giovedì 17 ottobre 2024
Parlamentari dell'opposizione in visita alle struttura a Gjadër e Shëngjin dove sono 12 profughi. Ciani (Demos): «Un monumento al furore ideologico» Magi (+Europa): «L'Ue fa un balzo indietro»
Una parte del gruppo di dodici migranti portati nel centro di Gjadër

Una parte del gruppo di dodici migranti portati nel centro di Gjadër - .

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Poche centinaia di posti - 388 - attualmente disponibili sugli oltre 1.000 annunciati. Un cantiere ancora aperto, su un terreno rivelatosi friabile, che ha richiesto 90 piloni di fondazione per un consolidamento non previsto. Poi selezioni in nave su chi può chiedere l’asilo, fatte con criteri discutibili, come il possesso del passaporto, a persone derubate di tutto nei lager libici. Sono tanti gli aspetti problematici che emergono dalla prima visita di parlamentari italiani di opposizione alle due strutture fortissimamente volute dal governo per contrastare l’ingresso in Italia dei richiedenti asilo.

Questa mattina ai cancelli del Cpr di Gjadër in Albania - su Google maps c’è già l’indicazione Italian migrant processing centre - c'erano quattro deputati: Paolo Ciani di Demos, Riccardo Magi di +Europa, Rachele Scarpa del Pd, più tardi anche Francesca Ghirra di Avs. Assieme alle associazioni del Tavolo asilo e immigrazione. Ad accoglierli, in questa inedita “enclave italiana” in terra albanese, gli uomini delle Forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabieri, Guardia di finanza e Polizia penitenziaria) e della Prefettura. Qui tutto il personale è italiano. Tranne un medico e due infermieri albanesi.

«È una struttura molto grande, completamente recintata da grate metalliche, in alcuni punti anche come soffitto. Vere e proprie gabbie», spiega Ciani. «Due giri di recinzione, un terzo attorno al Cpr», aggiunge Magi: «Sembra un carcere di massima sicurezza, opprimente e isolato tra le montagne. Ci hanno detto che qui d’inverno si gela e d’estate si arriva a 50 gradi». La prima area è quella per i richiedenti asilo, «solo container, tipo campo rom», dice Magi. Al momento 352 posti su 880. Poi c’è il Cpr, con prefabbricati in muratura, 24 posti dei 144 previsti. Il carcere infine ne ha 12 su 24 e a dirigerlo è l’ex direttrice di Regina Coeli, Silvana Sergi, con 12 agenti di Polizia penitenziaria, sui 40 previsti.

Lavori in corso nella struttura frutto dell'accordo tra Roma e Tirana

Lavori in corso nella struttura frutto dell'accordo tra Roma e Tirana - .

«La prima cosa che si nota - dice Ciani - è che i lavori sono tutt’altro che finiti, manca più della metà. Una cattedrale nel deserto, un monumento al furore ideologico. Il Cpr poi è allucinante, una struttura detentiva pesante, con porte spesse, sbarre, inferriate. Tanto - afferma il deputato - che non si notano differenze quando si passa nel vero e proprio carcere, lì dove dovrebbe essere detenuto chi commette reati a Gjadër o nel centro di prima accoglienza, l’Hot spot a Shëngjin sulla costa». Anche questo visitato nel pomeriggio dai parlamentari: è nell’Hot spot in realtà che viene fatto lo screening, dopo una selezione sulla nave troppo approssimativa. Solo una volta arrivatì, infatti, ci si è accorti che, tra i primi 16, due erano minori e due erano vittime di violenze sessuali in Libia. Portati in Italia.

I deputati hanno parlato con 4 richiedenti asilo, tre egiziani e un bengalese, dei 12 sbarcati dalla Libra, pattugliatore d’altura della Marina militare, 80 metri, 1.110 tonnellate, 64 persone di equipaggio. «Non è chiaro su che parametri venga fatta la selezione, per di più in navigazione. L’unico criterio, a parte le condizioni fisiche e il sesso - riferisce il deputato di Demos - è il possesso dei documenti. Chi non ce l’ha si presume non voglia farsi identificare. Ma chi passa per i lager libici viene derubato di tutto». La Libia è per tutti un calvario «Uno aveva sul naso la cicatrice del colpo inferto col calcio del Kalashnikov. Altri - aggiunge Paolo Ciani - hanno lavorato come schiavi. Ma questo non gli è stato chiesto al momento della selezione».

Ciani poi parla di «un aspetto tutto da approfondire: due ci hanno detto che sono stati recuperati nelle acque di Lampedusa». «Un egiziano - aggiunge Magi - ci ha detto: “Lampedusa era vicina, potevo raggiungerla a nuot, se avessi saputo che finivo qui”. Ma l’accordo con l’Albania prevede che qui arrivi solo chi è salvato in acque internazionali».

Sbarre e grate ovunque nell'area del Centro per il rimpatri (Cpr) allestito in Albania

Sbarre e grate ovunque nell'area del Centro per il rimpatri (Cpr) allestito in Albania - .

Il governo parla di «esperimento» e di «modello» per l’Europa: «Gli esperimenti non si fanno sulle persone. E poi come modello - dice il deputato di Demos - non mi sembra funzioni. A Lampedusa sono sbarcati in 1.100 nel fine settimana, qui ne sono arrivati 16, poi ridotti a 12. L’un per cento». Aggiunge Magi: «Una struttura costosissima, che non serve da deterrente per chi fugge dalle violenze. Un salto all’indietro che fa sprofondare l’Europa. È la rinuncia a una prospettiva europea di governo comune e solidaristica del fenomeno. Ogni paese si farà la sua “colonia penale”?».

Il blitz dei tre deputati è solo l’inizio, promette il Pd, annunciando una “staffetta” di parlamentari italiani ed europei per tenere i riflettori accesi. La segretaria Elly Schlein parla di «accordo cinico» e di «sperpero di denaro pubblico per violare i diritti. Garantiremo una presenza costante per monitorare».

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