre gli altri non saranno trascritti e finiranno (con indicazione di durata e numero intercettato) in un archivio a disposizione del pm.
2) Poi, dovranno essere riportati solo «i brani essenziali» delle conversazioni captate.
3) C’è il divieto di verbalizzazione di casuali intercettazioni di dialoghi tra assistito e legale (che restano vietate).
4) E l’uso di software spia per computer e telefonini sarà limitato, ma solo nei casi di reati ordinari, mentre sarà sempre consentito per mafia o terrorismo.
5) Carcere fino a 4 anni per chi diffonde riprese audiovisive e registrazioni di comunicazioni effettuate in maniera fraudolenta per danneggiare «la reputazione o l’immagine altrui».
6) Fatto salvo il diritto di cronaca, per esercitare il quale i cronisti ottengono per la prima volta l’accesso alla copia dell’ordinanza di custodia cautelare, una volta che l’atto sia stato reso noto alle parti. Norma ricomparsa nell’ultima versione e che entrerà in vigore tra un anno e non tra sei mesi come il resto della normativa (dilazione che Orlando attribuisce alla necessità di monitorare l’andamento delle ordinanze, in modo da superare la prassi del copia-incolla rispetto alle richieste dei pm, verifica che spetterà al prossimo esecutivo).
Ma il presidente dell’organismo della toghe, Eugenio Albamonte, ribadisce l’allarme: «È praticamente impossibile il controllo del pm» ed «è singolare che dopo la vicenda Consip, per citare la ferita aperta di intercettazioni mal trascritte, non si sia voluto garantire un sistema che consenta di verificare ex post eventuali errori di valutazione commessi dalla polizia giudiziaria». Per l’Unione delle Camere penali (associazione degli avvocati penalisti) l’intero impianto della legge punta a garantire la privacy a scapito del diritto di difesa, che viene «fortemente limitato».
Il sindacato dei giornalisti Fnsi saluta con favore l’accesso agli atti. Ma avverte: «Sbaglia chi crede che la tutela del diritto di cronaca possa esaurirsi nel diritto di richiedere copia delle ordinanze del Gip». Ai cronisti non spetta il compito di evitare la divulgazione di materiale irrilevante. Al contrario hanno il dovere di «pubblicare ogni notizia di rilevanza pubblica, anche se coperta da segreto». Per il segretario Raffaele Lorusso «si vuole tutelare la privacy delle persone note. Ma la moglie di Cesare dev’essere al di sopra di ogni sospetto». «Cosa c’entra la moglie di Cesare?», gli ha replicato Orlando, evidenziando che sui giornali in questi anni «è finita tanta gente». Con questa norma invece sarà «più facile captare i potenti».